16 April 2022

Alfa Romeo 75 Turbo Quadrifoglio "Kit EVO"

Abbiamo provato un’Alfa Romeo 75 Turbo Quadrifoglio elaborata da nuova nella meccanica e nell’estetica. Una “bomba” con le prestazioni che gli appassionati probabilmente si aspettavano dalla vera “Evo” ...

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L’Alfa 75 di questo servizio è del 1991 ed è dotata fin da nuova del kit estetico della Turbo Evoluzione; inoltre monta splitter anteriore e ala posteriore ripresi dalla versione IMSA. Il colore nero aggiunge grinta all’insieme. Come un sipario il telo rosso inizia a sollevarsi scoprendo il retro e le nere fiancate di qualcosa di squadrato, molto italiano, minaccioso e… grondante di cattive intenzioni.

Dopo la telefonata del nostro amico Giovanni c’è da ammettere che non fossimo troppo tranquilli riguardo a quest’Alfa, dato che le prime parole del proprietario sono state: “Ho appena ritirato la 75, sul bagnato si intraversa in qualunque marcia! Devi assolutamente provarla, ti piacerà un sacco!”.

Lì sul momento i nostri neuroni non son riusciti a formulare nessuna scusa abbastanza intelligente da rimandare la prova così ce ne siamo usciti solamente con un tirato “ah sì? Sembra interessante…” ma in realtà eravamo piuttosto preoccupati.

Vedete, già la 75 non ha una fama da brava ragazza tutta casa e chiesa, per la meccanica raffinata ma anche con qualche decennio sulle spalle, un telaio di impostazione simile e dei controlli di trazione non pervenuti, inoltre – come vedremo a breve – questa non è una normale 75 Quadrifoglio Verde, bensì qualcosa di un po’ più... brioso.

La berlina del Portello è presentata nel 1985 per festeggiare il 75° anniversario della Casa ma in quel decennio sfortunatamente i soldi scarseggiano così progettare un’auto completamente nuova è impensabile e si è costretti a guardare al passato, riutilizzando molte idee e componenti di modelli già esistenti. Non soltanto si conserva l’intera meccanica della Giulietta (a sua volta pesantemente imparentata con l’Alfetta di inizio anni ’70) ma anche buona parte della scocca rimane la medesima, una bella sfida per Ermanno Cressoni, il direttore del Centro Stile interno Alfa.

Dal punto di vista meccanico e dinamico le componenti restano quelle dell’antenata con trazione posteriore, schema transaxle che sposta il cambio al retro per migliorare la distribuzione dei pesi, freni entrobordo e ponte De Dion, sospensioni a quadrilateri all’anteriore e motore in posizione longitudinale; soluzioni intriganti che però non riescono a subire la giusta evoluzione a causa della mancanza di fondi.

Anche la scocca per l’appunto attinge tutto il giroporta dalla Giulietta e parte dell’ossatura ma nonostante ciò Cressoni e il suo team riescono a trasformare la linea, facendo risultare la 75 una moderna e innovativa berlina. Il frontale infatti è ridisegnato completamente, il posteriore viene alzato dando una linea più slanciata e tagliente al profilo e la filosofia geometrica del design – dai fari alle fiancate fino alle maniglie – contribuisce alla forte personalità della 75.

Gli interni camuffano ulteriormente le origini datate della 75 con un cruscotto ordinato e razionale, una seduta davvero comoda e soluzioni ingegnose e innovative come i comandi dei finestrini collocati in alto e la leva del freno a mano che diventa una grossa maniglia per ridurre lo sforzo di azionamento.

A dispetto dei compromessi e del budget risicato i collaudi sono scrupolosi e la nuova berlina dell’Alfa riscuote da subito un buon successo grazie alla linea moderna unita a interni intelligenti e ad una guidabilità interessante. Il cambio al retro garantisce un perfetto bilanciamento 50:50 tra anteriore e posteriore, la trazione è dalla parte giusta e il peso è compreso tra i 1.100 e i 1.250 kg, un valore modesto per una berlina così spaziosa.

Le motorizzazioni sono apprezzate molto (specialmente l’1.8 Turbo e il V6 Busso) ma la 75 riceve rimproveri per un rollio troppo marcato e un telaio poco preciso e non troppo amichevole, specialmente sulla versione più aggressiva di tutte, la Turbo Evoluzione.

Nella primavera del 1987 infatti la casa del Biscione produce 500 esemplari di 75 Turbo Evoluzione necessari all’omologazione nel Campionato Turismo: la carrozzeria è gonfiata all’estremo con passaruota allargati, la verniciatura pare in fiamme e gli adesivi laterali gridano anni ’80. Il motore turbocompresso resta l’1.8 litri bialbero ma la cilindrata scende a 1.762 cc in maniera tale da rispettare i regolamenti Gruppo A (che prevedono la cilindrata massima di 3 litri, con un coefficiente di 1,7 per i motori turbo) e la potenza resta ferma a 155 Cv.

Sebbene molti dicano che il dato sia in realtà conservativo la 75 Evoluzione ha una potenza decisamente inferiore a rivali dirette come la Sierra Cosworth e la M3 E30, lasciandovi un vago amaro in bocca al pensiero di cosa sarebbe potuta essere quell’auto con un numero di cavalli adeguati all’aspetto.

Ed è qui che entra in gioco la nostra 75. La silhouette nera esce dal garage con un borbottio sommesso proveniente da uno scarico che pare rubato ad una stufa a pellet, e lentamente il profilo a cuneo dell’Alfa si rivela.

Questa 75 è una vettura piuttosto speciale, una versione Turbo Quadrifoglio – che già di per sé ha 165 Cv, dieci in più della Evoluzione –, del 1991 e dotata di kit estetico Turbo Evoluzione montato appena venduta dal concessionario; e splitter anteriore e ala posteriore ripresi dalla versione IMSA. Sempre nel 1991 si è pensato di risolvere velocemente il problema del divario di potenza rispetto alla concorrenza grazie ad una preparazione ufficiale Balduzzi – specialista Alfa Romeo – che ha mantenuto invariata la cilindrata (1.779 cc in questo caso) ma ha montato alberi a camme dal profilo più aggressivo, modificato la centralina e la valvola wastegate, aumentato leggermente la pressione della turbina e montato freni e sospensioni più sportivi.

In sostanza già la 75 Turbo Evoluzione è considerata maligna, adatta solo a guidatori esperti e poco propensa al perdono avendo “solo” 155 Cv… Questa ora ne ha 220! Tornando indietro di quasi trent’anni possiamo immaginare il primo proprietario (l’attuale è il secondo) che decide di creare una sua personale interpretazione della Turbo Evoluzione, più rapida e ancora più cattiva dell’originale. Ai giorni nostri è difficile spaventarsi per 220 Cv quando con un’Audi RS3 che ne ha 400 potete andare come un missile un attimo dopo aver accomodato i glutei sui sedili in nappa pieno fiore, ma quando invece il vostro didietro sprofonda nel velluto spigato avvolto da un telaio scontroso e una meccanica vecchia scuola senza controlli elettronici a mantenere la disciplina, capite che la questione si complica.

Lascio per la prima ora il volante al proprietario in maniera da farmi un’idea del carattere della 75 e iniziare con i primi scatti fotografici, ma anche per una ragione che potete trovare solo su quest’auto: smontare e rimontare al volo lo splitter anteriore che ci portiamo in giro caricato sui sedili posteriori. Con la lama montata infatti l’Alfa è così bassa che non riesce a uscire dal cancello di casa o a superare il 90% dei dossi di paese, così tocca buttarci sotto l’anteriore come meccanici improvvisati ogni volta che serve.

Appena montato lo splitter però l’estetica passa da cattiva a inquietante: la 75 sembra sul punto di scoppiare con quelle minigonne grosse come mattoni, un profilo letteralmente in discesa, la verniciatura total black e splitter e ala ripresi dalle corse; è perfida. Le leggende criminali che contribuiscono alla fama della 75 paiono più vere che mai in questo momento e capiamo perché molti siano in ansia nel guidarla. Ora resta solo da scoprire quanto in ansia saremo noi. Ci buttiamo di nuovo sotto l’anteriore per rimuovere lo splitter che rischia di abbandonarci ad ogni tornante e ci lasciamo avvolgere dallo spigato dei morbidi sedili, ma subito ci facciamo distrarre dai pulsanti dei finestrini posizionati sopra la testa in stile aereo caccia. Che belli! Scoppi e gorgoglii Ma concentriamoci.

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La frizione attacca alta e una volta in movimento la 75 è più civile del previsto: la seduta è comoda con fianchi non troppo aperti che vi fasciano bene, lo sterzo è enorme ma leggero (la Quadrifoglio ha già il servosterzo) e se non fosse per gli scoppi e i gorgoglii dello scarico in rilascio il quattro cilindri non sarebbe nemmeno troppo rumoroso sotto i 3.000 giri. Dato che lo splitter non c’è più ci troviamo a corto di scuse per non superare quel regime… anche se ormai la curiosità sta avendo la meglio sulla preoccupazione. Imbocchiamo una strada tutta curve che domina il lago d’Iseo e cerchiamo di dare del “tu” a questa personale interpretazione della Turbo Evoluzione.

Nonostante il percorso sia molto tecnico e pieno di tornanti stretti che non sono il pane quotidiano della 75 il motore fa un figurone: ci aspettavamo un turbo-lag da “tutto o niente” invece già prima dei 2.500 giri il bialbero Alfa risponde bene e dai 3.000 fin oltre i 6.000 giri allunga lineare senza vuoti o incertezze, con una reattività di risposta quasi da aspirato. Il sound cupo si incattivisce, le fucilate dallo scarico aumentano e in breve vi trovate a viaggiare a una velocità superiore al voluto, specialmente perché i freni… beh, non sono esattamente il pezzo forte della 75.

Per la prima metà della corsa pensate di aver direttamente mancato il pedale ma poi avvertite una sorta di decelerazione, qualcosa di sottile e delicato e capite di star rallentando; solo impegnando a fondo il vostro polpaccio i freni rispondono in maniera discreta, ma decisamente sottodimensionata rispetto alle prestazioni che l’1.8 turbo può regalarvi. È abbastanza spaventoso, ma è una 75, quindi è giusto così.

Una volta che il vostro cervello ha registrato la voce “freni” non riuscite a trattenervi dal voler provocare un’auto vecchia scuola, irascibile e dura come quest’Alfa scoprendo che lo sterzo – anche se ha un diametro da camioncino – è piuttosto preciso e che il cambio va accompagnato negli innesti ma ha una bella meccanicità e una rapportatura ottima per tenere sempre in coppia l’1.8 che sbuffa davanti a voi.

Se incoraggiate la 75 però… non illudetevi che faccia minimamente qualcosa per rendervi le cose facili, attende solo un vostro errore per farvi capire che non sarà facile da domare, e questo carattere emerge ovviamente nelle curve. Il rollio in ingresso è ancora evidente nonostante gli ammortizzatori più sportivi, le gomme hanno una spalla da utilitaria e il telaio non è male, ma non è ciò che definireste “prevedibile”. Il motore infatti è sì reattivo ma è pur sempre un turbo e se vi trovate sotto i 3.000 giri la coppia prende il sopravvento all’uscita dei tornanti e il retrotreno fa un po’ quello che vuole, come un ragazzino capriccioso.

Quando la 75 parte di traverso dovete essere pronti di controsterzo e interpretare al volo i movimenti del corpo vettura, poco aiutati dal differenziale autobloccante ZF che può poco contro l’esuberanza del motore e di gomme così cedevoli.

Non si può dire che la guida dell’Alfa sia precisa o pulita ma il motore è fantastico, non avete controlli a tarparvi le ali o filtrarvi sensazioni e buona parte del coinvolgimento deriva proprio dal cercare di educare l’indisciplinato telaio ai vostri voleri. Lo specialista Alfa dell’epoca ha mantenuto la pressione della turbina piuttosto bassa per avere un’erogazione più lineare e un’affidabilità maggiore ma questo bialbero avrebbe ancora tanto potenziale, tranquillamente in grado di reggere una sessantina di cavalli in più. Tra motore e telaio però già così il compromesso è ideale, con una cavalleria sufficiente a divertirsi senza mettere in crisi la vivace dinamica di questa aggressiva e – volendo – comoda berlina per tutti i giorni.

Gli interni infatti anche se dalla loro non hanno certo un aspetto vistoso o corsaiolo vantano i sopracitati sedili in velluto spigato molto accoglienti, una posizione ergonomica e qualche piccola particolarità come l’esaustivo pannello di controllo, lo scomparto riviste e l’attacco per le cuffie e le luci dedicate a chi siede dietro. In sostanza nonostante l’iniezione di carattere ricevuta nel ’91 potete ugualmente scegliere di passeggiare rilassati facendovi trasportare dalla vigorosa coppia del bialbero, e non per forza fare i criminali sfruttando al limite la 75, cosa che però vi costerà fatica.

Quest’Alfa ha sì dei difetti, ma è coinvolgente e se ne fosse priva non sarebbe così di soddisfazione il riuscire a domarla e il sopperire alle sue mancanze con il vostro impegno. Come dicevamo questa particolare 75 Quadrifoglio Verde sembra proporre l’intrigante idea di come sarebbe dovuta essere la Turbo Evoluzione: più potente, rumorosa, con ancor più carattere e prestazioni all’altezza del look malvagio.

La fama temibile della 75 è ben meritata e mentre la giornata volge al termine rimettiamo cautamente in garage quella forma nera, riluttante a dover tornare a riposo… ma il proprietario non la terrà ferma a lungo....

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