L’Alfa 75 di questo servizio è del 1991 ed è dotata fin da nuova del kit estetico della Turbo Evoluzione; inoltre monta splitter anteriore e ala posteriore ripresi dalla versione IMSA. Il colore nero aggiunge grinta all’insieme. Come un sipario il telo rosso inizia a sollevarsi scoprendo il retro e le nere fiancate di qualcosa di squadrato, molto italiano, minaccioso e… grondante di cattive intenzioni.
Dopo la telefonata del nostro amico Giovanni c’è da ammettere che non fossimo troppo tranquilli riguardo a quest’Alfa, dato che le prime parole del proprietario sono state: “Ho appena ritirato la 75, sul bagnato si intraversa in qualunque marcia! Devi assolutamente provarla, ti piacerà un sacco!”.
Lì sul momento i nostri neuroni non son riusciti a formulare nessuna scusa abbastanza intelligente da rimandare la prova così ce ne siamo usciti solamente con un tirato “ah sì? Sembra interessante…” ma in realtà eravamo piuttosto preoccupati.
Vedete, già la 75 non ha una fama da brava ragazza tutta casa e chiesa, per la meccanica raffinata ma anche con qualche decennio sulle spalle, un telaio di impostazione simile e dei controlli di trazione non pervenuti, inoltre – come vedremo a breve – questa non è una normale 75 Quadrifoglio Verde, bensì qualcosa di un po’ più... brioso.
La berlina del Portello è presentata nel 1985 per festeggiare il 75° anniversario della Casa ma in quel decennio sfortunatamente i soldi scarseggiano così progettare un’auto completamente nuova è impensabile e si è costretti a guardare al passato, riutilizzando molte idee e componenti di modelli già esistenti. Non soltanto si conserva l’intera meccanica della Giulietta (a sua volta pesantemente imparentata con l’Alfetta di inizio anni ’70) ma anche buona parte della scocca rimane la medesima, una bella sfida per Ermanno Cressoni, il direttore del Centro Stile interno Alfa.
Dal punto di vista meccanico e dinamico le componenti restano quelle dell’antenata con trazione posteriore, schema transaxle che sposta il cambio al retro per migliorare la distribuzione dei pesi, freni entrobordo e ponte De Dion, sospensioni a quadrilateri all’anteriore e motore in posizione longitudinale; soluzioni intriganti che però non riescono a subire la giusta evoluzione a causa della mancanza di fondi.
Anche la scocca per l’appunto attinge tutto il giroporta dalla Giulietta e parte dell’ossatura ma nonostante ciò Cressoni e il suo team riescono a trasformare la linea, facendo risultare la 75 una moderna e innovativa berlina. Il frontale infatti è ridisegnato completamente, il posteriore viene alzato dando una linea più slanciata e tagliente al profilo e la filosofia geometrica del design – dai fari alle fiancate fino alle maniglie – contribuisce alla forte personalità della 75.
Gli interni camuffano ulteriormente le origini datate della 75 con un cruscotto ordinato e razionale, una seduta davvero comoda e soluzioni ingegnose e innovative come i comandi dei finestrini collocati in alto e la leva del freno a mano che diventa una grossa maniglia per ridurre lo sforzo di azionamento.
A dispetto dei compromessi e del budget risicato i collaudi sono scrupolosi e la nuova berlina dell’Alfa riscuote da subito un buon successo grazie alla linea moderna unita a interni intelligenti e ad una guidabilità interessante. Il cambio al retro garantisce un perfetto bilanciamento 50:50 tra anteriore e posteriore, la trazione è dalla parte giusta e il peso è compreso tra i 1.100 e i 1.250 kg, un valore modesto per una berlina così spaziosa.
Le motorizzazioni sono apprezzate molto (specialmente l’1.8 Turbo e il V6 Busso) ma la 75 riceve rimproveri per un rollio troppo marcato e un telaio poco preciso e non troppo amichevole, specialmente sulla versione più aggressiva di tutte, la Turbo Evoluzione.
Nella primavera del 1987 infatti la casa del Biscione produce 500 esemplari di 75 Turbo Evoluzione necessari all’omologazione nel Campionato Turismo: la carrozzeria è gonfiata all’estremo con passaruota allargati, la verniciatura pare in fiamme e gli adesivi laterali gridano anni ’80. Il motore turbocompresso resta l’1.8 litri bialbero ma la cilindrata scende a 1.762 cc in maniera tale da rispettare i regolamenti Gruppo A (che prevedono la cilindrata massima di 3 litri, con un coefficiente di 1,7 per i motori turbo) e la potenza resta ferma a 155 Cv.
Sebbene molti dicano che il dato sia in realtà conservativo la 75 Evoluzione ha una potenza decisamente inferiore a rivali dirette come la Sierra Cosworth e la M3 E30, lasciandovi un vago amaro in bocca al pensiero di cosa sarebbe potuta essere quell’auto con un numero di cavalli adeguati all’aspetto.
Ed è qui che entra in gioco la nostra 75. La silhouette nera esce dal garage con un borbottio sommesso proveniente da uno scarico che pare rubato ad una stufa a pellet, e lentamente il profilo a cuneo dell’Alfa si rivela.
Questa 75 è una vettura piuttosto speciale, una versione Turbo Quadrifoglio – che già di per sé ha 165 Cv, dieci in più della Evoluzione –, del 1991 e dotata di kit estetico Turbo Evoluzione montato appena venduta dal concessionario; e splitter anteriore e ala posteriore ripresi dalla versione IMSA. Sempre nel 1991 si è pensato di risolvere velocemente il problema del divario di potenza rispetto alla concorrenza grazie ad una preparazione ufficiale Balduzzi – specialista Alfa Romeo – che ha mantenuto invariata la cilindrata (1.779 cc in questo caso) ma ha montato alberi a camme dal profilo più aggressivo, modificato la centralina e la valvola wastegate, aumentato leggermente la pressione della turbina e montato freni e sospensioni più sportivi.
In sostanza già la 75 Turbo Evoluzione è considerata maligna, adatta solo a guidatori esperti e poco propensa al perdono avendo “solo” 155 Cv… Questa ora ne ha 220! Tornando indietro di quasi trent’anni possiamo immaginare il primo proprietario (l’attuale è il secondo) che decide di creare una sua personale interpretazione della Turbo Evoluzione, più rapida e ancora più cattiva dell’originale. Ai giorni nostri è difficile spaventarsi per 220 Cv quando con un’Audi RS3 che ne ha 400 potete andare come un missile un attimo dopo aver accomodato i glutei sui sedili in nappa pieno fiore, ma quando invece il vostro didietro sprofonda nel velluto spigato avvolto da un telaio scontroso e una meccanica vecchia scuola senza controlli elettronici a mantenere la disciplina, capite che la questione si complica.
Lascio per la prima ora il volante al proprietario in maniera da farmi un’idea del carattere della 75 e iniziare con i primi scatti fotografici, ma anche per una ragione che potete trovare solo su quest’auto: smontare e rimontare al volo lo splitter anteriore che ci portiamo in giro caricato sui sedili posteriori. Con la lama montata infatti l’Alfa è così bassa che non riesce a uscire dal cancello di casa o a superare il 90% dei dossi di paese, così tocca buttarci sotto l’anteriore come meccanici improvvisati ogni volta che serve.
Appena montato lo splitter però l’estetica passa da cattiva a inquietante: la 75 sembra sul punto di scoppiare con quelle minigonne grosse come mattoni, un profilo letteralmente in discesa, la verniciatura total black e splitter e ala ripresi dalle corse; è perfida. Le leggende criminali che contribuiscono alla fama della 75 paiono più vere che mai in questo momento e capiamo perché molti siano in ansia nel guidarla. Ora resta solo da scoprire quanto in ansia saremo noi. Ci buttiamo di nuovo sotto l’anteriore per rimuovere lo splitter che rischia di abbandonarci ad ogni tornante e ci lasciamo avvolgere dallo spigato dei morbidi sedili, ma subito ci facciamo distrarre dai pulsanti dei finestrini posizionati sopra la testa in stile aereo caccia. Che belli! Scoppi e gorgoglii Ma concentriamoci.