16 August 2012

ALFA ROMEO 8C 2300

“Il giorno in cui uscii dall’Alfa Romeo, mi resi conto che si facevano cose meravigliose.."Sono le parole di Enzo Ferrari. Nel 1931 il Portello vinse per la prima volta la 24 Ore, grazie a questa...

Intro

Nel 1931 il Portello vinse per la prima volta la 24 Ore, grazie a questa auto progettata da Vittorio Jano e alla guida impavida del “Bentley boy” Tim Birkin. Da allora, per l’Alfa Romeo sarà un crescendo di vittorie fino al primo mondiale di F.1 del ‘50.

“Il vero problema nuovo è quello dei materiali. E’ un problema metallurgico. Occorrono materiali che accoppino grande leggerezza a grande resistenza. Molti organi di una vettura da corsa sono gravati da materiali pesanti, a tutto detrimento della vettura considerata come rendimento. La tecnica del telaio, per esempio, non è tecnica di disegni che in piccola parte. E’ tecnica metallurgica, invece, in maniera preponderante. Gli indiscutibili successi colti dall’industria automobilistica tedesca in questi ultimi tempi sono legati ai grandi passi fatti di recente, mercé il grande studio e la encomiabile organizzazione, dall’industria metallurgica teutonica. Poter fare una macchina di 4 litri che pesi 7 quintali e mezzo e schierarla contro macchine di ugual peso ma con una cilindrata di 3 litri significa disporre di un grande margine di velocità sugli avversari.” (Vittorio Jano, 1936)

“Il giorno in cui uscii dall’Alfa Romeo, mi resi conto che si facevano cose meravigliose, ma c’erano anche grosse lacune. Jano ebbe il vantaggio di trovarsi in un ambiente con ottimi esecutori per le sue idee e dove si adoperavano materiali e tecnologie d’avanguardia. Ad esempio, nel campo della fonderia, nel settore metallurgico, l’Alfa era all’avanguardia. Se si pensa che negli anni Trenta i cilindri delle nostre monoposto erano fusi in lega leggera e la sede delle valvole non era riportata: la valvola funzionava sul metallo leggero indurito… E per la 6C 1750 erano già stati fatti alcuni esemplari del telaio in duralluminio stampato.” (Enzo Ferrari, 1981)

Vittorie

L’8C ha contribuito in grande parte alla costruzione del mito della Casa milanese, vincendo anche due 24 Ore di Spa (1932/33), tre Targa Florio (1931/32/33), tre Mille Miglia (1932/33/34, e una quarta sfuggì soltanto perché Ferrari schierò una P3 “mascherata” con i parafanghi). Senza contare le vittorie in gare nazionali, in circuito e in salita, tra cui si ricordano il GP d’Italia 1931, che valse la definizione di “Monza” alla versione alleggerita e accorciata, e quella a Monaco nel ’32 con Nuvolari alla guida.

Il progetto 8C è il primo nato dalla eccezionalità dell’Alfa Romeo in quanto fabbrica “integrata”, capace cioè di produrre tutto internamente, e con qualità elevatissima: lavorazioni siderurgiche, meccaniche e di carrozzeria, una caratteristica che sarà il vanto della Casa finché l’Alfa sarà la vera Alfa. Un progetto firmato da un uomo che ha fatto la storia dell’automobile italiana, come Vittorio Jano.

L’esemplare fotografato appartiene al Museo Alfa Romeo di Arese, un santuario di passione, un’enclave nel territorio milanese razziato della sua industria, automobilistica e meccanica: la passione, tenacia e resistenza degli uomini che vi lavorano sono pari soltanto alla for za del miglior bialbero. Anche per questo motivo, le stradine dell’Automobilismo Storico Alfa Romeo, e i suoi sotterranei, hanno fatto da evocativo palcoscenico alle nostre foto. Le Mans già allora faceva notizia: la 8C fu la prima Alfa Romeo a imporsi nella 24 Ore, interrompendo il dominio Bentley e contro Mercedes, Bugatti, Aston Martin, Riley e Singer, insomma tutto il mondo automobilistico. Da lì nacque la fama internazionale della Casa, che ancor oggi fa “togliere il cappello” a molti, nonostante tutte le difficoltà odierne.

Le Mans

Il primo proprietario della 8C 2300 Le Mans del Museo Alfa Romeo fu Tim Birkin, uno dei leggendari “Bentley Boys” che vinsero quattro volte di seguito la 24 Ore di Le Mans sui “camion più veloci del mon- do”, secondo la definizione attribuita a Ettore Bugatti. L’esemplare ha numero di telaio e motore 002 ed è uno dei cinque carrozzati da Zagato su telaio passo lungo (3.100 mm) e costruiti al Portello.

Dopo averla acquistata, Birkin la utilizzò con successo all’Irish GP di Dublino il 6 giugno 1931, una settimana prima della 24 Ore di Le Mans che vinse sulla vettura gemella (numero di telaio e motore 005) e condivisa da Lord Howe. Nel luglio seguente la usò alla 24 Ore di Spa, gara conclusa con un ritiro all’ottava ora dopo essere stato in testa. Una settimana dopo, sullo stesso circuito Birkin e la 002 conclusero il GP del Belgio al quarto posto, un risultato onorevolissimo considerando che quasi tutti gli avversari erano alla guida di più maneggevoli e leggere 8C Monza o Bugatti Tipo 51. Nel 1931 la 002 e Birkin gareggiarono al Tourist Trophy disputatosi sul circuito di Ards, subito fuori Belfast, insieme agli altri quattro esemplari carrozzati da Zagato, e alla 500 miglia di Brooklands in ottobre, dove occuparono a un certo punto la seconda posizione, girando alla media di oltre 195 km/h. Ma si dovettero ritirare per problemi tecnici dovuti alle sconnessioni della pista.

Tra il 1931 e il 1932 la 002 iniziò a passare di mano: la ritroviamo a Le Mans nel 1934, poi alla 24 Ore di Pescara nell’agosto dello scorso anno. Nel 1936 era nel salone di un venditore inglese, dove fu acquistata da un appassionato che però la trovò quasi impossibile da guidare, tanto da rivenderla quasi subito. Rimase comunque in Inghilterra fin dopo la guerra, quando il proprietario, tale Priestley, la portò con sé in Nigeria alla fine degli anni ’40. Dopo altri due passaggi di proprietà, fu acquistata nel 1964 dall’Alfa Romeo che, per mano di Luigi Fusi, la restaurò.

Tecnica

Dopo la vittoria nel “Campionato del mondo” 1925, riservato ai Costruttori e disputato con auto di 2 litri, l’Alfa Romeo si ritira dalle corse. Vittorio Jano, progettista della vincente P2, è libero di dedicarsi alla progettazione di automobili sportive di serie. L’Alfa Romeo ha in produzione l’anziana serie RL con motori ad aste e bilancieri, non più adatti a rappresentare una marca sportiva qual è ormai quella milanese, forte della vittoria iridata. Dall’impegno di Jano nascono le 6C 1500/1750, con distribuzione in testa, dapprima monoalbero poi bialbero, che confermano peraltro le qualità sportive dell’Alfa Romeo vincendo la Mille Miglia nel 1928, 1929 e 1930.

A questo punto, la dirigenza del Portello vuole tornare in forma ufficiale alle gare, anche in circuito. In quel momento è appena diventato direttore generale della Casa Prospero Gianferrari (dal 1928), il quale ha gareggiato in prima persona, ottenendo anche alcune vittorie, con la sua 6C. A Gianferrari si devono importanti innovazioni industriali che pongono l’Alfa Romeo all’avanguardia della produzione automobilistica mondiale: il reparto carrozzeria interno, la fonderia per leghe leggere e un accordo con la Deutz e Bussing per la costruzione di veicoli pesanti diesel. Inoltre i rapporti con le maestranze sono nettamente migliorati rispetto al periodo del suo predecessore Gallo. Il primo passo per il ritorno alle corse è quello di realizzare una nuova TORNÒ A CASA NEL ‘64 Il posteriore della 8C 2300 è dominato dalla ruota di scorta, ben integrata nella linea tanto da farne un elemento caratteristico. In gara si mettevano due ruote una sull’altra.

Questo esemplare è tornato in Alfa nel 1964 e fu restaurato per volere di Luigi Fusi. auto sportiva, con un motore a 8 cilindri che può giovarsi delle nuove tecnologie siderurgiche di cui l’Alfa si è dotata. Un propulsore che della P2 campione del mondo conserva soltanto il frazionamento e la disposizione in linea. La prima differenza è che il nuovo propulsore è in lega leggera, anziché in acciaio. Visto che in ogni caso non si naviga nell’oro (l’onda del ’29 inizia a farsi sentire anche in Italia), Jano decide per un progetto che sfrutti quanto già esistente, perciò aggiunge due cilindri al 6C di 1750 cc: la cilindrata unitaria è di 292 cc (alesaggio e corsa 65x88 mm) e la cubatura finale del nuovo motore è di 2336 cc.

Per evitare possibili deformazioni, data la lunghezza dell’albero motore (pure di alluminio), degli alberi di distribuzione e la corsa dei pistoni, Jano definisce il nuovo propulsore come se risultasse dall’unione di due quattro cilindri e mette al centro il comando della distribuzione. L’albero motore, a sua volta in due parti, ha due ingranaggi elicoidali che comandano la distribuzione (che ha teste smontabili, al contrario della P2), il compressore e le pompe di olio e acqua. La lubrificazione è a carter secco, con il serbatoio dell’olio dapprima davanti al radiatore dell’acqua, tra le ruote anteriori, poi sotto il sedile del passeggero. Da notare che la scatola del cambio è in electron, una pregevole lega di alluminio.

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