23 April 2022

50 anni Renault 5

Moderna, piacevole e dalla personalità sbarazzina, la Renault 5 affascina anche il pubblico italiano che la elegge utilitaria chic per definizione. Con oltre cinque milioni di esemplari prodotti e declinati in tantissime versioni piace ancora, oggi come ieri..

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Il design è di Michel Boué, responsabile dello stile in Renault. La R5 è un piccolo capolavoro per i tempi e presenta diverse soluzioni originali, dai parafanghi in materiale sintetico al portellone con i gruppi ottici in posizione più alta del solito.

La scelta dei colori, come ad esempio l’arancio, il giallo o il verde, riflette il momento storico e la voglia di essere anticonformisti. Originali sono anche le campagne pubblicitarie (in basso).

Quando l’automobile era ancora un mito per tutti, ma già raggiungibile per i più, uno strumento indispensabile per godere della libertà di spostamento e per affermare la propria personalità, accadevano dei fenomeni tipici della società del benessere.

Scoppiavano le manie collettive, gli innamoramenti generalizzati di un determinato gruppo sociale per un modello di auto di particolare fascino, perché innovativa e per qualche verso unica.

Non stiamo parlando dell’ammirazione per una vettura fortemente desiderabile, ammirata da tutti ma per forza di cose circoscritta ad una élite, come nei tardi anni ’50 erano le Alfa Romeo Giulietta Sprint e Spider, ma di una vera e propria moda che seduceva un pubblico piuttosto ampio, grazie alla più diffusa disponibilità economica del decennio successivo che consentiva anche ad un giovane di venticinque o trent’anni di comprarsi l’auto alla sua portata, utilitaria sì ma sfiziosa.

È successo con la VW Maggiolino, poi con la Fiat 500 F, rigorosamente blu scura, quindi con la Mini Minor, possibilmente rossa. A metà anni ’70 succede con la Renault 5, un’auto da città per vocazione chic, pur se piuttosto spartana nelle finiture come nella migliore tradizione francese.

Semplice e piacevole nella linea, moderna e con soluzioni molto pratiche e del tutto originali, dotata di una meccanica ultra collaudata ed economica ha saputo stregare un’intera generazione o forse anche due di automobilisti in erba. E diventare così un fenomeno di costume.

Idea geniale
Arrivata in Italia verso la fine del 1972, con qualche mese di ritardo rispetto al lancio in Francia, evidenzia fin dall’inizio l’intenzione della Règie di farla diventare in breve “Cittadina del mondo” come recita lo slogan delle prime pubblicità apparse sulle riviste.

Al momento del lancio il suo prezzo di listino sul mercato italiano, considerato strategico per come dimostra di apprezzare le auto di casa Renault, è di 100.000 lire più basso di quello francese.

La battaglia con le altre concorrenti dello stesso segmento è dichiarata. Il lavoro fatto da Michel Boué, responsabile dello stile Renault, è davvero superbo. Pur partendo da un pianale e da una meccanica molto datate come quella della R4, realizza una utilitaria moderna con delle soluzioni geniali, che faranno scuola inaugurando una nuova strada del design automobilistico.

I paraurti tradizionali, normalmente di acciaio cromato e parecchio vistosi, sono scomparsi, sostituiti sia sul muso che in coda da uno scudo protettivo in resina sintetica e fibra di vetro, integrato nella linea della carrozzeria.

È garantita la capacità di assorbire urti fino a 7 km/h senza subire danni, e fino a 15 km/h senza intaccare le lamiere. Il classico “colpetto” in fase di parcheggio diventa così del tutto innocuo per la R5. Anche la calandra anteriore non c’è più, al suo posto ci sono due aperture orizzontali sotto al cofano motore e altre prese d’aria ricavate nello scudo.

Al posteriore spiccano i gruppi ottici posti in alto e sormontati dalle griglie di sfogo dell’aria dell’abitacolo, e, fatto tutt’altro che banale all’epoca, l’accesso al bagagliaio è assicurato da un ampio portellone che incorpora il lunotto.

Solo l’Autobianchi A112 tra le dirette concorrenti può vantare una soluzione analoga, ma con minore praticità. In generale la linea è molto morbida ed equilibrata, si nota il passo lungo, con sbalzi molto ridotti, a tutto vantaggio dell’abitabilità.

Il motore anteriore longitudinale ha imposto il disegno di un cofano prolungato e un abitacolo arretrato, ma il tutto è così armonioso da suscitare immediate reazioni di simpatia da parte del pubblico.

Anche particolari secondari come la mancanza di maniglie alle portiere, sostituite da un semplice pulsante e da un incavo nella lamiera, rivelano un’attenzione per la progettazione “intelligente” che fa subito breccia in chi apprezza la novità e rifugge il già visto.

Spartana ma curata
L’interno è meno inconsueto, ma mantiene inalterata la filosofia della pratica semplicità. L’ambiente è luminoso data l’ampiezza delle superfici vetrate e comunica una piacevole sensazione di ariosità, la guida in città è favorita dalla immediata percezione degli ingombri esterni.

La strumentazione semplice e ben leggibile si avvale di numerose spie di segnalazione: niente manometri o termometri, d’altra parte perché crearsi problemi se tutto va bene?

L’eventuale ed improbabile anomalia viene prontamente segnalata dalla lucina che si accende, quindi… Solo la 5L, e cioè la versione base, è dotata del cambio a manico d’ombrello come sulla R4, dopo pochi mesi sulle 5TL importate in Italia la leva del cambio è a pavimento, contrariamente a quanto accade in Francia.

La plancia è in blocco unico ad assorbimento d’urti con una finitura a strisce verticali, il volante ha una imbottitura centrale di disegno analogo, i sedili sono ampi e soffici, il rivestimento del padiglione è risolto brillantemente con uno strato di fibre sintetiche compresse, altra novità. Insomma, utilitaria sì, ma ben costruita.

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Straniera di moda
Dove le innovazioni scarseggiano è nella meccanica. Come si diceva il progetto è partito dalla 4L, non certo all’avanguardia della tecnica. Al momento della presentazione le versioni sono tre: la 5L distribuita in Francia, 782 cc, 34 CV e 120 km/h; la 5L per l’esportazione, 845 cc, 36 CV e 125 km/h; la 5TL, 956 cc, 44 CV e 135 km/h, con i freni a disco anteriori e finiture migliori. È quest’ultima la versione più richiesta in Italia, e cioè la più vicina alla diretta rivale, la Fiat 127.

Il confronto tra le due antagoniste vede una decisa prevalenza dell’italiana sul fronte delle prestazioni e della brillantezza di marcia, e infatti forte dei suoi 47 CV e della grande vivacità del suo 903 cc è molto apprezzata dagli automobilisti di casa nostra e del resto d’Europa. C’è anche l’A112 a dire la sua, più vicina in termini di prezzo alla francesina e altrettanto giovanile nello spirito.

Ma la Renault 5 piace proprio, la sua guida morbida e dondolante sulle sospensioni a lunga escursione la distingue nettamente, è fortemente innovativa e incarna perfettamente quella “joie de vivre” disinibita tipicamente parigina che tanto seduce gli italiani (o almeno molti di loro). Diventa di moda.

La si acquista per sentirsi in linea con lo stile di vita più attuale, di chi guarda avanti e rifugge le scelte scontate, per acquisire lo status di cittadino del mondo non più confinato nel cortile di casa.

Nell’annoso dibattito pro e contro le auto straniere, tipico dell’epoca, si fa strada un concetto semplice ma trasgressivo per il momento, e cioè tra tutto quello che il mondo mi offre scelgo liberamente quello che mi piace, che sento più mio.

Pubblicità sorprendente In questo salto concettuale grande ruolo ha la comunicazione pubblicitaria, particolarmente brillante e irriverente nel caso della R5. Si incomincia con messaggi come “L’autostrada è noiosa.

Renault 5 è allegra” oppure “Il traffico è stupido. Renault 5 è intelligente” per continuare negli anni successivi e sull’onda del gradimento con affermazioni ancora più disinvolte: “Renault 5: il perché di un successo (linea, meccanica, comfort o prezzo?)”.

Quando, nel 1977, arriva la versione Alpine, che farà fremere gli ormoni dei venticinque/trentenni, la pagina pubblicitaria mostra la saracinesca semiaperta di un box da cui spunta il muso aggressivo della “piccola belva” con il titolo che dice “Non fatela arrabbiare”.

È un marketing impetuoso e coinvolgente che si mette in moto, per far sentire la R5 sempre più inserita nella parte trainante della società italiana. Innovativa è l’iniziativa “Porte Aperte alla Renault”, in cui si invita il pubblico a recarsi durante un intero fine settimana, domenica inclusa, presso il concessionario Renault più vicino per familiarizzare con la gamma R5 e scegliere la propria versione.

Se poi si riesce a intercettare la chiave d’avviamento giusta tra quelle distribuite per l’occasione con alcune riviste specializzate e no, forti di una tiratura media complessiva oltre il milione di copie, si “rischia” di vincere una R5 Parisienne.

Il successo è talmente clamoroso che tutte le Case automobilistiche si adegueranno e le “porte aperte” domenicali diventeranno la norma. Quando ormai la maturità arriva anche per lei e della R5 non vale più esaltare lo spirito innovativo, non resta che magnificarne la personalità di eterna ammaliatrice: ecco allora comparire in tutte le città degli enormi poster 6 metri x 3 in cui l’auto compare in volo a cavallo di una scopa con il titolo a caratteri cubitali “Renault 5 è una strega”.

Siamo nel 1982, dopo dieci anni di successi è il minimo che si possa dire. Variazioni sul tema Come spesso accade per le auto popolari che conoscono da subito un elevato livello di gradimento, anche per la R5, prodotta fino al 1985 in più di cinque milioni di esemplari, le versioni e le edizioni speciali realizzate negli anni sono moltissime.

Alcune però sono rimaste particolarmente nel cuore degli appassionati, perché tappe significative nell’evoluzione del modello o più semplicemente perché oggi particolarmente rare.

Menzione obbligatoria naturalmente per la R5 Alpine, introdotta nel 1977 e sviluppata per poter gareggiare nella Coppa Renault 5. Le prestazioni brillanti (1.397 cc e 93 CV) abbinate alla grintosa caratterizzazione estetica ne fanno subito una beniamina dei giovani sportivi.

Ormai se ne trovano poche in condizioni almeno accettabili, e le più belle difficilmente cambiano padrone. Stesso discorso per la sua evoluzione Alpine Turbo del 1981, nata sull’onda della moda dei motori sovralimentati su cui Renault costruisce la sua fama sportiva.

Il turbocompressore applicato allo stesso motore dell’Alpine le fa guadagnare ben 17 CV e consente prestazioni molto elevate. L’assetto diventa ancora più rigido e visibilmente abbassato e compaiono dei bellissimi cerchi in lega.

È oggi tra le più desiderate classiche piccole sportive. Discorso a parte per la 5 Turbo, vettura da corsa a motore centrale e trazione posteriore, prodotta tra il 1980 e l’82 in poco più di 1.500 esemplari e rarissima in Italia: della 5 originale ha ben poco e la sua vistosissima caratterizzazione oltre che le prestazioni difficilmente gestibili ne fanno un oggetto per pochi entusiasti.

Due parole infine per la Parisienne, lanciata nel 1982, e per la Parisienne 2 dell’anno successivo, che differiscono soltanto per trattamenti estetici dalle Campus e Super Campus da cui derivano, con meccanica rispettivamente L e TL. Prodotte in un buon numero di esemplari ma poco importate in Italia, ne restano ben poche, eppure con un po’ di pazienza qualcuna ancora si rischia di trovarla.

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