Il design è di Michel Boué, responsabile dello stile in Renault. La R5 è un piccolo capolavoro per i tempi e presenta diverse soluzioni originali, dai parafanghi in materiale sintetico al portellone con i gruppi ottici in posizione più alta del solito.
La scelta dei colori, come ad esempio l’arancio, il giallo o il verde, riflette il momento storico e la voglia di essere anticonformisti. Originali sono anche le campagne pubblicitarie (in basso).
Quando l’automobile era ancora un mito per tutti, ma già raggiungibile per i più, uno strumento indispensabile per godere della libertà di spostamento e per affermare la propria personalità, accadevano dei fenomeni tipici della società del benessere.
Scoppiavano le manie collettive, gli innamoramenti generalizzati di un determinato gruppo sociale per un modello di auto di particolare fascino, perché innovativa e per qualche verso unica.
Non stiamo parlando dell’ammirazione per una vettura fortemente desiderabile, ammirata da tutti ma per forza di cose circoscritta ad una élite, come nei tardi anni ’50 erano le Alfa Romeo Giulietta Sprint e Spider, ma di una vera e propria moda che seduceva un pubblico piuttosto ampio, grazie alla più diffusa disponibilità economica del decennio successivo che consentiva anche ad un giovane di venticinque o trent’anni di comprarsi l’auto alla sua portata, utilitaria sì ma sfiziosa.
È successo con la VW Maggiolino, poi con la Fiat 500 F, rigorosamente blu scura, quindi con la Mini Minor, possibilmente rossa. A metà anni ’70 succede con la Renault 5, un’auto da città per vocazione chic, pur se piuttosto spartana nelle finiture come nella migliore tradizione francese.
Semplice e piacevole nella linea, moderna e con soluzioni molto pratiche e del tutto originali, dotata di una meccanica ultra collaudata ed economica ha saputo stregare un’intera generazione o forse anche due di automobilisti in erba. E diventare così un fenomeno di costume.
Idea geniale
Arrivata in Italia verso la fine del 1972, con qualche mese di ritardo rispetto al lancio in Francia, evidenzia fin dall’inizio l’intenzione della Règie di farla diventare in breve “Cittadina del mondo” come recita lo slogan delle prime pubblicità apparse sulle riviste.
Al momento del lancio il suo prezzo di listino sul mercato italiano, considerato strategico per come dimostra di apprezzare le auto di casa Renault, è di 100.000 lire più basso di quello francese.
La battaglia con le altre concorrenti dello stesso segmento è dichiarata. Il lavoro fatto da Michel Boué, responsabile dello stile Renault, è davvero superbo. Pur partendo da un pianale e da una meccanica molto datate come quella della R4, realizza una utilitaria moderna con delle soluzioni geniali, che faranno scuola inaugurando una nuova strada del design automobilistico.
I paraurti tradizionali, normalmente di acciaio cromato e parecchio vistosi, sono scomparsi, sostituiti sia sul muso che in coda da uno scudo protettivo in resina sintetica e fibra di vetro, integrato nella linea della carrozzeria.
È garantita la capacità di assorbire urti fino a 7 km/h senza subire danni, e fino a 15 km/h senza intaccare le lamiere. Il classico “colpetto” in fase di parcheggio diventa così del tutto innocuo per la R5. Anche la calandra anteriore non c’è più, al suo posto ci sono due aperture orizzontali sotto al cofano motore e altre prese d’aria ricavate nello scudo.
Al posteriore spiccano i gruppi ottici posti in alto e sormontati dalle griglie di sfogo dell’aria dell’abitacolo, e, fatto tutt’altro che banale all’epoca, l’accesso al bagagliaio è assicurato da un ampio portellone che incorpora il lunotto.
Solo l’Autobianchi A112 tra le dirette concorrenti può vantare una soluzione analoga, ma con minore praticità. In generale la linea è molto morbida ed equilibrata, si nota il passo lungo, con sbalzi molto ridotti, a tutto vantaggio dell’abitabilità.
Il motore anteriore longitudinale ha imposto il disegno di un cofano prolungato e un abitacolo arretrato, ma il tutto è così armonioso da suscitare immediate reazioni di simpatia da parte del pubblico.
Anche particolari secondari come la mancanza di maniglie alle portiere, sostituite da un semplice pulsante e da un incavo nella lamiera, rivelano un’attenzione per la progettazione “intelligente” che fa subito breccia in chi apprezza la novità e rifugge il già visto.
Spartana ma curata
L’interno è meno inconsueto, ma mantiene inalterata la filosofia della pratica semplicità. L’ambiente è luminoso data l’ampiezza delle superfici vetrate e comunica una piacevole sensazione di ariosità, la guida in città è favorita dalla immediata percezione degli ingombri esterni.
La strumentazione semplice e ben leggibile si avvale di numerose spie di segnalazione: niente manometri o termometri, d’altra parte perché crearsi problemi se tutto va bene?
L’eventuale ed improbabile anomalia viene prontamente segnalata dalla lucina che si accende, quindi… Solo la 5L, e cioè la versione base, è dotata del cambio a manico d’ombrello come sulla R4, dopo pochi mesi sulle 5TL importate in Italia la leva del cambio è a pavimento, contrariamente a quanto accade in Francia.
La plancia è in blocco unico ad assorbimento d’urti con una finitura a strisce verticali, il volante ha una imbottitura centrale di disegno analogo, i sedili sono ampi e soffici, il rivestimento del padiglione è risolto brillantemente con uno strato di fibre sintetiche compresse, altra novità. Insomma, utilitaria sì, ma ben costruita.