11 May 2009

Tecnica: Monitoraggio Pneumatici

La pressione e le condizioni di temperatura dei pneumatici sono fattori centrali per la sicurezza: per quanto le stime di Enti e Costruttori non concordino pienamente sui numeri, in tutti i rapporti si evidenzia come la scarsa manutenzione o la bassa pressione dei pneumatici (sottogonfiaggio) intervengano come causa o concausa negli incidenti stradali in percentuali comprese fra il 3 e il 15% del totale.

Introduzione





La pressione e le condizioni di temperatura dei pneumatici sono fattori centrali per la sicurezza: per quanto le stime di Enti e Costruttori non concordino pienamente sui numeri, in tutti i rapporti si evidenzia come la scarsa manutenzione o la bassa pressione dei pneumatici (sottogonfiaggio) intervengano come causa o concausa negli incidenti stradali in percentuali comprese fra il 3 e il 15% del totale.

Senza contare che la non corretta pressione dei pneumatici è anche responsabile di un minor rendimento di trasmissione, quindi dell’aumento dei consumi.

Premesse



Il problema del sottogonfiaggio è molto sentito negli Stati Uniti, dove la cultura della manutenzione è storicamente scarsa, e così dal 1° Settembre 2007 tutte le automobili nuove commercializzate devono avere di serie un dispositivo in grado di riconoscere almeno una riduzione di pressione del 25%, segnalandola al conducente con una apposita spia.
Se questo valore può sembrare eccessivamente tollerante, basta fare una semplice prova: porre un’automobile in piano e portare uno dei pneumatici ad una pressione inferiore a quella nominale di 1 bar (-50%!) e chiedete a qualcuno qual è la ruota sgonfia: non è facile riuscire ad individuarla ad occhio…

Un altro aspetto importante delle coperture è l’invecchiamento e deterioramento, operato contemporaneamente dall’usura, dai cicli di riscaldamento e raffreddamento che avvengono ad ogni uso e sosta così come dalla presenza di particolari sostanze nell’aria di gonfiaggio.
La normale aria erogata da un compressore contiene infatti tracce di lubrificante oltre che ossigeno e vapore d’acqua, indispensabili questi ultimi per la nostra respirazione ma non particolarmente graditi alle gomme con cui sono realizzate le coperture.

Per indagare alcuni di questi aspetti
abbiamo portato in pista una vettura e cercato di misurare l’andamento delle pressioni all’interno dei suoi pneumatici. Abbiamo equipaggiato una normale Peugeot 307 CC, dotata di un set di cerchi standard nella misura di 7,5x16”, con pneumatici invernali Goodyear Ultragrip7 205/55R16 e di un set ruote più sportive con cerchi OZ 35th Anniversary nelle misure 8x18” con coperture Goodyear Excellence 225/40 R18. Ogni set ruote era equipaggiato con un kit di misuratori di temperatura e pressione aftermarket fornito da SafetyDynamic. Per queste ultime abbiamo inoltre effettuato le stesse prove anche utilizzando la miscela di gas inerti secchi Secur Pneus di Rivoira oltre alla normale aria di gonfiaggio.

Riscaldamento



Durante il riscaldamento del pneumatico avvengono diversi fenomeni: il sistema cerchio - pneumatico - aria si scalda
sia per effetto del rotolamento della gomma che per altri motivi. Quando il pneumatico rotola sull’asfalto, la sua deformazione ciclica sviluppa calore a causa dell’isteresi delle gomme che ne compongono la struttura: tale riscaldamento ne innalza la temperatura, portandola gradualmente a quella di esercizio. Contemporaneamente, parte del calore generato si trasferisce all’aria ed al cerchio tanto per convezione (scambio di calore con l’aria interna) quanto per conduzione (scambio di calore per contatto diretto col cerchio). In condizioni di bassa temperatura esterna il cerchio funziona da radiatore, sottraendo il calore che si genera durante tutte le condizioni di utilizzo. Con clima caldo, invece, l’elevata temperatura sia dell’aria esterna che di motore e freni comportano una cessione di calore al pneumatico.

Il ‘sistema ruota’, quindi, sarà in equilibrio quando il calore che si genera nel rotolamento ed eventualmente quello raccolto da motore e freni è uguale a quello che si dissipa per effetto del raffreddamento dei cerchi in materiale metallico, e in minima parte anche della gomma per effetto della convezione.
Va da sé che le condizioni di equilibrio termico saranno differenti al variare delle condizioni climatiche: in inverno con temperature esterne rigide la gomma lavorerà con minore carico termico, in estate al contrario ci si porterà a livelli più alti.

Un aspetto poco sottolineato relativamente al raggiungimento della temperatura di esercizio è il suo effetto sulla pressione. L’aria (o la miscela di gas) con cui è gonfiato il pneumatico si dilata rispetto alle condizioni di gonfiaggio per effetto del riscaldamento durante l’uso
; se invece tra il gonfiaggio e le condizioni di impiego c’è un brusco cambio di temperatura (neve, ghiaccio), si avrà un calo di pressione anche durante la fase operativa. Come quelli estivi, privi di marcatura, i pneumatici specifici per clima con neve – marcati M+S ad indicare Mud and Snow, cioè fango e neve – ovviamente danno il meglio in condizioni climatiche ben precise. Nonostante non esistano limiti legali imposti dal codice della strada per l’impiego al caldo di gomme invernali o viceversa al freddo di gomme non specifiche, il suggerimento è sempre quello di impiegare le coperture più adatte ad ogni condizione climatica.

La Prova



Per effettuare tutte le prove in condizioni uniformi e ripetibili abbiamo utilizzato esclusivamente l’anello di 80 m di diametro presente presso il circuito di Balocco (VC). La prova consiste nel partire con un treno di pneumatici freddi ed a pressione base (circa 30° di temperatura ambiente e 2,4 bar) e girare in tondo a velocità costante di 50 km/h sempre nella stessa direzione e senza pause, rilevando ogni minuto le temperature e le pressioni indicate dal TPMS.
Con questa prova abbiamo eliminato quanto più possibile, rispetto ad un percorso guidato (handling), la variabilità nelle condizioni di riscaldamento dovuta a cambiamento delle condizioni di grip dell’asfalto, al diverso feeling del pilota al variare della copertura ed il non trascurabile effetto della mutevolezza della concentrazione alla guida, dovuta a stanchezza o altri fattori.

Il risultato è stato interessante: dopo 15 minuti di prova su asfalto asciutto in una giornata estiva i pneumatici invernali delle ruote all’esterno curva hanno mostrato preoccupanti segni di usura, tanto nei bordi quanto soprattutto per le lamelle
, i sottili intagli responsabili del grip nelle condizioni di scarsa aderenza (ghiaccio, fondo bagnato). Certo un segnale per chi tende a ritardare il cambio stagionale. Da notare inoltre che le gomme invernali ‘ad alta isteresi’, a causa delle peculiari mescole e carcasse che adottano hanno un comportamento al riscaldamento molto differente. In particolare per la ruota posteriore esterna alla curva, sebbene più scarica dell’anteriore, a causa dello squat della sospensione unito alle spinte laterali dovute alla percorrenza continua di curva abbiamo registrato un riscaldamento ed un aumento di pressione più rapido dell’anteriore, e comunque più rapido della sua omologa in versione estiva.

Il responso finale è interessante: fino all’entrata in vigore anche per l’Europa dell’obbligatorietà in primo equipaggiamento di questi dispositivi, la soluzione del kit aftermarket è utile per chi tiene alla sicurezza. Abbiamo provato sia la versione base (venduta a 289 euro), che fornisce a rotazione temperatura e pressione di un  pneumatico alla volta, che il modello RC di derivazione racing (349 euro), più rapido nel segnalare variazioni sia di pressione che di temperatura e anche più intuitivo.

Gli unici punti a sfavore riscontrati riguardano la manutenzione e la facilità di riprogrammazione, del resto condivisi dai sistemi di primo equipaggiamento.
In caso di sostituzione delle coperture, infatti, può accadere che gli operatori non prestino cura alla presenza del sensore e lo danneggino durante lo stallonamento o lo smontaggio del pneumatico. La riprogrammazione della centralina è invece necessaria sia quando si danneggia e sostituisce un cerchio o un sensore sia, comunque, in caso di rotazione dei pneumatici: il sistema va informato che le ruote si trovano a lavorare con nuove antenne o, comunque, in diversa posizione.

Riassunto della prova

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Non solo aria



Grazie al sistema TPMS di Safety Dynamic (www.safetydynamic.it) abbiamo potuto allestire un test tanto conoscitivo delle reali condizioni di impiego dei pneumatici quanto chiarificante per quanto riguarda le informazioni relative all’effetto del Secur Pneus, una miscela di gas secchi ed inerti (basata cioè su azoto e priva di ossigeno e vapor acqueo).
I pneumatici hanno nella gomma un componente costruttivo fondamentale: ma la gomma per effetto dell’invecchiamento si screpola in superficie, aumentando la sua permeabilità ai gas. Nella normale aria di gonfiaggio è presente ossigeno responsabile dell’ossidazione dei composti presenti nelle gomme, e che quindi accelera sia l’invecchiamento che la perdita di pressione.

La molecola dell’ossigeno, rispetto a quelle dei gas secchi o di altri composti, è infatti più piccola e può quindi fuoriuscire più facilmente per normale permeabilità della copertura rispetto ad altri composti. Il vapore acqueo ha invece una dilatazione termica (quindi un contributo alla variazione di pressione) differente dagli altri gas. Va notato poi che la percentuale di vapore acqueo nell’aria di gonfiaggio non è costante, ma varia a seconda delle condizioni climatiche. Il vantaggio dell’uso del Secur Pneus rispetto alla normale aria è, quindi, la costanza di prestazioni indipendentemente dalla stagione di gonfiaggio oltre che il contrasto all’ invecchiamento delle coperture. Nel caso raro ma non trascurabile di urto o grande foratura a caldo della gomma, la copertura non può esplodere per combustione dell’ ossigeno con i componenti della gomma sull’area del taglio, proprio per la totale assenza di ossigeno dalla miscela dei gas di gonfiaggio.

I risultati della nostra prova possono ben rappresentare la guida quotidiana. In queste condizioni non abbiamo rilevato apprezzabili differenze nelle curve di riscaldamento e di crescita della pressione né con le coperture invernali né con le estive, indipendentemente dal tipo di gonfiaggio (aria o Secur Pneus). La temperatura della mescola del battistrada, sul pneumatico più stressato (anteriore destro) in tutti i casi si è mantenuta tra i 64 ed i 68°C alla fine della prova. Da notare però che questo stress termico e di carico costante ha causato una usura appena percettibile sulle coperture estive, mentre il forte deterioramento per le coperture invernali influenza pesantemente la sicurezza di guida.

Koni FSD



Per la prova, la 307CC utilizzata montava gli ammortizzatori FSD della Koni.
La strada scelta dall’azienda tedesca per coniugare maggiore controllo idraulico per la guida normale a uno smorzamento comunque soddisfacente in condizioni difficili (sconnesso, pavé) si concentra nella valvola mobile dell’ammortizzatore, il pistone. Il pistone principale è dotato di un piattello contrastato da una molla, che si apre in caso di spinta da parte di fluidi ‘. Esiste un ulteriore bypass calibrato,  chiuso da un sistema a spillo contrastato a sua volta da una ulteriore molla, e che si apre per i fluidi ‘veloci’.

La velocità dei fluidi in una sospensione è direttamente legata alla frequenza di azionamento della stessa. Il trasferimento di carico in frenata o in curva rappresenta un movi-mento lento, con frequenza di movimentazione della ruota di 1÷3 Hertz. Un passaggio su una buca o su una serie, come asfalto sconnesso o pavé, scuote la sospensione per piccoli movimenti ma a velocità elevata, con frequenza dell’ordine dei 10 Hz. Le sospensioni che integrano differenti dispositivi per fare fronte a spinte dinamiche a frequenze diverse sono dunque più efficaci rispetto a soluzioni più tradizionali.

Questa tecnologia è una applicazione stradale di ciò che veniva utilizzato nelle competizioni ormai diversi anno fa: si tratta  di una soluzione ancora interessante, sebbene oggi lo stato dell’arte sia costituito dai sistemi le cui valvole (fisse o mobili) prevedono piramidi di lamelle, o dispositivi aggiuntivi con molle di contrasto oltre che registri di laminazione con spillo conico dedicati al controllo dei fluidi lenti.

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