Audi ha lanciato i motori TDI nel 1989 e, da allora, ha continuato a perfezionarli. Vediamo le tappe principali:
Gli anni ’70: le sfide create dalla crisi del petrolio
Lo sviluppo della tecnologia TDI è iniziata in Audi durante la metà degli anni ‘70 in piena crisi petrolifera, quando ci fu la necessità di mettere a punto un nuovo motore con consumi più bassi. Durante la fase di sviluppo, il team composto da dieci ingegneri Audi decise per il metodo multi-iniezione; Bosch sviluppò una pompa assiale a pistoni comandata elettronicamente in grado di generare una pressione di 900 bar. Un supporto a doppia molla apriva lo spillo dell’ugello in due fasi permettendo la pre-iniezione di piccole quantità di combustibile in modo da rendere la combustione più uniforme e meno rumorosa.
1989: 2.5 TDI
Un passo in avanti crucilae avvenne nel 1989 in occasione del Salone di Francoforte con il 2.5 TDI montato nella Audi 100. Il 5 cilindri in linea da 2.461 cc era un turbodiesel a iniezione diretta con controllo completamente elettronico: era nato il primo TDI. All’epoca nessuno avrebbe mai pensato che questa innovazione sarebbe stata introdotta di serie in Europa nella produzione dei motori a gasolio.
Con una potenza di 120 CV (88 kW) e coppia pari a 265 Nm, quest’ultima raggiunta a 2.250 giri, introdusse uno standard completamente nuovo. La Audi 100 2.5 TDI era in grado di raggiungere i 200 km/h di velocità e di consumare in media solo 5,7 litri di gasolio ogni 100 km. A partire dal 1994 fu lanciato nella Audi A6 da 140 CV (103 kW) un cinque cilindri con una nuova pompa a pistoni radiali, catalizzatore di ossidazione e il ricircolo dei gas di scarico. In alternativa venne offerta anche una versione da 115 CV (85 kW).
1991: 1.9 TDI con Turbina a geometria variabile
I motori TDI iniziarono a essere introdotti con successo da Audi anche nelle autovetture di classe media. Nel 1991 la Audi 80 fu dotata del quattro cilindri 1.9 TDI da 90 CV (66 kW) e una coppia pari a 182 Nm. Quattro anni più tardi seguì un’evoluzione da 110 CV (81 kW) per la Audi A4. Responsabile della crescita di potenza fu un nuovo turbo con palette regolabili sul lato dei gas di scarico, il turbocompressore a geometria variabile, che permetteva l’aumento uniforme della coppia già a 1.700 giri.
1997: prima mondiale per il V6 TDI
Il 1997 segna un nuovo sviluppo pionieristico di Audi. L’innovazione per il settore delle autovetture a gasolio era la combinazione di un V6 TDI con una testata a quattro valvole. Il 2.5 aveva una potenza di 150 CV (110 kW) e una coppia di 310 Nm. Il motore presentava diffusori a vortice, condotti di aspirazione tangenziali e una pompa di iniezione radiale in grado di generare una pressione di 1.850 bar. Il 2.5 TDI fu montato nei modelli A4, A6 e A8 e nella sua ultima versione erogava 180 CV (132 KW).
1999: V8 TDI
3.328 cc, quattro alberi a camme sovrapposti, due turbo a geometria variabile: dall’ottobre del 1999 il V8 TDI, all’epoca il non plus ultra tra i motori Diesel, iniziò ad essere montato nella Audi A8. Il suo carter era realizzato in ghisa grafitica vermicolare leggera e super resistente, l’aria di alimentazione e i gas di scarico erano raffreddati ad acqua. Un impianto Common Rail, allora una novità per Audi, iniettava il gasolio con una pressione pari a 1.350 bar. Grazie ai suoi 225 CV (165 kW) e alla coppia pari a 480 Nm, il V8 TDI era in grado di portare la vettura alla straordinaria velocità massima di 242 km/h.
2001: 1.2 TDI
Nel 2001 Audi preesntò la Audi A2 1.2 TDI riuscì a raggiungere un consumo medio di 2,99 litri ogni 100 km (81 grammi di CO2 ogni chilometro). La cinque porte compatta con carrozzeria aerodinamica in alluminio, montava un tre cilindri da 1,2 litri con una potenza di 61 CV (45 kW) ed una coppia di 140 Nm. La due valvole per cilindro utilizzava una turbina a geometria variabile, un dispositivo di iniezione con iniettore e pompa con pressione pari a 2.050 bar lanciato l’anno prima dal Gruppo Volkswagen. Ancora oggi la A2 1.2 TDI rimane l’unica 5 porte in grado di percorre 100 km con 3 litri di carburante.
2004: 3.0 TDI
Nel 2004 debutta il 3.0 TDI, il primo dei motori a V di Audi con angolo di 90gradi, una distanza tra i cilindri pari a 90 millimetri e una trasmissione a catena sulla parte posteriore. Come tutti gli altri grandi motori Audi a gasolio, anche questo presentava un blocco in ghisa grafitica vermicolata. I gas di scarico venivano invece puliti per mezzo di un filtro antiparticolato, che all’epoca rappresentava una novità assoluta per il marchio.
Un’altra novità era rappresentata dagli iniettori piezoelettrici “inline” che erano in grado di iniettare minuscole quantità di gasolio: l’apertura e chiusura rapidissima degli ugelli permetteva di ottenere un’iniezione multipla. Questo tipo di iniezione consentiva l’aumento modulato della pressione fino ad un massimo di 1.600 bar e una combustione silenziosa. Il V6 TDI veniva offerto in tre versioni: da 204 CV (150 kW), 224 CV (165 kW) e 233 CV (171 kW). Questo tipo di motori fu utilizzato con successo in numerosi modelli e, nel 2009, Audi ne introdusse una seconda generazione.
2008: V12 TDI
Alla fine del 2008, Audi presentò il dodici cilindri della Q7. Gli elementi caratteristici erano l’impianto Common Rail e i 2.000 bar di pressione generati da entrambi i turbocompressori a geometria variabile.L’angolo di 60gradi tra le bancate garantiva un’eccellente equilibratura delle masse e, quindi, una marcia piacevole.
Il 6.0 V12 TDI erogava una potenza di 500 CV (368 kW) e una coppia di 1.000 Nm, questa raggiunta da 1.750 a 3.250 giri. Con questo motore il SUV era in grado di accelerare da 0 a 100 km/h in 5,5 secondi, come un'auto sportiva, e di raggiungere una velocità massima limitata elettronicamente a 250 km/h.
2009: 3.0 TDI clean diesel
Nel 2009 Audi introdusse la tecnologia clean diesel in risposta alle richieste di abbattimento dei gas di scarico imposte soprattutto negli Stati Uniti. Il 3.0 TDI clean diesel era dotato di un impianto Common Rail con una pressione di 2.000 bar e un nuovo tipo di sensori di combustione. Le emissioni venivano ridotte grazie all’iniezione omogenea e alla combustione ottimale del gasolio. Il NOx era abbattuto da un catalizzatore SCR (selectivecatalyticreduction) collocato nel tratto di scarico. L’additivo liquido AdBlue atomizzato nei gas di scarico si trasformava in ammoniaca che abbatteva i NOx riducendoli in acqua e azoto.
Nel 2013 fu introdotto un nuovo componente che riuscì a unire le funzioni del filtro particolato e del catalizzatore SCR. L’abbattimento dei NOx viene eseguito da un substrato ceramico, il titanato di alluminio o il carburo di silicio che si trovano sulle pareti del filtro. Un ulteriore catalizzatore (Ammonia Slip Catalyst, ASC) depura il rimanente cloruro di ammoniaca prodotto in presenza di carichi elevati.