Ai giorni del debutto, avvenuto come dicevamo all’inizio nel 1955, il ricordo della guerra è ormai lontano. I ritmi di vita della gente sono tornati alla normalità e il lancio del nuovo modello è un successo planetario che monopolizza per un certo periodo il mercato delle berline di lusso.
Il successo di quegli anni si trasformerà in leggenda e crediamo che uno dei motivi più importanti, al di là delle notevolissime doti dell’auto, sia stata la sua clientela. La situazione socioeconomica del decennio 1955-65 è tale per cui chi può acquistare queste auto fa parte della ristretta cerchia del “jet-set” internazionale: quindi, star dello spettacolo, magnati dell’industria oltre, naturalmente, ai regnanti . E chi avvista una Rolls allunga il collo per scorgere la celebrità (quasi mai alla guida) che sta seduta nell’abitacolo e lo racconterà a tutti nei giorni a seguire.
Qualcuno potrà ricordare la cabriolet nera di Rex Harrison, sempre sporca, parcheggiata a Portofino; la berlina grigia del pianista Alberto Semprini con al traino la roulotte contenente il pianoforte del maestro, oppure i racconti sull’industriale Guido Borghi, patron della Ignis, che fa smontare e rimontare dai suoi operai la sua Silver Cloud per vedere com’è costruita.
Tempi irripetibili: nel reportage sulle immatricolazioni in Italia nel 1959, anno di produzione dell’esemplare del servizio, si legge che sono consegnate 3 Silver Cloud e 3 Bentley S (la stessa auto con marchio Bentley). Anche i totali fanno sorridere: 10 della prima e 4 della seconda.
E’ interessante notare che tutte le leggende sulle Rolls Royce che hanno fatto il giro del mondo, dal motore al ticchettio dell’orologio ai 160 all’ora che disturba il Lord, si sono diffuse ai tempi della Silver Cloud.
Ai tempi della successiva, comunque splendida e amata, Silver Shadow, l’acquisto di queste automobili comincia a diventare una faccenda accessibile anche a facoltose figure professionali di diversa estrazione ma spesso non famose. I numeri di vendita crescono di molto e tutto ciò contribuisce a far sì che non sia possibile perpetuare l’aura di magia che circonda la Silver Cloud. Ma c’è un’altra motivazione - molto evidente - che rende questa vettura immortale ed è la bellezza senza tempo della sua linea: uno degli ultimi e più riusciti esempi di classicismo su ruote.
E’ vero: gli elementi più rètro, come i fari sporgenti, i fanalini di posizione sui parafanghi, il predellino, il baule separato, sono solo accennati. Ma il gigantesco radiatore, più alto rispetto ai parafanghi, resiste e tutto l’insieme è amalgamato in maniera perfetta dal genio di John Polwhele Blatchley.
Blatchey, distinto signore, inglese fino al midollo, fa parte dello staff del carrozziere Gurney Nutting di Lacland Place a Londra dal cui atelier, prima della guerra, sono uscite splendide creazioni su telai Rolls Royce 25/30, Wraith e Bentley 4,25 Litre.
Bletchley è contattato dalla Casa Madre quando, alla fine degli Anni ‘40, si pensa di ingrandire il bagagliaio delle Rolls Royce Silver Dawn/Bentley Mk VI. Da quel momento passa alla Rolls Royce Motor Cars diventandone “Chief stylist” e, nel 1951, gli venne affidato il progetto “Siam”, embrione della Silver Cloud.
Si tratta evidentemente di un disegnatore ispirato, dal momento che suo è anche lo stile delle successive Silver Shadow/Bentley T Type, vetture completamente diverse dalle precedenti, disegnate senza nostalgia, ma ugualmente di successo e, soprattutto, totalmente “british”.
Ai giorni del debutto, avvenuto come dicevamo all’inizio nel 1955, il ricordo della guerra è ormai lontano. I ritmi di vita della gente sono tornati alla normalità e il lancio del nuovo modello è un successo planetario che monopolizza per un certo periodo il mercato delle berline di lusso.
Il successo di quegli anni si trasformerà in leggenda e crediamo che uno dei motivi più importanti, al di là delle notevolissime doti dell’auto, sia stata la sua clientela. La situazione socioeconomica del decennio 1955-65 è tale per cui chi può acquistare queste auto fa parte della ristretta cerchia del “jet-set” internazionale: quindi, star dello spettacolo, magnati dell’industria oltre, naturalmente, ai regnanti . E chi avvista una Rolls allunga il collo per scorgere la celebrità (quasi mai alla guida) che sta seduta nell’abitacolo e lo racconterà a tutti nei giorni a seguire.
Qualcuno potrà ricordare la cabriolet nera di Rex Harrison, sempre sporca, parcheggiata a Portofino; la berlina grigia del pianista Alberto Semprini con al traino la roulotte contenente il pianoforte del maestro, oppure i racconti sull’industriale Guido Borghi, patron della Ignis, che fa smontare e rimontare dai suoi operai la sua Silver Cloud per vedere com’è costruita.
Tempi irripetibili: nel reportage sulle immatricolazioni in Italia nel 1959, anno di produzione dell’esemplare del servizio, si legge che sono consegnate 3 Silver Cloud e 3 Bentley S (la stessa auto con marchio Bentley). Anche i totali fanno sorridere: 10 della prima e 4 della seconda.
E’ interessante notare che tutte le leggende sulle Rolls Royce che hanno fatto il giro del mondo, dal motore al ticchettio dell’orologio ai 160 all’ora che disturba il Lord, si sono diffuse ai tempi della Silver Cloud.