24 September 2007

Rolls Royce Silver Cloud

La Rolls Royce Silver Cloud è un modello che si avvicina molto all’ideale per chi voglia inserire una vettura della Casa inglese nella sua collezione.

Introduzione


La Rolls Royce Silver Cloud è un modello che si avvicina molto all’ideale per chi voglia inserire una vettura della Casa inglese nella sua collezione. Come vedremo riunisce in sé alcune specifiche assai desiderabili, a cominciare dal costo non eccessivo, nonostante questo modello abbia un fascino e un’eleganza davvero regali.

Le vendite aumentano

Ai tempi della successiva, comunque splendida e amata, Silver Shadow, l’acquisto di queste automobili comincia a diventare una faccenda accessibile anche a facoltose figure professionali di diversa estrazione ma spesso non famose. I numeri di vendita crescono di molto e tutto ciò contribuisce a far sì che non sia possibile perpetuare l’aura di magia che circonda la Silver Cloud. Ma c’è un’altra motivazione - molto evidente - che rende questa vettura immortale ed è la bellezza senza tempo della sua linea: uno degli ultimi e più riusciti esempi di classicismo su ruote.

E’ vero: gli elementi più rètro, come i fari sporgenti, i fanalini di posizione sui parafanghi, il predellino, il baule separato, sono solo accennati. Ma il gigantesco radiatore, più alto rispetto ai parafanghi, resiste e tutto l’insieme è amalgamato in maniera perfetta dal genio di John Polwhele Blatchley.
Blatchey, distinto signore, inglese fino al midollo, fa parte dello staff del carrozziere Gurney Nutting di Lacland Place a Londra dal cui atelier, prima della guerra, sono uscite splendide creazioni su telai Rolls Royce 25/30, Wraith e Bentley 4,25 Litre.
Bletchley è contattato dalla Casa Madre quando, alla fine degli Anni ‘40, si pensa di ingrandire il bagagliaio delle Rolls Royce Silver Dawn/Bentley Mk VI. Da quel momento passa alla Rolls Royce Motor Cars diventandone “Chief stylist” e, nel 1951, gli venne affidato il progetto “Siam”, embrione della Silver Cloud.
Si tratta evidentemente di un disegnatore ispirato, dal momento che suo è anche lo stile delle successive Silver Shadow/Bentley T Type, vetture completamente diverse dalle precedenti, disegnate senza nostalgia, ma ugualmente di successo e, soprattutto, totalmente “british”.

Scelta da star e industriali

Ai giorni del debutto, avvenuto come dicevamo all’inizio nel 1955, il ricordo della guerra è ormai lontano. I ritmi di vita della gente sono tornati alla normalità e il lancio del nuovo modello è un successo planetario che monopolizza per un certo periodo il mercato delle berline di lusso.

Il successo di quegli anni si trasformerà in leggenda e crediamo che uno dei motivi più importanti, al di là delle notevolissime doti dell’auto, sia stata la sua clientela. La situazione socioeconomica del decennio 1955-65 è tale per cui chi può acquistare queste auto fa parte della ristretta cerchia del “jet-set” internazionale: quindi, star dello spettacolo, magnati dell’industria oltre, naturalmente, ai regnanti . E chi avvista una Rolls allunga il collo per scorgere la celebrità (quasi mai alla guida) che sta seduta nell’abitacolo e lo racconterà a tutti nei giorni a seguire.


Qualcuno potrà ricordare la cabriolet nera di Rex Harrison, sempre sporca, parcheggiata a Portofino; la berlina grigia del pianista Alberto Semprini con al traino la roulotte contenente il pianoforte del maestro, oppure i racconti sull’industriale Guido Borghi, patron della Ignis, che fa smontare e rimontare dai suoi operai la sua Silver Cloud per vedere com’è costruita.


Tempi irripetibili: nel reportage sulle immatricolazioni in Italia nel 1959, anno di produzione dell’esemplare del servizio, si legge che sono consegnate 3 Silver Cloud e 3 Bentley S (la stessa auto con marchio Bentley). Anche i totali fanno sorridere: 10 della prima e 4 della seconda.
E’ interessante notare che tutte le leggende sulle Rolls Royce che hanno fatto il giro del mondo, dal motore al ticchettio dell’orologio ai 160 all’ora che disturba il Lord, si sono diffuse ai tempi della Silver Cloud.

Ai tempi della successiva, comunque splendida e amata, Silver Shadow, l’acquisto di queste automobili comincia a diventare una faccenda accessibile anche a facoltose figure professionali di diversa estrazione ma spesso non famose. I numeri di vendita crescono di molto e tutto ciò contribuisce a far sì che non sia possibile perpetuare l’aura di magia che circonda la Silver Cloud. Ma c’è un’altra motivazione - molto evidente - che rende questa vettura immortale ed è la bellezza senza tempo della sua linea: uno degli ultimi e più riusciti esempi di classicismo su ruote.
E’ vero: gli elementi più rètro, come i fari sporgenti, i fanalini di posizione sui parafanghi, il predellino, il baule separato, sono solo accennati. Ma il gigantesco radiatore, più alto rispetto ai parafanghi, resiste e tutto l’insieme è amalgamato in maniera perfetta dal genio di John Polwhele Blatchley.
Blatchey, distinto signore, inglese fino al midollo, fa parte dello staff del carrozziere Gurney Nutting di Lacland Place a Londra dal cui atelier, prima della guerra, sono uscite splendide creazioni su telai Rolls Royce 25/30, Wraith e Bentley 4,25 Litre.
Bletchley è contattato dalla Casa Madre quando, alla fine degli Anni ‘40, si pensa di ingrandire il bagagliaio delle Rolls Royce Silver Dawn/Bentley Mk VI. Da quel momento passa alla Rolls Royce Motor Cars diventandone “Chief stylist” e, nel 1951, gli venne affidato il progetto “Siam”, embrione della Silver Cloud.
Si tratta evidentemente di un disegnatore ispirato, dal momento che suo è anche lo stile delle successive Silver Shadow/Bentley T Type, vetture completamente diverse dalle precedenti, disegnate senza nostalgia, ma ugualmente di successo e, soprattutto, totalmente “british”.

Ai giorni del debutto, avvenuto come dicevamo all’inizio nel 1955, il ricordo della guerra è ormai lontano. I ritmi di vita della gente sono tornati alla normalità e il lancio del nuovo modello è un successo planetario che monopolizza per un certo periodo il mercato delle berline di lusso.
Il successo di quegli anni si trasformerà in leggenda e crediamo che uno dei motivi più importanti, al di là delle notevolissime doti dell’auto, sia stata la sua clientela. La situazione socioeconomica del decennio 1955-65 è tale per cui chi può acquistare queste auto fa parte della ristretta cerchia del “jet-set” internazionale: quindi, star dello spettacolo, magnati dell’industria oltre, naturalmente, ai regnanti . E chi avvista una Rolls allunga il collo per scorgere la celebrità (quasi mai alla guida) che sta seduta nell’abitacolo e lo racconterà a tutti nei giorni a seguire.
Qualcuno potrà ricordare la cabriolet nera di Rex Harrison, sempre sporca, parcheggiata a Portofino; la berlina grigia del pianista Alberto Semprini con al traino la roulotte contenente il pianoforte del maestro, oppure i racconti sull’industriale Guido Borghi, patron della Ignis, che fa smontare e rimontare dai suoi operai la sua Silver Cloud per vedere com’è costruita.
Tempi irripetibili: nel reportage sulle immatricolazioni in Italia nel 1959, anno di produzione dell’esemplare del servizio, si legge che sono consegnate 3 Silver Cloud e 3 Bentley S (la stessa auto con marchio Bentley). Anche i totali fanno sorridere: 10 della prima e 4 della seconda.
E’ interessante notare che tutte le leggende sulle Rolls Royce che hanno fatto il giro del mondo, dal motore al ticchettio dell’orologio ai 160 all’ora che disturba il Lord, si sono diffuse ai tempi della Silver Cloud.

Il motore

Dicevamo all’inizio dei motivi che potrebbere indurre all’acquisto di una Rolls Royce Silver Cloud, soprattutto se come quello di questo servizio. La prima è il motore a sei cilindri in linea tipo B60, con la sua particolarissima disposizione delle valvole: quelle di aspirazione sono in testa comandate da aste e bilancieri, mentre quelle di scarico sono laterali azionate direttamente dall’albero a camme nel basamento.

Sul nostro esemplare il motore è nella sua ultima fase di sviluppo col rapporto di compressione elevato a 8:1 e i carburatori maggiorati.
La potenza accertata di 178 CV (la Casa, come è noto, non dichiarava il valore) è sufficiente a lanciare questo bestione da oltre due tonnellate oltre le 104 miglia orarie (pari a circa 167 km/h) rilevate da Autosport nel dicembre del 1958. Notevoli anche gli 11”,6 da 0 a 60 miglia (96 km/h) rilevati nella stessa occasione.

Certo: con queste prestazioni i freni a tamburo, per quanto a doppio circuito, sono a volte insufficienti ed è evidente come le maggiori prestazioni del V8 della seconda e terza serie non siano assolutamente sfruttabili. Questa non è una critica alla Silver Cloud V8 (anche la stampa specializzata li giudicò molto positivamente) ma oggi è meglio andarci più cauti rispetto a quando il traffico era più a misura d’uomo.


Il motore “straight six” è preferibile anche per altri motivi: maggiore semplicità e facilità di manutenzione, maggiore equilibro e silenziosità meccanica e, ultimo ma non ultimo, minore consumo di carburante (nell’ordine dei 4 litri in meno ogni 100 km).

La seconda prerogativa riguarda il colore che si stacca dai consueti grigi, neri o dal bianco matrimoniale (quasi mai originale, oltretutto) che solitamente riveste queste vetture. Certo, può anche non piacere ma il Pacific Green è ideale per l’uso amatoriale, senza autista. Si tratta, inoltre, di un colore esclusivo: soltanto venti Rolls e sedici Bentley della prima serie possono legittimamente indossarlo. Terza prerogativa è la guida a sinistra che rende molto più agevole la circolazione sulle nostre strade e che negli anni ‘50 non era presente su molti esemplari; questo ne è dotato in quanto costruito, come si evince dai documenti d’origine, nell’aprile del 1959 per un signore di New York. Che si tratti di un esemplare per il mercato U.S.A. Ce lo dicono anche le insolite protezioni in gomma sui rostri dei paraurti, molto probabilmente fatte applicare dalla J.S. Inskip Inc., pure lei di New York, società importatrice dell’auto: evidentemente da quelle parti la “toccatina” in parcheggio era prevista.

Sempre dai documenti d’origine trascriviamo fedelmente l’elenco degli “equipaggiamenti speciali”: radio tipo 202R, pneumatici Firestone tubeless con fascia bianca, alzacristalli elettrici, placca numero telaio con scritta “Made in England”, fari sealed beam, tachimetro in miglia, attaccapanni, luci posteriori tipo U.S.A., trombe montate sotto al cofano motore, assenza bottone retromarcia su leva selettrice, termostato estivo e invernale, lavavetri, fendinebbia, ripari per le serrature per i climi rigidi, specchio retrovisore esterno, portatarga posteriore tipo esportazione (non più presente sulla vettura). Con gli occhi di oggi la lettura di questo elenco è un vero spasso ma occorre ammettere che dimostra una volta di più la cura con la quale questa Casa ha sempre cercato di compiacere i desideri dei clienti fin nei minimi particolari. Sono anche questi i motivi per cui, da più di 100 anni, Rolls Royce spicca rispetto ad altri marchi comunque di grande prestigio: evocare un mondo a parte, legato a tradizioni raffinate di silenzio, di insensibilità alle mode passeggere. Chi si riconosce in questi gusti non può che essere un ammiratore della “flying lady” e quindi è giunto per lui il momento di valutare anche l’acquisto. Almeno finché i prezzi, per quanto alti, sono ancora accessibili.

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