06 November 2015

Peugeot 205 Turbo 16

Mentre fa ancora il navigatore, l' attuale presidente FIA è chiamato a rifondare il reparto corse del Leone per il nuovo regolamento dl Gruppo B....

INTRO

«È stata la realizzazione di un sogno »: Luca Corradini, 29 anni di Cavalese (TN), ci ha fatto fotografare la sua 205 Turbo 16. «L’ho comprata in Francia, non è facile trovarne una in buone condizioni. Le Gruppo B sono il massimo per tutti gli appassionati di auto da rally, hanno un alone di magia intorno, hanno fatto epoca, nel bene e nel male». Luca di auto se ne intende: nella vita fa l’ingegnere di pista per due team che disputano le gare dei vari campionati GT sparsi per il mondo.

E non sono due team qualsiasi: uno è AF Corse, in pratica la squadra ufficiale Ferrari nella categoria; l’altro è GDL, più piccolo ma non meno competitivo, per il quale Luca fa le gare di 24 Ore con Porsche e Mercedes. Ha cominciato presto: «Nel 2008. Mi sono laureato in ingegneria meccanica all’università di Modena, specializzazione automobilistica. Sono ingegnere di pista free-lance, mi occupo di assetto, gestione della gara, telemetria. Quest’anno ho seguito il Ferrari Challenge Asia, il British GT e qualche gara delle Maserati, con GDL ho fatto la 24 Ore di Spa».

Luca è un vero appassionato, tanto che la Peugeot non è la sola auto da Rally che possiede: «Ho anche una Renault 5 Turbo Maxi, che ho acquistato qualche anno fa, dopo che avevo avuto anche la R5 GT Turbo (quella a trazione anteriore, ndr). Sia questa sia la Peugeot le uso spesso, quasi tutti i giorni quando sono a casa, anche se ci faccio poca strada, vado al bar a bere il caffé, ci faccio qualche giretto». Quanti km? «Beh con la 205 farò circa 2500 km l’anno, con la R5 forse 10mila. La 205 d’altra parte è un’auto artigianale nella costruzione, rispecchia in pieno la filosofia dietro ai gr. B, che erano prototipi a tutti gli effetti». Visto che la usi spesso, come fai con la manutenzione? «Quella ordinaria la faccio da me.

A 18 anni ho disputato qualche Rally e ho imparato un po’ a mettere le mani sulla meccanica. Comunque la mia 205 è ancora fresca, quando l’ho comprata aveva 38.000 km». E se hai bisogno di un ricambio? «Spero di non averne bisogno... A parte gli scherzi, le cose più comuni vengono dalla serie Peugeot; per quelle meno comuni, in caso di necessità c’è un francese che sostiene di aver rilevato il magazzino Peugeot dedicato a questo modello. Non so se sia vero, ma pare che nel caso ci si possa rivolgere a lui». Com’è da guidare? «Non bisogna valutarla con il metro di giudizio di oggi, altrimenti si corre il rischio di rimanere delusi.

Le prestazioni assolute sono più o meno quelle di una Lancia Delta Integrale (intende la “Deltona”, ndr) che però è arrivata qualche anno dopo. Il cambio è duro, soprattutto in II e III, e la tenuta di strada è buona però rolla tanto, in più le gomme hanno la spalla molto alta. E tra l’altro costano parecchio, oltre 400 euro l’una. La frenata non è male. Insomma da guidare è impegnativa però ha il sapore dell’auto da corsa, con il motore centrale, è bella da vedere. Ecco, è un’auto bella da possedere e da guardare». Beh con le ragazze aiuterà però, no? «Mah, sai che fa più scena la R5 Maxi? La 205 bisogna conoscerla, tanti a prima vista la scambiano per una semplice vecchia 205...».

LA STORIA

Ci sono modelli che hanno un’importanza particolare nella storia di un Costruttore. Uno di questi è la Peugeot 205, il cui successo a inizio Anni 80 risollevò le sorti della Casa francese. Un ruolo non secondario lo ebbero le vittorie della Peugeot 205 Turbo 16, auto da corsa inserita nella gamma 205. Un’alchimia che funzionò per la tecnica e la strategia, ma anche, forse soprattutto, un fatto umano.

A concepirne l’idea, il percorso e la carriera fu un uomo: Jean Todt, poi in Italia divenuto celebre per le vittorie con la Ferrari, ma rivelatosi grande manager proprio con l’attività sportiva Peugeot degli Anni 80. Jean Todt seppe creare la giusta squadra e il giusto spirito per portare a buon fine l’operazione. Todt non era un tecnico, ma l’organizzazione degli uomini la conosceva bene. Aveva vissuto gli Anni 70 da protagonista del mondo dei Rally. Era stato navigatore di grandi campioni, e si era guadagnato l’apprezzamento di tutto l’ambiente per le sue doti in gara e so- prattutto nella preparazione della stessa, come organizzatore, come conoscitore della psicologia dei piloti e -come dicono i francesi- per le sue capacità di “debrouilleur”, cioè di persona che sa risolvere i problemi, in qualsiasi situazione.

A stimare Todt erano anche gli uomini della stessa Peugeot che si occupavano di attività sportive, tanto che oltre che “navigare” nei rally con vetture del gruppo (vuoi Peugeot 504 in Africa, vuoi Talbot-Lotus nei rally mondiali) Todt fungeva da consulente esterno in materia di sport. Nei suoi fitti rapporti maturati negli ambienti sportivi, Todt aveva potuto spiegare come credesse nella possibilità che la Peugeot diventasse protagonista del campionato mondiale rally, fino alla conquista del titolo iridato. Allestendo un reparto sportivo idoneo e realizzando una vettura adatta, in sintonia attenta alle tendenze del momento. Cioè, una Gruppo B turbo e 4x4. L’idea piaceva, tanto che non mancarono gli intermediari (in parecchi hanno vantato di aver combinato l’incontro) per un colloquio informale tra Todt e Jean Boillot, “patron” della Peugeot. Il meeting avvenne nel giugno del 1981.

Boillot aveva ben altre gatte da pelare, vista la pesante situazione economica in cui si trovava la Casa del Leone. Però l’idea di Todt gli piaceva e, pur senza impegnarsi, chiuse l’incontro dicendo che se ne sarebbe riparlato. La cosa avvenne dopo l’estate, con Boillot ancor più convinto di avere incontrato la persona giusta, tanto che da ingaggiarlo. La comunicazione ufficiale fu diffusa il 19 ottobre, appena finito il rally di Sanremo, che Todt aveva disputato con Guy Frequelin sulla Talbot-Lotus. Partiva così una grande sfida, che Jean Todt ha raccontato nel libro scritto assieme al giornalista Jean- Louis Moncet: “Histoire d’un défi” (“Storia di una sfida”), in cui egli stesso narra il cammino verso il traguardo che aveva presentato come possibile e che perciò doveva raggiungere.

GESTIONE

Al nuovo direttore di Peugeot-Talbot Sport, Boillot chiede un piano dettagliato, con relative previsioni di costi. Todt, che negli anni precedenti assieme alla fama di grande navigatore e organizzatore si è guadagnato anche quella di amante del far poco, con quell’incarico cambia pelle e mentalità: con una metamorfosi radicale diventa il più impegnato dei manager. In breve il progetto è pronto e con esso le richieste da presentare all’azienda.

Un semplice quaderno ancora conservato dallo stesso Todt, raccoglie la… “lista della spesa” in vista della grande avventura: “Cinque disegnatori, tre progettisti, un ingegnere specialista per la carrozzeria e le sospensioni, un ingegnere motorista, quindici meccanici, un’officina di mille metri quadrati nella zona parigina…”. Con lucidità, lungimiranza e senso degli affari, in vista di una riunione a fine settembre 1981, Todt scrive anche le sue richieste gestionali: «Autonomia, budget, programma a breve termine,… attribuzione della direzione delle competizioni, gestione di tutte le attività sportive, … ricerca sponsor… programma dipartimento corse clienti, vendita ricambi…».

Ciò perché nell’ambito di Peugeot c’è una sorta di nebulosa di attività legate allo sport, anche se piuttosto inconcludenti. Per esempio, è stata allestita una Peugeot 305 con motore V6 anteriore e trazione posteriore, nella convinzione che l’impostazione tradizionale sia ancora valida, sottovalutando dunque la novità che l’Audi ha introdotto nei rally con la “quattro” a trazione integrale.

La Peugeot 305 V6 è provata da Timo Makinen sulla pista privata di Belchamps, vicino a Sochaux, e il pilota finlandese -poco amante delle quattro ruote motrici- esprime anche giudizi positivi sulla vettura.

A TUTTO TONDO
La proposta di Todt piace e il progetto è varato. Da quel momento l’alsaziano inizia a essere l’architetto della nuova struttura. Al centro del progetto la vettura con le sue caratteristiche fondamentali e tutt’attorno gli uomini chiave che devono puntare al successo. Tutte figure scelte da Todt sulla base delle sue conoscenze maturate in anni di frequentazione del mondo delle corse. Ma non solo.

Nell’esporre il suo piano, non tralascia neanche aspetti che vanno al di là dell’ambito sportivo. Per esempio, sottolinea come la nuova auto da rally debba essere presentata assieme al modello di serie, anche se l’inizio della attività agonistica avverrà in seguito. Oppure come debba essere ricondotta alla sua direzione tutta l’attività sportiva di Peugeot- Talbot. Ciò per razionalizzare l’insieme dello sforzo della Casa in quella direzione.

Un grande impegno.«Quella fase della mia vita fu movimentata -ha ricordato Todt nel libro- con una sorta di sdoppiamento della personalità. Continuavo a essere il “navigatore” in auto ma la mia testa andava già verso nuovi orizzonti. In uno degli ultimi controlli orari del Rally di Sanremo ‘81 andai a salutare i piloti che mi erano più cari per comunicare loro la novità. Erano Ari Vatanen, Walter Röhrl, Markku Alén, Henri Toivonen, e i loro navigatori». Tutti nomi che un paio d’anni dopo avrebbe ritrovato per discutere della possibilità che andassero a guidare la 205 Turbo 16. Il cambio di prospettiva fu totale e in breve Todt prese a operare a 360 gradi: nella costruzione della struttura indispensabile all’impegno mondiale, e nel creare all’interno della Peugeot la convinzione della validità del progetto: «…feci visita ai principali responsabili della società spiegando il programma e le ambizioni. Tutti mi accolsero bene, anche se qualcuno magari era scettico e dubitava della riuscita del programma… » ha ricordato Todt.

Tutto ciò mentre i tecnici della Peugeot lavoravano alla realizzazione della vettura, con la certezza delle quattro ruote motrici e qualche iniziale discussione sul motore: il V6 2.5 PRV (Peugeot-Renault-Volvo) o il 4 cilindri XU Peugeot 1.8 turbocompresso? Alla fine fu la seconda ipotesi a prevalere, con la cilindrata di 1.775 cc che in base ai coefficienti del regolamento internazionale da poco adottato equivaleva a 2,5 litri “aspirati”. E ovviamente non mancavano i problemi che si verificano dappertutto quando ci sono dei grandi cambiamenti. Tutto ciò che era sport prima dell’ottobre 1981 veniva messo in discussione e la cosa non poteva non suscitare malumori. Todt affrontò questo aspetto mantenendo fermo l’obiettivo ma sempre con la convinzione che si dovessero sfruttare tutte le energie potenzialmente utili.

ATELIER

Per esempio con Jean-Claude Vaucard, ingegnere responsabile del telaio, sospensioni e sterzo: «Avevo conosciuto Jean-Claude -ha ricordato Todt- quando era al centro studi della Talbot. Era una figura curiosa, perché oltre che ingegnere era anche un buon pilota, aveva vinto con la sua Talbot Lotus il campionato di Francia 2ª divisione! Quando però l’incontrai nella prospettiva di un suo impiego nella nuova struttura ci scontrammo per il modo in cui manifestò disappunto per il fatto che, secondo lui, il personale Talbot era stato messo da parte. Il colloquio finì subito. Poi dopo un po’ di tempo lo affrontai dicendogli chiaramente che se aveva qualcosa da dimostrare poteva entrare nella nuova squadra e darsi da fare. Ma a una condizione: doveva smettere di correre. Dopo una breve riflessione accettò e a dicembre entrò nell’équipe».

Mentre proseguiva la realizzazione della vettura c’era bisogno di sistemare l’atelier dove la 205 Turbo 16 avrebbe dovuto poi essere gestita e curata e ai meccanici ingaggiati fu chiesto anche di darsi da fare in questo lavoro, con inevitabili musi lunghi. Todt ricorda che stemperava la situazione con parole semplici: «Prima di portare i mobili, bisogna costruire la casa. Per adesso costruiamo la casa…». Quando la vettura era ormai nella fase di sviluppo, con gli inevitabili problemi di gioventù, Todt comprese che doveva potenziare ulteriormente lo staff tecnico, ai massimi livelli. Il responsabile tecnico, l’irlandese Des O’Dell (proveniente dalla Talbot Sport), era in difficoltà personali per la morte della moglie e aveva chiesto di poter lasciare l’avventura. Inoltre il settore motori aveva bisogno di un potenziamento.

I due nomi individuati per la bisogna furono André De Cortanze (ex Alpine e Renault, padre della A440 da cui derivò la A442 vincitrice della 24 Ore di Le Mans del 1978) e in Pierre Boudy, anche lui uomo Renault. L’équipe s’irrobustiva ma era evidente il problema dell’inserimento dei due nuovi tecnici nella struttura esistente, che lavorava con determinazione in armonia: «D’un tratto Peugeot-Talbot Sport aveva il potenziale che avevo auspicato -racconta Todt-. Ma mi rimaneva di presentare le mie scelte alla squadra esistente: ho sempre voluto preservare l’aspetto umano e mantenere un buon clima tra tutti, tenendo in gran conto la sensibilità di ognuno. Mi hanno spesso detto che il mio compito, alla testa di uno staff di gente molto competente, era molto facile. Ma in quei giorni non lo fu per niente. A ogni costo volevo proteggere l’atmosfera che era regna fino ad allora e che ritengo indispensabile per la riuscita di un progetto. Dovevo gestire delle persone che mi piacevano molto, questo semplicemente per rispetto della persona. E ci sono riuscito. L’équipe Peugeot-Talbot Sport era diventata una realtà armoniosa».

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