Il motore è il classico V8 Chevrolet di 5,7 litri, con limitatore del regime spostato a 6.000 giri/min invece dei 7.500 che potrebbe raggiungere, per una potenza massima che si aggira sui 400 Cv e una coppia di 55 Kgm. La meccanica del motore è praticamente di serie. Le uniche differenze riguardano l’impianto di scarico, di tipo 4-2-1 per bancata, e un’apposita coppa dell’olio per evitare problemi di centrifugazione del lubrificante, mentre il team può intervenire sostituendo le candele e modificando la carburazione. Il motore è stato volutamente calmierato a favore dell’affidabilità, assicurando così la percorrenza di tutti i sei weekend di gara, e alcuni test, prima della revisione. Il cambio è un G-Force a quattro rapporti a innesti frontali e denti dritti, con comando ad H e frizione a triplo disco. Il robusto differenziale Ford è dotato di autobloccante meccanico di tipo “Detroit Locker”, che in “tiro” frena al 100% garantendo un’ottima trazione ma anche “obbligando” il pilota ad effettuare la manovra di punta tacco, con una generosa accelerata, per evitare innesti di bloccaggio dell’asse posteriore nel momento di inserimento del rapporto inferiore.
BILSTEIN
Sempre per limitare i costi e mettere tutti sullo stesso piano anche per quanto riguarda l’assetto ci sono alcuni vincoli: gli ammortizzatori Bilstein (sigillati) hanno l’idraulica interna fissa, così come il carico delle molle, mentre sono regolabili esternamente in estensione e compressione. Le barre antirollio anteriori sono di due carichi differenti, per condizioni da asciutto e bagnato, con l’ulteriore possibilità di scollegarla completamente in caso di pioggia. All’anteriore si può intervenire sui valori di convergenza, incidenza e camber, tramite degli spessori nella zona di attacco del triangolo superiore.
Al posteriore dove c’è un assale rigido con barra antirollio a parallelogramma di Watt, non vi sono regolazioni di camber e convergenza. Quindi, per variare le reazioni del retrotreno si lavora, oltre che sulle altezze, spostando una barra longitudinale su differenti posizioni variando così il punto di leva che si crea sul ponte posteriore, allontanandolo o avvicinandolo al baricentro della vettura.
PNEUMATICI
Nel primo caso si ottiene una vettura più reattiva e scorrevole al posteriore, tipicamente da asfalto asciutto, nel secondo una maggiore trazione, condizione ideale su asfalto bagnato. Infine, per rifinire l’assetto si opera sulle altezze tra asse anteriore e posteriore, per variare la distribuzione dei pesi, e sulle pressioni degli pneumatici. Valori a cui la macchina è molto sensibile, dato che gli pneumatici Michelin da 15” oltre a una mescola piuttosto dura (slick S9B) hanno una spalla molto alta. Peraltro, nella regolazione dell’assetto e della pressione in chiave gara non si possono azzardare soluzioni troppo aggressive, come in qualifica, pena il rischio concreto di mandare in crisi gli pneumatici che sono solo quattro a vettura per l’intero weekend. I freni, soprattutto su alcuni tracciati, rappresentano un punto critico sulle Nascar Whelen Euro Series, perchè i cerchi da 15”, storica dimensione Nascar, non consentono di andare oltre il diametro di 330 mm per i dischi, accoppiati a pinze monoblocco Brembo a quattro pistoncini.
A completare l’impianto, le classiche doppie pompe Racing e il ripartitore di frenata sui due assi. Il “macchinone” ci attende nel box acquattato sui gommoni da 15”. La prima prova da superare è l’accesso nell’abitacolo, dal finestrino! Perchè nelle Nascar non ci sono portiere e la carrozzeria è in un pezzo unico. Manovra difficile? In realtà no: basta superare la linea di cintura con la gamba destra appoggiando il piede sul brancardo, mettersi a cavalcioni della carrozzeria, scavallare anche la gamba sinistra e lasciarsi scivolare nel sedile, agevolati dall’assenza del volante estraibile.