08 November 2012

Lancia Fulvia Sport Zagato

La Fulvia sportiva in versione Zagato mostra evidente la “firma” stilistica dello storico designer della Carrozzeria milanese: una nuova interpretazione della coda tronca e un gioco di spigoli...

Intro

La Lancia Fulvia Sport è il modello che ha permesso alla carrozzeria Zagato, alla fine degli anni 60, di passare da una dimensione prettamente artigianale a volumi di produzione semi industriali che sarebbero stati semplicemente insostenibili in precedenza. E’ vero che un’altra Lancia di Zagato, l’Appia Sport nelle sue varie edizioni, era già in precedenza entrata a far parte stabile del listino della Casa di Chivasso (e per la Zagato si era trattato del vero e proprio debutto tra i piccoli costruttori automobilistici italiani); ma fino all’avvento della Fulvia Sport in casa Zagato si era sempre lavorato a mano, “battendo” artigianalmente i pannelli d’alluminio delle proprie vetture, con produzioni numericamente limitate.

Con la Fulvia Sport, per la prima volta, si presentava una commessa più consistente, e questa previsione fece pendere la bilancia verso lo stampaggio dei lamierati. Date queste premesse, la Fulvia Sport potrebbe quindi apparire come un modello rimasto sostanzialmente immutato per tutta la durata della sua produzione: in realtà, tutta la produzione verrà comunque assemblata artigianalmente e per questo ogni esemplare evidenzierà differenze di dettaglio tali da renderlo unico e riconoscibile a un occhio attento. Come era già avvenuto con Appia, Flaminia e Flavia, quella nuova Sport aveva il compito di completare la gamma Fulvia affiancando la Coupé: le sue carte vincenti dovevano essere la leggerezza e la penetrazione aerodinamica. Sulla base di queste indicazioni, nel corso del 1964 Ercole Spada, allora responsabile del design in Zagato, approntò tre differenti proposte di stile, che agli inizi del 1965 sottopose assieme a Elio Zagato all’ingegnere Carlo Pesenti, titolare della Lancia, al quale spettava la scelta finale.

Tra le linee guida che avevano ispirato il lavoro di Spada figurava la ricerca di un design che esaltasse l’aerodinamica sottolineando la meccanica “tutto avanti”: un risultato ottenuto conferendo alla porzione anteriore il maggiore volume, ulteriormente sottolineato dal rigonfiamento sul cofano che al centro si modifica per formare la presa d’aria dell’abitacolo, e disegnando uno spigolo a diedro che corre tutto attorno alla vettura alleggerendone visivamente l’aspetto. Ma lo stilema più forte della

Design

Sarà invece l’ anteriore a subire una serie di ripensamenti. Dopo che l’ingegner Pesenti, all’inizio del 1965, aveva fatto la sua scelta di stile tra i figurini di Spada, il primo prototipo vide la luce nella primavera dello stesso anno. In questo primo esemplare balzano subito all’occhio il diverso giro porta e la differente unione tra i lamierati dei parafanghi e i longheroni sottoporta; il frontale è più sottile e profilato, con pinne anteriori meno pronunciate, mentre anche gli archi passaruota sono differenti. Entro il successivo mese di ottobre vennero realizzati altri 3-4 prototipi sui quali furono introdotti piccoli aggiustamenti per semplificare la costruzione e per rispettare le tolleranze degli ingombri della meccanica concordate con la Lancia: da qui il leggero rigonfiamento di tutto il frontale, un nuovo e definitivo profilo del giro porta e l’unione con i longheroni sottoporta non più a filo di carrozzeria.

Con questo secondo step evolutivo la Fulvia Sport si avvicina alla sua forma definitiva. Gli esemplari ritratti in alcune immagini ufficiali della Casa (ancora ottenuti per battitura manuale di pannelli d’alluminio su sottili tralicci di acciaio) sono in pratica un mix tra il primo prototipo e le successive vetture definitive: questi prototipi mantengono il frontale, privo delle tre prese d’aria sotto la mascherina, che lascia in vista tutta la porzione anteriore del telaio ausiliario con relativi silent block sporgenti. I parafanghi anteriori ora evidenziano pinne leggermente enfatizzate che digradano verso l’abitacolo per raccordarsi in maniera differente rispetto alla serie con la base del parabrezza.

Anche il cofano motore, la mascherina e le cornici dei proiettori sono specifici; altre differenze rispetto alla produzione di serie si ritrovano nelle portiere più piccole, nel disegno dei parafanghi, nelle nervature dei lamierati. Il profilo del padiglione risulta più basso di circa due centimetri nella zona della traversa che forma il roll-bar centrale dietro alla testa del guidatore: ciò comporta un differente disegno per le portiere, meno arcuate. Questi primi esemplari, che non avevano ancora raggiunto l’omologazione, vennero consegnati alla Lancia per un intenso programma di test. Nell’autunno del 1965, in vista della presentazione ufficiale al Salone di Torino di novembre, vengono realizzati (ancora a mano) ulteriori esemplari quasi definitivi: su alcuni di questi fanno il loro debutto le tre bocche di raffreddamento sotto la mascherina, mentre rimangono le cornici dei proiettori pensate per incorporare le carenature dei fari in plexiglas (raffigurate nei primi cataloghi ricambi Lancia Fulvia), originariamente previste per la produzione di serie ma successivamente abbandonate per difficoltà di omologazione (a quel punto Zagato ridisegnerà, semplificandole, le cornici dei fari, che diverranno in un pezzo unico seppur predi-sposte per il montaggio successivo dei plexiglas su richiesta del cliente).

Altri segni distintivi di questi esemplari preserie sono i fanalini posteriori incassati, l’assenza della scritta identificativa posteriore e il padiglione originario leggermente più basso. Internamente le differenze sono più avvertibili: il primo esemplare adottava un volante a tre razze di derivazione Flavia, mentre tutte le vetture prototipo avevano lo specchietto retrovisore fissato sulla parte superiore del parabrezza, pannelli interni delle portiere specifici per le differenti dimensioni dei lamierati e listelli in alluminio lucidato di differente fattura. Anche i sedili sono molto più esili e sottili. Per il passaggio tra questi primi esemplari prototipo, carrozzati a mano, e la produzione in serie non esiste un termine preciso: al contrario, esiste una serie di vetture a cavallo tra le due fasi nelle quali si ritrovano sia pannelli battuti a mano sia elementi stampati, esemplari con vetrature e padiglione più bassi, parafanghi differenti, portiere più corte.

Materiale

Per i primi esemplari di serie bisognerà aspettare il 1966, quando il modello verrà omologato e la produzione prenderà il via utilizzando per la prima volta il peralluman, lega che a differenza del duralluminio permette lo stampaggio dei lamierati. Con la produzione vengono ritoccate molte quote di mensionali dei lamierati e quindi anche delle parti vetrate, sopratutto per offrire qualche millimetro di spazio in più sopra la testa del guidatore: allo scopo di aumentare la penetrazione aerodinamica Ercole Spada aveva infatti ridotto la sezione frontale abbassando al massimo il padiglione e conseguentemente il piano di seduta, senza però la possibilità di variare alcunché del piantone dello sterzo. Rispetto alla Fulvia Coupé la posizione di guida risulterà ovviamente più infossata, con il volante proporzionalmente più alto: una soluzione questa che, se da un lato peggiora la visibilità e la guida cittadina, ha fatto e fa la felicità dei clienti più sportivi per le sensazioni di auto da corsa che trasmette.

1966: 202 ESEMPLARI COSTRUITI NEL PRIMO ANNO DI PRODUZIONE

La nuova vettura offre prestazioni di tutto rispetto: oltre 170 km/h raggiungibili nonostante il piccolo 1.216 cc e 1 litro in meno di carburante su 100 km di consumo medio rispetto alla Fulvia Coupé. La Fulvia Sport fa il suo debutto sul mercato nell’estate 1966. Inizialmente le vendite, complice anche il prezzo di 1.890.000 lire (molto superiore a quello delle Fulvia Coupé), si mantengono su valori in linea con i consueti numeri produttivi di Zagato degli anni precedenti: così la produzione viene inizialmente impostata su procedimenti ancora molto artigianali, quali la certosina rivettatura dei pannelli di peralluman al sottoscocca. Molto presto però la crescita degli ordinativi metterà in crisi questo sistema di realizzazione e si dovrà a pensare a nuove forme di produzione più industriali e veloci.La produzione della versione capostipite della Fulvia Sport con motorizzazione 1200 nell’arco di circa un anno raggiungerà i 202 esemplari.

Nella primavera del 1967 la Lancia introduce al Salone di Ginevra il primo degli step evolutivi a cui verrà sottoposta la meccanica Fulvia, presentando la nuova coupé Rallye 1300: subito dopo, la nuova motorizzazione verrà trasferita anche alla Sport. Nasce così la nuova Sport 1,3 (siglata 818.332), che si distingue dalla precedente, oltre che per le scritte identificative, anche per la nuova presa d’aria del cofano motore. E’ singolare che, pur trattandosi di una nuova versione, la numerazione dei telai non ripartirà ex novo ma continuerà come se si trattasse di un’unica serie costruttiva: quindi la Sport n° 202, l’ultima Sport 1,2 costruita, appartiene alla serie 818.132, mentre la n° 203, la prima con la nuova motorizzazione 1300, appartiene invece alla serie 818.332. Solo in futuro per tutte le successive versioni si azzererà sempre la numerazione. La nuova motorizzazione garantisce alla Sport 1,3 un bel miglioramento prestazionale, portando la velocità massima a oltre 175 km/h. E’ proprio con questa versione che le vendite decollano, tanto da mettere in crisi la capacità produttiva della Zagato: se nel 1966 le Fulvia Sport vendute sono 126, con il 1967 la cifra sale a 640 e nel 1968 si attesterà sulle 922 unità. Questa escalation farà propendere per il passaggio definitivo ai lamierati d’acciaio direttamente saldati alla scocca in luogo del laborioso e delicato peralluman rivettato: verranno tuttavia prodotte ancora 709 Sport 1300 con la “pelle” in peralluman prima di girare pagina e inaugurare il nuovo metodo costruttivo.

All’interno di questo lotto di Sport 1,3 ancora realizzate in peralluman si inseriscono anche tutti gli esemplari della serie Competizione, l’ultimo dei quali (telaio 001911) è la Sport Competizione del Reparto Corse Lancia che trionferà nella propria classe alla 24 Ore di Daytona del 1969. Con la Fulvia Sport 1,3 (818.332) telaio n. 001912 fa il suo debutto la nuova carrozzeria realizzata con pannelli in lamiera d’acciaio; a vettura ultimata l’incremento di peso non andrà oltre i 25 kg circa anche perché portiere e cofano motore continueranno a essere realizzati in peralluman, per non gravare troppo sulle cerniere degli sportelli. Le prestazioni ne risentiranno quindi solo marginalmente. Grazie al passaggio al nuovo materiale aumentano piuttosto la precisione di assemblaggio e la qualità di finitura delle vetture. Sommando le due “famiglie” di Sport 1,3 (818.332) si arriva a una produzione totale di ben 1.601 esemplari, una cifra elevata per la piccola factory di Terrazzano di Rho (MI).

Sport

Nel novembre del 1968, in occasione del Salone di Torino, seguendo parallelamente l’evoluzione motoristica della Fulvia Coupé, debutta anche la Sport 1,3S (818.362) dotata del 4V potenziato di circa 5 Cv rispetto alla versione precedente ottenuti tramite un più elevato rapporto di compressione, un nuovo diagramma di distribuzione delle valvole e nuovi carburatori Solex. Altre novità di rilievo sono l’aggiunta di un radiatore dell’olio e, a richiesta, del servofreno. Esternamente le uniche differenze visibili sono una sigla S in aggiunta alla precedente scritta identificativa e nuove coppe ruota. Sotto la pelle le differenze sono però maggiori, visto che a cambiare è la conformazione dei lamierati del sottoscocca: la numerazione dei telai riparte da capo e, dal telaio 001555, viene modificato l’alloggiamento dei proiettori anteriori in seguito all’adozione di nuovi fari Cibié.

La produzione in serie della vettura non significò per Zagato la fine delle tradizioni di artigianalità: fosse per non rischiare di sprecare componenti già acquistati e realizzati o per esaudire le non infrequenti richieste speciali che arrivavano alla Carrozzeria, anche della Fulvia Sport la Zagato non mancò di allestire esemplari con dotazioni speciali o con varianti formali. Alcune Sport, sulla carta del tutto standard, sono in realtà risultanti da mix di assemblaggio; oggi si conoscono vetture appartenenti alla serie 818.332 (1,3) ma anche 818.362 (1,3S)che si rivelano essere però delle 1200, a volte addirittura con alcune porzioni della carrozzeria battute a mano. In fondo, il bello delle Zagato è anche in questo: il fascino di una storia tutt’altro che lineare e prevedibile…

1970: CON LA SECONDA SERIE ARRIVA IL CAMBIO A 5 MARCE

Mentre la seconda serie della Fulvia berlina vide la luce nel novembre del 1969, nel momento in cui la Lancia veniva rilevata dalla Fiat, la Fulvia Sport seconda serie (sigla 818.650) sarebbe stata presentata un anno dopo, in occasione del Salone di Torino. Meccanicamente le modifiche erano sostanziali: la più evidente era il debutto di un nuovo cambio a cinque marce con la prima in basso a sinistra, ma anche il passaggio all’alternatore in luogo della dinamo, un impianto freni Superduplex con servoassistenza e correttore di frenata sulle ruote posteriori assieme a parecchie altre modifiche minori, tra le quali la soppressione del radiatore dell’olio. Esternamente venivano adottati (come sulle Coupé della nuova serie) cerchi ruota da 14” di nuovo disegno, fissati non più sulle colonnine filettate ma con bulloni direttamente sui mozzi.

Balzava all’occhio poi il fatto che, per ottemperare alle nuove normative circa l’altezza dei fari in vigore in alcuni Paesi, la Sport seconda serie era più alta di ben 9 centimetri (come anche del resto la Coupé): questa inestetica necessità tecnica veniva in qualche modo dissimulata dal maggior diametro delle ruote, specie sulle Sport dotate dei cerchi in lega maggiorati. Anche questa volta, però, la “ricetta Zagato” interveniva spesso a posteriori sulle necessità di omologazione, per le quali il modello doveva presentare sulla carta determinati valori di altezza ma poi, nei fatti, le vetture di produzione si discostavano molto spesso da questi valori. Esternamente altre modifiche riguardavano l’adozione di una prima versione di proiettori Cibié a doppia parabola (nella parte superiore del fanale), di nuove luci di posizione anteriori (di provenienza Renault 16) e di un nuovo specchio retrovisivo esterno spostato dal parafango alla portiera perché nel frattempo la nuova normativa richiedeva la possibilità di regolare lo specchietto direttamente dal posto guida.

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