C’e’ una grande bugia che ogni pilota racconta sempre a se stesso: la morte è qualcosa che capita solo agli altri. Inizia così uno dei trailer dell’avvincente film Rush, l’ultima fatica di Ron Howard. Ma come andò davvero il campionato del 1976? Certo, l’incidente di Lauda ha fatto storia, lasciando sullo sfondo il contorno: episodi controversi dentro e fuori le piste, la posizione di Niki a Maranello, gli eccessi di Hunt. Soprattutto, la complessa psicologia dei rivali: freddo uno, emozionale l’altro, ma solo in apparenza.
Un’annata memorabile, tanto drammatica e ricca di tensione da essere adatta a reggere la sceneggiatura di un film di Hollywood. A quasi 40 anni il 1976 della F1 è ricordato ancora, soprattutto, per l’incidente di Lauda, che, senza l’intervento di quattro coraggiosi colleghi, sarebbe morto nel rogo della sua Ferrari. Ma dietro quello e molti altri episodi e colpi di scena ci fu soprattutto un confronto fra due uomini, due piloti, molto diversi da quanto le cronache dell’epoca , e i loro stessi atteggiamenti, volessero far capire. Due uomini contraddittori, simili proprio in ciò che pare dividerli, e viceversa. Una storia, la loro, che a rileggerla oggi sembra mossa da un Grande Burattinaio. Lauda ha sempre avuto parole di elogio per Hunt, sia come pilota sia come uomo.
Autunno 1975: mentre a Maranello si festeggia l’iride conquistato da Niki Lauda, dopo 11 anni di digiuno, a Colnbrook, quartier generale della McLaren, approda l’inglese James Hunt, chiamato da Teddy Mayer a sostituire Emerson Fittipaldi che ha scelto i lidi brasiliani della Copersucar. Se Lauda nel ’76 punterà al bis iridato con la Ferrari 312 T2, per Hunt la McLaren M23 è l’occasione di confermare quanto di buono ha mostrato con la Hesketh. L’avvio del campionato ’76 è a favore di Lauda, che nelle prime nove gare ottiene cinque vittorie, due secondi posti e un terzo. Il campionato sembra già chiuso. Invece… Il 19 aprile, alla guida di un trattore nella tenuta di casa, Niki si ribalta. Se la cava con la frattura di due costole, ma il 2 maggio si corre il GP di Spagna e il tempo per guarire non è sufficiente. Lauda non intende rinunciare alla corsa e ricorre a dosi massicce di antidolorifici che gli permettono di infilarsi nell’abitacolo e di qualificarsi in prima fila.
Al traguardo è secondo dietro Hunt, poi inizia un balletto di squalifiche ricorsi e controricorsi che alla fine danno la vittoria a… James Hunt! È successo che nel pacchetto di novità regolamentari introdotte dalla Federazione, ci sono nuove misure per la larghezza degli alettoni e quello della M23, in verifica, supera di due centimetri il limite massimo consentito. Hunt è squalificato, ma la McLaren ricorre al Tribunale d’Appello Internazionale dell’Automobile a Parigi, dove i giudici decidono che quei 2 cm sono ininfluenti. L’episodio del trattore in compenso crea della turbolenza a Maranello, dove Luca di Montezemolo, che stimava Lauda, ha lasciato il posto a Audetto, che preferisce Regazzoni. Tra Lauda e Audetto i rapporti si fanno difficili: a Zolder il d.s. Ferrari dice a Lauda di restare dietro in caso Clay vada al comando al via, ma il pilota gli risponde che si regolerà come meglio crede.