06 October 2013

James Hunt e Niki Lauda, il ghiaccio e il fuoco

"C’e’ una grande bugia che ogni pilota racconta sempre a se stesso: la morte è qualcosa che capita solo agli altri." Inizia così uno dei trailer dell’avvincente film Rush, l’ultima fatica di Ron Howard. Ma come andò davvero il campionato del 1976?....

GLI INIZI

C’e’ una grande bugia che ogni pilota racconta sempre a se stesso: la morte è qualcosa che capita solo agli altri. Inizia così uno dei trailer dell’avvincente film Rush, l’ultima fatica di Ron Howard. Ma come andò davvero il campionato del 1976? Certo, l’incidente di Lauda ha fatto storia, lasciando sullo sfondo il contorno: episodi controversi dentro e fuori le piste, la posizione di Niki a Maranello, gli eccessi di Hunt. Soprattutto, la complessa psicologia dei rivali: freddo uno, emozionale l’altro, ma solo in apparenza.

Un’annata memorabile, tanto drammatica e ricca di tensione da essere adatta a reggere la sceneggiatura di un film di Hollywood. A quasi 40 anni il 1976 della F1 è ricordato ancora, soprattutto, per l’incidente di Lauda, che, senza l’intervento di quattro coraggiosi colleghi, sarebbe morto nel rogo della sua Ferrari. Ma dietro quello e molti altri episodi e colpi di scena ci fu soprattutto un confronto fra due uomini, due piloti, molto diversi da quanto le cronache dell’epoca , e i loro stessi atteggiamenti, volessero far capire. Due uomini contraddittori, simili proprio in ciò che pare dividerli, e viceversa. Una storia, la loro, che a rileggerla oggi sembra mossa da un Grande Burattinaio. Lauda ha sempre avuto parole di elogio per Hunt, sia come pilota sia come uomo.

Autunno 1975: mentre a Maranello si festeggia l’iride conquistato da Niki Lauda, dopo 11 anni di digiuno, a Colnbrook, quartier generale della McLaren, approda l’inglese James Hunt, chiamato da Teddy Mayer a sostituire Emerson Fittipaldi che ha scelto i lidi brasiliani della Copersucar. Se Lauda nel ’76 punterà al bis iridato con la Ferrari 312 T2, per Hunt la McLaren M23 è l’occasione di confermare quanto di buono ha mostrato con la Hesketh. L’avvio del campionato ’76 è a favore di Lauda, che nelle prime nove gare ottiene cinque vittorie, due secondi posti e un terzo. Il campionato sembra già chiuso. Invece… Il 19 aprile, alla guida di un trattore nella tenuta di casa, Niki si ribalta. Se la cava con la frattura di due costole, ma il 2 maggio si corre il GP di Spagna e il tempo per guarire non è sufficiente. Lauda non intende rinunciare alla corsa e ricorre a dosi massicce di antidolorifici che gli permettono di infilarsi nell’abitacolo e di qualificarsi in prima fila.

Al traguardo è secondo dietro Hunt, poi inizia un balletto di squalifiche ricorsi e controricorsi che alla fine danno la vittoria a… James Hunt! È successo che nel pacchetto di novità regolamentari introdotte dalla Federazione, ci sono nuove misure per la larghezza degli alettoni e quello della M23, in verifica, supera di due centimetri il limite massimo consentito. Hunt è squalificato, ma la McLaren ricorre al Tribunale d’Appello Internazionale dell’Automobile a Parigi, dove i giudici decidono che quei 2 cm sono ininfluenti. L’episodio del trattore in compenso crea della turbolenza a Maranello, dove Luca di Montezemolo, che stimava Lauda, ha lasciato il posto a Audetto, che preferisce Regazzoni. Tra Lauda e Audetto i rapporti si fanno difficili: a Zolder il d.s. Ferrari dice a Lauda di restare dietro in caso Clay vada al comando al via, ma il pilota gli risponde che si regolerà come meglio crede.

FUOCO

Si arriva così al GP di Germania del 1° agosto. Lauda al Nurburgring guida la classifica con 61 punti, Hunt è secondo con 26. Se anche Hunt vincesse tutte le sette gare restanti, al pilota della Ferrari basterebbe arrivare sempre terzo e una volta secondo per vincere il titolo. Ma l’inglese, dietro le apparenze, cela una grinta fuori dal comune. In qualifica la lotta è serrata: Hunt conquista la pole con soli 0,9” di vantaggio su Lauda, sui 22,835 km dell’Inferno verde. Gli altri sono staccati di oltre 2,5”. Ai piloti il ‘Ring piace, a Lauda soprattutto, ma tutti lo ritengono troppo pericoloso, anche per lunghezza che impedisce di organizzare soccorsi tempestivi.

Al terzo dei 14 giri in programma, all’uscita del Bergwerk, una curva a sinistra, c’è una chiazza d’umidità sull’asfalto: la Ferrari 312 T2 sbanda, Niki corregge ma poi la monoposto scarta all’improvviso e va in testacoda con la fiancata sinistra contro le reti di protezione e poi la viva roccia. Il serbatoio si squarcia, la macchina nell’urto rimbalza per fermarsi al centro della pista avvolta dalle fiamme, Lauda ha perso il casco. Sopraggiungono la Surtees di Brett Lunger che urta la Ferrari, le Hesketh di Herald Ertl e Guy Edwards infine Arturo Merzario che è decisivo nello strappare Lauda alla morte.

La corsa è sospesa poi riparte e vince proprio Hunt, mentre il rivale lotta tra la vita e la morte. Dopo aver ricevuto l’estrema unzione, Lauda si riprende ma deve subito ricominciare a correre. O, almeno, così gli dice la testa: teme che in squadra il suo ruolo sia ridimensionato, sa che Audetto preferisce Regazzoni e che la Ferrari vuole il titolo Costruttori e per questo cercherà un sostituto. In breve, fa di tutto per rientrare al più presto. A Ferragosto c’è il GP d’Austria, a cui la Ferrari non partecipa perché non vi è certezza della causa dell’incidente. A Zeltweg la sorte aiuta Niki perché vince Watson mentre Hunt è quarto. In Olanda il Cavallino schiera il solo Regazzoni, che arriva secondo in volata dietro Hunt, con una polemica perché Clay accusa Jones di averlo ostacolato. Nel frattempo la Ferrari ha scelto chi dovrà affiancare Regazzoni al GP d’Italia del 12 settembre: è l’argentino Carlos Reutemann. A Monza, però, a soli trentotto giorni dall’incidente, Lauda rientra.

Le ustioni mal rimarginate sanguinano a contatto con il sottocasco, ma Niki risponde che i medici gli hanno assicurato una guarigione rapida e quindi non vede il motivo di tanta meraviglia. La realtà è che vuole difendere la propria leadership in squadra. Forghieri tenta di fermarlo assicurandogli che non ci sono problemi, ma il sospetto è più forte e Niki, pur soffrendo, vuole correre a tutti i costi. E ha ragione, perché si qualifica con il quinto tempo, primo dei tre ferraristi, e in gara è quarto mentre Hunt esce di pista. I ferraristi, che fino a quel momento gli preferivano Regazzoni, sono tutti dalla sua parte. Ma forse, con più tempo per recuperare, avrebbe ottenuto più punti in Canada e Stati Uniti, gare vinte entrambe da Hunt.

GIAPPONE

Il mondiale si chiude in Giappone, dove si corre per la prima volta un GP. Hunt è perplesso. Al Fuji il meteo è pessimo, la pista è inondata d’acqua e sporca, il circuito pericoloso. I piloti si accordano per partire, fare un giro e rientrare. Termina il primo giro e rientra solo Larry Perkins. Lauda lo imita al secondo giro, Carlos Pace al settimo, Emerson Fittipaldi al nono. Gli altri continuano, un po’ per le pressioni ricevute, un po’ perché tra loro non vi è unità d’intenti: Tom Pryce aveva affermato che i migliori piloti al mondo, come sono ritenuti quelli della F1, devono guidare in qualsiasi condizione.

L’abbandono di Lauda è un episodio destinato a rimanere avvolto dal dubbio. Lo stesso Niki non ritorna volentieri sul ricordo di quei giorni, pur sostenendo che fece la scelta giusta. Forse la paura ebbe il sopravvento, ma questo contrasta con altri episodi dove Lauda dimostrò un grande coraggio. Lo stesso Regazzoni la esclude: afferma che se si ha paura si va piano, non ci si ritira. L’ultimo capitolo è drammatico come il resto della stagione, perché il ritiro di Lauda non è sufficiente per Hunt: la pioggia cessa e la pista si asciuga. I piloti cambiano le gomme e dopo la sosta l’inglese deve tornare ai box per una foratura. Mancano cinque giri e la McLaren numero 11 è soltanto quinta dietro Andretti, Regazzoni, Jones, Depailler. Lauda è campione del mondo, ma proprio il suo ritiro gli costa il titolo.

Regazzoni non ha più comunicazioni dai box perché Forghieri sta accompagnando Lauda all’aeroporto. Il ticinese deve tornare ai box con le gomme finite, quando non può più rimontare: ne esce quinto. Jones a due giri dal termine lascia il terzo posto a Hunt, che con i quattro punti va in testa alla classifica e quando taglia il traguardo non capisce di essere il nuovo Campione del mondo perché pensa di essere arrivato quinto e se la prende con Teddy Mayer, colpevole, a suo dire, di non avergli dato le segnalazioni corrette. La vittoria nella classifica Costruttori non serve a sollevare gli animi in casa Ferrari. Regazzoni fa notare che i piloti inglesi si sono fatti da parte per facilitare la rimonta di Hunt (Jones in testa), mentre con lui hanno ingaggiato lotte furibonde. Mauro Forghieri suggerisce a Lauda di indicare un guasto come causa del ritiro, ma Niki rifiuta. I giornali scriveranno che Lauda ha avuto "il coraggio della paura".

LE SFIDE

Sembrano così diversi, Lauda e Hunt, a cominciare dalla struttura corporea. L’inglese è alto 1,90 metri e atletico (e questo lo ostacola nei primi GP perché la sua McLaren è piccola per lui), l’austriaco più piccolo e gracile, ma si è imposto regole ferree per migliorare la forma fisica. Si fa seguire da un preparatore atletico, prima da Gunther Traub, poi da Willi Dungl con cui instaura un rapporto quasi fraterno. Ha potenziato la muscolatura e corre a piedi anche 20 km al giorno per migliorare la resistenza allo sforzo e l’ossigenazione dei tessuti. Lo chiamano “il computer” per la dedizione che mette nel lavoro: è preciso e pretende precisione e professionalità. In corsa è in effetti un freddo calcolatore.

Ma nella vita, al contrario: molte sue decisioni sono dettate dall’impulsività o dalla reazione emotiva e non ha peli sulla lingua. Hunt invece è noto per la vita brillante, donne, alcol e sigarette, eccessi che a volte lo portano a correre in condizioni fisiche non ideali. Eppure è velocissimo. È socievole con tutti ai box, ma vive le corse con grande stress emotivo, che si manifesta a volte in pista, per esempio a Long Beach: al terzo giro si ritira a seguito di una collisione con Depailler, torna ai box e lì attende per tutta la corsa di affrontare il francese. Al GP d’Inghilterra a Brands Hatch, si vive un altro giorno drammatico.

Lauda parte dalla pole, ma Regazzoni lo affianca alla prima staccata, i due si toccano e Hunt vola con la propria monoposto sopra quella dello svizzero seguito da Laffite. Bandiera rossa, e ripartenza da cui dapprima i commissari escludono sia Hunt sia Regazzoni, l’inglese per non aver ultimato il primo giro, Regazzoni perché con il “muletto”. Ma il pubblico non ammette l’assenza dell’idolo di casa e il direttore di gara è costretto a cedere alle proteste. Hunt si schiera e vince davanti a Lauda e a Scheckter, Regazzoni è squalificato e la Ferrari presenta reclamo contro Hunt e la McLaren. Dopo un’altra lunga querelle in tribunale, il tribunale d’appello FIA assegna la vittoria a Lauda.

LE MONOPOSTO

Le monoposto
FERRARI 312 T2
Motore: Ferrari a 12 cilindri a V di 180° Cilindrata (cc): 2992
Potenza: 500 CV a 12.200 giri Distribuzione: due alberi a camme
in testa per bancata, 4 valvole per cilindro Alimentazione: iniezione
indiretta Lubrificazione: a carter secco Cambio: Ferrari a 5 rapporti
+ RM Telaio: monoscocca Sospensioni: ant. e post. a ruote
indipendenti con quadrilateri deformabili, molle elicoidali, barra antirollio,
ammortizzatori telescopici Freni: a disco autoventilanti Passo (mm):
2.560 Carreggiate (mm): ant. 1.430, post. 1.450 Peso: 579 kg
McLAREN-FORD M23
Motore: Ford-Cosworth a 8 cilindri a V di 90° Cilindrata (cc):
2995 Potenza: 485 CV a 10.500 giri Alimentazione: iniezione
indiretta Lubrificazione: a carter secco Cambio: Hewland a 5 rapporti +
RM Telaio: monoscocca Sospensioni: ant. triangolo inferiore, bielletta
superiore, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra antirollio,
post.triangolo rovesciato inferiore, bielletta superiore, molle elicoidali,
ammortizzatori telescopici, puntoni di reazione, barra antirollio. Freni:
a disco autoventilanti Passo (mm): 2.620 - 2.743 Carreggiate
(mm): ant. 1.630, post. 1.650 Peso: 600 kg

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