22 December 2015

Ford Mustang, le prime due generazioni

Alla metà del 1964, la Casa di Dearborn metteva sul mercato la macchina che avrebbe cambiato la storia delle sportive made in Usa: i piani di produzione parlavano di 100.000 esemplari l’anno, ma il suo successo fu così travolgente da costringere la Ford ad aprire nuovi stabilimenti per far fronte alle richieste. Storia e cifre dell’americana più amata dagli italiani...

PERSONAL CAR

La Mustang non avrebbe potuto essere che una Ford. Quando fu lanciata, alla World’s Fair di New York il 17 aprile 1964, l’intera nazione fu messa a rumore from coast to coast. La gente impazziva per quella vettura dal lungo cofano che evocava fantastiche potenze, prima esponente di quella nuova generazione di sportive agili, compatte e nervose che, proprio in suo onore, sarebbe passata alla storia (e non solo negli USA) sotto il nome di pony-car. Fu un successo che prese del tutto alla sprovvista la Ford stessa: che aveva azzardato la cifra di 100.000 unità vendute nel primo anno, mentre nei soli 20 mesi compresi fra l’aprile del 1964 e il dicembre del ‘65 la produzione avrebbe totalizzato la bellezza di 680.989 vetture. Per la Ford quella fu un’avvincente, leggendaria stagione commerciale, cui contribuì in misura fondamentale il fattore prezzo: la Mustang entry level costava infatti 2.368 dollari franco fabbrica, uno strabiliante rapporto value for money.

Non solo l’ambiente dei giovani di ogni età e ceto sociale, impassibili professionisti e persino tranquille donne di casa si accalcarono davanti alla vetrine delle concessionarie Ford per ammirare, toccare, comprare il nuovo modello che aveva polarizzato la curiosità collettiva: nei punti vendita si arrivò addirittura a mettere all’asta i pochi esemplari inizialmente disponibili, perché la domanda era esplosa di colpo, subissando l’offerta nel rapporto di 15 a 1. Fantastico oggetto concepito secondo ecise indicazioni di marketing, a Mustang deve i suoi natali a nthony Lido “Lee” Jacocca, il ngegnere meccanico di origine italiana che in cinque anni aveva percorso come una meteora le tappe di una clamorosa carriera alla Ford, da oscuro venditore a vice presidente e direttore generale della Ford Division, per assumere più tardi addirittura la presidenza della Ford Motor Company.

L’obiettivo di Jacocca era quello di realizzare una personal car dal look giovanile e sportivo, piena di grinta, ma anche facile e poco costosa da costruire: una macchina che potesse essere prodotta in almeno 100.000 esemplari l’anno e venduta a meno di 2.500 dollari. Il primo approccio al progetto non era partito con il piede giusto. Il prototipo Mustang del 1962 era infatti una mini-barchetta a due posti bassa ta, con motore centrale a 4 cilindri a V di 90 Cv, lo stesso adottato dalla Ford tedesca sulla Taunus 12M a trazione anteriore presentata nell’autunno di quello stesso anno. Jacocca lo bocciò senza appello. Si ripiegò quindi sulla meccanica della più umile delle Ford allora in produzione negli USA, la berlina Falcon, che aveva esordito nell’autunno del ’59.

La Falcon non era portatrice di alcuna innovazione tecnico-costruttiva, ad eccezione della carrozzeria a struttura portante che era andata sostituire, con innegabili risparmi costi, la soluzione del telaio sepafilosofia di Jacocca la Mustang non innovativa sul piano tecnico: sul terreno dell’estetica avrebbe invece dovuto seguire un filo conduttore del tutto inedito, escludendo a priori la soluzione dei due posti secchi per non tagliar fuori dalla potenziale clientela le coppie giovani con bambini e tutti coloro che comunque avrebbero gradito un sedile posteriore anche solo per i casi d’emergenza. Gli stilisti della Ford, suddivisi in alcuni gruppi di lavoro in competizione fra loro, elaborarono nel biennio 1962-‘63 decine di proposte di stile, ognuna corredata da una quantità di varianti; alla fine, quella che ottenne il placet di Jacocca fu un modello realizzato in creta e verniciato di bianco, chiamato provvisoriamente Cougar, portato a termine dalla squadra di designer condotta da Joe Oros, Gail Halderman e David Ash. Da lì prese vita un prototipo funzionante, cui fu imposto il nome Mustang II, destinato a ispirare fortemente il prototipo definitivo.

COUPE

Il mercato rispose con entusuasmo alla campagna della Ford; la maggioranza dei clienti optò per il motore a 8 cilindri perché la carrozzeria di quella macchina, così fresca e inconsueta sulle strade americane, si coniugava alla perfezione con una guida esuberante e quindi con i 200 Cv e oltre di un 8V di quasi 5 litri di cilindrata. In effetti, la Mustang era molto attraente: leggera, agile, priva di sbavature. I puristi criticarono che le prese d’aria sulla fiancata, quelle poste davanti ai passaruota posteriori, fossero posticce e non svolgessero alcuna funzione di raffreddamento ai freni, mentre altri non si dichiararono soddisfatti dell’esiguo spazio posteriore, limitato a soli due posti di fortuna. Ma, soprattutto, i commenti negativi si incentrarono sul cruscotto, che era stato preso a prestito dalla berlina Falcon forse in modo troppo sbrigativo.

La stampa specializzata americana fu abbastanza difforme nelle valutazioni sulla nuova Ford che vennero pubblicate nella primavera 1964 (la vettura fu catalogata come modello di mezzo anno ’64 ma nella storiografia della fabbrica viene di fatto inclusa nel model-year ’65). Motor Trend apprezzò molto la macchina, allineandosi con l’euforica corrente di simpatia che l’auto aveva suscitato sul mercato; soprattutto riportò un’impressione molto positiva della versione equipaggiata con il motore 8V Hi- Performance da 271 Cv. Road & Track fu invece più selettiva nei suoi commenti, criticando la ruvidità delle sospensioni sulle strade a fondo irregolare. La nuova Ford fu lanciata nelle due classiche varianti di carrozzeria, coupé hard-top e convertibile a 2 porte, alle quali si affiancò nell’ottobre ’64 la versione coupé fast-back 2+2, che costava 200 dollari in più rispetto al coupé hard-top e che nel modelyear ’65 si vendette in 77.000 esemplari. A titolo di confronto, le cifre di produzione fino al dicembre 1965 totalizzarono 102.000 Mustang Convertible e oltre mezzo milione di coupé Hard-Top.

L’ingresso sul mercato del nuovo modello fu clamoroso e colse di sorpresa la stessa Ford, che dovette subito correre ai ripari e pianificare diversamente i ritmi di produzione. La cifra massima prevista di 100.000 vetture nel primo anno di lancio fu raggiunta dopo soli quattro mesi, cioè a metà agosto 1964, e il mercato dovette registrare lunghe attese nelle consegne, una circostanza eccezionale negli Stati Uniti, dove i numerosi stabilimenti di assemblaggio sapientemente dislocati nel territorio sono normalmente in grado di soddisfare la domanda anche in situazioni eccezionali. Ma nel caso della Mustang l’eccezione andò oltre ogni limite e fu proprio grazie ad essa che la Ford superò nel 1965 per la prima volta nella sua storia i 2 milioni di auto prodotte.

L’acquirente tipo della Mustang aveva un’età media di 31 anni, a confronto con i 42 del solito cliente Ford. Travolta da una valanga di ordini, la fabbrica non introdusse praticamente alcuna variante sul modello ’66, anno durante il quale l’affermazione commerciale della Mustang non conobbe soste risultando in assoluto l’anno migliore per le vendite del modello con 607.568 auto messe a segno, 50.000 in più rispetto all’anno precedente. E quando, nel 1967, arrivarono finalmente sul mercato le rivali Chevrolet Camaro e Pontiac Firebird, la Ford totalizzò comunque oltre 470.000 Mustang consegnate ai clienti, una cifra ancora più di quattro volte superiore a quella che era stata la migliore previsione per il primo anno di lancio.

Non solo, proprio nel 1967 la Casa di Dearborn offrì, fra le sue opzioni, il motore 8V Thunderbird di 6,4 litri (320 Cv), alimentato da un enorme carburatore quadricorpo Holley. Quella versione strapotente presentava tuttavia un’anomala ripartizione dei pesi sui due assali, dovuta ai 211 kg in più che gravavano sull’avantreno rispetto al peso del motore standard a 6 cilindri, e costrinse pertanto a ricorrere a una taratura più rigida delle sospensioni e all’impiego di pneumatici da 15 pollici, di speciali ammortizzatori Koni, di uno sterzo più diretto e di un differenziale autobloccante. L’accelerazione da 0 a 60 miglia orarie (97 km/h) di quell’automobile era però quasi da record: 7 secondi netti.

SHELBY

Le vendite della Mustang iniziarono a flettere in modo avvertibile solo nel 1968, scendendo a 317.404 unità, in un’annata che registrò la comparsa sul mercato di uno stuolo di nuove pony-car non solo della General Motors, ma anche dell’American Motors con la Javelin e addirittura, in seno alla famiglia Ford, della Mercury con la Cougar. Le cifre di produzione in calo suggerirono di apportare per il 1969 una revisione radicale che avrebbe di fatto dato vita alla seconda generazione di questo modello epocale.

Alla presidenza della Casa era arrivato nel frattempo Semon Knudsen, che alla GM si era distinto a lungo per i suoi successi con le auto di alte prestazioni. La Mustang ’69 conservava il passo di 108 pollici con cui aveva esordito sul mercato, ma era più lunga rispetto a prima (18 cm) e più grande sotto ogni altro aspetto: la car- rozzeria venne sottoposta a un restyling completo grazie al quale il cofano motore si allungò di 10 cm, le forme divennero più piene, i proiettori anteriori passarono da 2 a 4 e venne ampliato lo spazio per le gambe dei passeggeri posteriori, ma il tutto venne conservato strettamente coerente con il caratteristico look Mustang, cui alla Ford nessuno voleva rinunciare. Per i patiti delle forti emozioni venne anche presentata la versione Mach I, con motori 8V di 5,7 e 7 litri di cilindrata, in una gamma di potenze compresa fra 250 e 335 Cv. Ancora più spinta fu la Mustang Boss 302, una risposta di metà anno alla Chevrolet Camaro Z-28 e con la quale la Ford visse un’euforico momento sportivo, affermandosi per il biennio 1969-‘70 nel Campionato SCCA Trans-Am per vetture di serie.



La Casa avrebbe dovuto allestire almeno 1.000 esemplari della versione Boss per poter partecipare a quelle competizioni: in realtà ne fece quasi 2.000 per far fronte alle richieste. In termini di styling, la Mustang Boss 302 era unamacchina nettamente corsaiola, grazie ad alcuni interventi di carrozzeria effettuati dallo stilista Larry Shinoda, emigrato anch’egli dalla GM al seguito di Knudsen; quel modello, concepito quasi solo per le piste, contribuì brillantemente a valorizzare e a promuovere l’immagine della Mustang anche presso la normale clientela.

La vettura, il cui prezzo base nel frattempo era lievitato a oltre 3.000 dollari, furono nel ’69 quasi 300.000, dei quali ben 72.000 sborsarono un minimo di 3.200 dollari per una Mach I. La Mustang era maturata, subendo un rapido e clamoroso processo evolutivo. Dopo la stagione agonistica 1970, la Ford abbandonò gran parte dell’attività sportiva e si dedicò alla produzione in grande serie di altri modelli, che in varia misura derivarono tutti dal concetto informatore che aveva dato vita alla Mustang. Proprio la macchina grazie alla quale l’immagine della Casa di Dearborn non sarebbe più rimasta la stessa negli anni a venire.

SHELBY
Alla fine del 1964 la Ford affidò a Carrol Shelby, uno tra i piloti americani più noti anche in Europa (al volante di una Aston Martin DBR1 aveva vinto la 24 Ore di Le Mans 1959), l’incarico di elaborare la meccanica della Mustang nell’intento di affrontare ad armi pari le Chevrolet Corvette, che in quegli anni stavano trionfando nelle gare SCCA (Sports Car Club of America). Rispetto alle vetture di serie, la carrozzeria della Fastback e quella della Convertible non furono stravolte dalla “cura Shelby”: esteticamente le GT-350, la sigla che venne attribuita alle versioni speciali curate da Shelby, rimasero volutamente il più possibile simili alle versioni standard prodotte a Dearborn, affinché il grande pubblico potesse trasferire senza fatica la loro immagine anche alla vettura normale acquistata dal concessionario di zona. Per arrivare alla GT-350, Shelby partì dal modello con motore 8V da 289 pollici cubi (4,7 litri) nell’edizione Hi-Performance (271 Cv), dotato di cambio manuale a 4 rapporti interamente sincronizzati.

Vennero montati nuovi collettori di aspirazione in alluminio, una diversa coppa dell’olio, uno speciale albero a camme, un nuovo carburatore quadricorpo Holley, un impianto di scarico più aperto, nuovi coperchi punterie e una grande presa d’aria sul cofano motore, che fu realizzato in vetroresina in sostituzione di quello originale in acciaio; inoltre una grossa barra antirollio all’avantreno e speciali ammortizzatori Koni. All’interno si montarono cinture di sicurezza a tre punti, un manometro olio nella strumentazione combinato con il tachimetro, un volante in legno tipo competizione e, per finire, la ruota di scorta venne collocata al posto del sedile posteriore per ottenere una migliore ripartizione dei pesi. Ne uscì una vettura con 306 Cv di potenza a 6.000 giri/minuto, che pesava 1.293 kg, cioè 43 kg meno della Mustang d’origine, e che assicurava prestazioni molto brillanti; non era ancora una macchina da competizione, per quanto le versioni spinte, con motori di 340-360 Cv, potessero agevolmente scendere in pista con buone probabilità di imporsi sulle altre concorrenti, ma poco ci mancava. In effetti, alcuni esemplari di GT-350 disputarono e vinsero un buon numero di gare in categoria B-Production negli anni 1965-‘67, e l’immagine di quelle Mustang bianche con le bande longitudinali blu divenne molto popolare presso il grande pubblico negli USA: molti erano convinti che sotto il cofano quelle auto fossero identiche a quelle in vendita presso tutti i concessionari Ford.

Dalla piccola officina di Carrol Shelby a Venice, in California, uscirono 2.942 GT-350 nel biennio 1965-‘66, ma l’anno successivo la produzione si trasferì nel Michigan, in occasione del restyling effettuato dalla fabbrica; gli esemplari prodotti nel 1967 furono 1.175, nel 1968 salirono a 1.648 per poi scendere a 1.279 nel ’69 e a solamente 315 nel 1970; per un totale di 7.359. Nel 1967 alla GT-350 si affiancò la GT-500, spinta da un 8V big-blok di 428 pollici cubi (7 litri) la cui potenza massima denunciata era di 355 Cv (ma nella versione 500 KR del ’68 raggiunse i 400 Cv); di quest’ultimo modello si produssero fino al 1970 7.009 esemplari, che contribuirono a valorizzare sul mercato l’immagine della Mustang come vettura da battere su strada e in pista. Una volta esaurita la funzione delle Shelby come strumenti promozionali per l’intera serie Mustang, fu lo stesso Jacocca a imporre nel 1970 la fine di quella entusiasmante quanto breve avventura. La Shelby Mustang GT-350, che nel 1966 veniva venduta a 4.428 dollari (cioè circa 2.000 dollari in più rispetto al modello base prodotto dalla Ford), è oggi molto apprezzata dai collezionisti e costituisce, nell’ambito della famiglia Ford, una storia a sé stante.

PREZZO

La linea complessiva di quella macchina non assomigliava a quella di altre automobili: fiancata lineare, diluita e bassa, cofano lungo, coda raccolta, frontale con grande calandra rettangolare, semplice e intuitiva, proiettori singoli, impiego misurato di elementi cromati, il tutto fuso in una forma sobria e fresca che esprimeva il concetto di una funzionalità nuova in automobile. Il nome Mustang, il simbolo del cavallo selvaggio, epico protagonista di tante scorribande nelle praterie sconfinate, fu ritenuto irrinunciabile fin dalle prime fasi del progetto: evocava il mondo dei cow-boy e della corsa verso l’Ovest. Ma quel nome riproponeva anche alla memoria l’aereo da caccia americano North American P-51 Mustang, divenuto famoso nei cieli della seconda guerra mondiale.

La Mustang II fu mostrata al pubblico in occasione del Grand Prix degli Stati Uniti nell’autunno 1963 a Watkins Glen, con la funzione di sondare le reazioni della gente nell’ambiente sportivo; a parte il frontale, molto prominente e non ancora ben risolto dai designer, la vettura anticipava chiamente quella che sarebbe stata costruita in grande serie nel giro di pochi mesi. Le ultime prescrizioni dettate da Jacocca ai progettisti furono: peso massimo 2.500 libbre (1.135 kg), prezzo massimo 1 dollaro a libbra e un look che trasmettesse immediato il concetto di “giovane”. Della Falcon la Mustang conservò quasi immutato il passo (108 pollici, 2.743 mm) e il motore base a 6 cilindri in linea (con cilindrata portata da 2.365 a 2.780 cc); nella sua versione base erogava la modesta potenza di 101 Cv, sufficiente però a convincere la massaia del Middle West di essere al volante di un’auto sportiva. Lo stesso criterio si applicò per il cambio, che nella versione standard era a tre velocità con la prima non sincronizzata.

Lo schema delle sospensioni era del tutto convenzionale, con avantreno a ruote indipendenti a quadrilateri deformabili e molle elicoidali e retrotreno ad assale rigido con balestre semiellittiche; sulla versione entry level della Mustang i freni erano a tamburo, senza servofreno. Ma la vettura apparve un capolavoro di stile e di progettazione industriale della carrozzeria. L’esperienza maturata sul campo da Jacocca durante gli anni in cui lavorava come venditore presso una piccola concessionaria Ford della Pennsylvania gli aveva suggerito di predisporre alcuni gruppi di accessori (gli option package) con i quali i clienti potevano personalizzare a piacimento la propria Mustang e anche trasformarla effettivamente in un’auto ad alte prestazioni; così la Ford poté offrire sul mercato la vettura al prezzo base di 2.368 dollari, cifra che poteva facilmente lievitare anche di 1.000 dollari nel caso venissero richiesti optional come il cambio meccanico a 4 rapporti (tutti sincronizzati), oppure la trasmissione automatica Cruise-O-Matic , un motore a 6 cilindri da 3,3 litri (120 Cv) oppure un 8V a scelta fra tre diversi, uno da 4,3 litri (164 Cv) e due da 4,7 litri (200 e 225 Cv rispettivamente, disponibili con un supplemento di 162 e 238 dollari), il differenziale autobloccante, i freni a disco con servofreno (58 dollari), il servosterzo, l’impianto di aria condizionata (283 dollari), le sospensioni a taratura più rigida (31 dollari), la speciale strumentazione Rally-Pack (180 dollari), costituita da un complesso tachimetro/orologio montato sopra il piantone dello sterzo.

Si potevano inoltre richiedere, pagando un sovrapprezzo di 442 dollari, un motore 8V Hi-Performance da 271 Cv, la consolle centrale, il rivestimento vinilico al padiglione, pneumatici maggiorati e un’altra miriade di accessori a pagamento. In altre parole, una Ford Mustang coerente con quella del messaggio pubblicitario diffuso sulla stampa per il lancio poteva tranquillamente superare i 3.000 dollari, un prezzo al quale ci si poteva comprare una Buick LeSabre, una Chrysler Newport o una Mercury Monterey.

Le ultime news video

© RIPRODUZIONE RISERVATA