Le vendite della Mustang iniziarono a flettere in modo avvertibile solo nel 1968, scendendo a 317.404 unità, in un’annata che registrò la comparsa sul mercato di uno stuolo di nuove pony-car non solo della General Motors, ma anche dell’American Motors con la Javelin e addirittura, in seno alla famiglia Ford, della Mercury con la Cougar. Le cifre di produzione in calo suggerirono di apportare per il 1969 una revisione radicale che avrebbe di fatto dato vita alla seconda generazione di questo modello epocale.
Alla presidenza della Casa era arrivato nel frattempo Semon Knudsen, che alla GM si era distinto a lungo per i suoi successi con le auto di alte prestazioni. La Mustang ’69 conservava il passo di 108 pollici con cui aveva esordito sul mercato, ma era più lunga rispetto a prima (18 cm) e più grande sotto ogni altro aspetto: la car- rozzeria venne sottoposta a un restyling completo grazie al quale il cofano motore si allungò di 10 cm, le forme divennero più piene, i proiettori anteriori passarono da 2 a 4 e venne ampliato lo spazio per le gambe dei passeggeri posteriori, ma il tutto venne conservato strettamente coerente con il caratteristico look Mustang, cui alla Ford nessuno voleva rinunciare. Per i patiti delle forti emozioni venne anche presentata la versione Mach I, con motori 8V di 5,7 e 7 litri di cilindrata, in una gamma di potenze compresa fra 250 e 335 Cv. Ancora più spinta fu la Mustang Boss 302, una risposta di metà anno alla Chevrolet Camaro Z-28 e con la quale la Ford visse un’euforico momento sportivo, affermandosi per il biennio 1969-‘70 nel Campionato SCCA Trans-Am per vetture di serie.
La Casa avrebbe dovuto allestire almeno 1.000 esemplari della versione Boss per poter partecipare a quelle competizioni: in realtà ne fece quasi 2.000 per far fronte alle richieste. In termini di styling, la Mustang Boss 302 era unamacchina nettamente corsaiola, grazie ad alcuni interventi di carrozzeria effettuati dallo stilista Larry Shinoda, emigrato anch’egli dalla GM al seguito di Knudsen; quel modello, concepito quasi solo per le piste, contribuì brillantemente a valorizzare e a promuovere l’immagine della Mustang anche presso la normale clientela.
La vettura, il cui prezzo base nel frattempo era lievitato a oltre 3.000 dollari, furono nel ’69 quasi 300.000, dei quali ben 72.000 sborsarono un minimo di 3.200 dollari per una Mach I. La Mustang era maturata, subendo un rapido e clamoroso processo evolutivo. Dopo la stagione agonistica 1970, la Ford abbandonò gran parte dell’attività sportiva e si dedicò alla produzione in grande serie di altri modelli, che in varia misura derivarono tutti dal concetto informatore che aveva dato vita alla Mustang. Proprio la macchina grazie alla quale l’immagine della Casa di Dearborn non sarebbe più rimasta la stessa negli anni a venire.
SHELBY
Alla fine del 1964 la Ford affidò a Carrol Shelby, uno tra i piloti americani più noti anche in Europa (al volante di una Aston Martin DBR1 aveva vinto la 24 Ore di Le Mans 1959), l’incarico di elaborare la meccanica della Mustang nell’intento di affrontare ad armi pari le Chevrolet Corvette, che in quegli anni stavano trionfando nelle gare SCCA (Sports Car Club of America). Rispetto alle vetture di serie, la carrozzeria della Fastback e quella della Convertible non furono stravolte dalla “cura Shelby”: esteticamente le GT-350, la sigla che venne attribuita alle versioni speciali curate da Shelby, rimasero volutamente il più possibile simili alle versioni standard prodotte a Dearborn, affinché il grande pubblico potesse trasferire senza fatica la loro immagine anche alla vettura normale acquistata dal concessionario di zona. Per arrivare alla GT-350, Shelby partì dal modello con motore 8V da 289 pollici cubi (4,7 litri) nell’edizione Hi-Performance (271 Cv), dotato di cambio manuale a 4 rapporti interamente sincronizzati.
Vennero montati nuovi collettori di aspirazione in alluminio, una diversa coppa dell’olio, uno speciale albero a camme, un nuovo carburatore quadricorpo Holley, un impianto di scarico più aperto, nuovi coperchi punterie e una grande presa d’aria sul cofano motore, che fu realizzato in vetroresina in sostituzione di quello originale in acciaio; inoltre una grossa barra antirollio all’avantreno e speciali ammortizzatori Koni. All’interno si montarono cinture di sicurezza a tre punti, un manometro olio nella strumentazione combinato con il tachimetro, un volante in legno tipo competizione e, per finire, la ruota di scorta venne collocata al posto del sedile posteriore per ottenere una migliore ripartizione dei pesi. Ne uscì una vettura con 306 Cv di potenza a 6.000 giri/minuto, che pesava 1.293 kg, cioè 43 kg meno della Mustang d’origine, e che assicurava prestazioni molto brillanti; non era ancora una macchina da competizione, per quanto le versioni spinte, con motori di 340-360 Cv, potessero agevolmente scendere in pista con buone probabilità di imporsi sulle altre concorrenti, ma poco ci mancava. In effetti, alcuni esemplari di GT-350 disputarono e vinsero un buon numero di gare in categoria B-Production negli anni 1965-‘67, e l’immagine di quelle Mustang bianche con le bande longitudinali blu divenne molto popolare presso il grande pubblico negli USA: molti erano convinti che sotto il cofano quelle auto fossero identiche a quelle in vendita presso tutti i concessionari Ford.
Dalla piccola officina di Carrol Shelby a Venice, in California, uscirono 2.942 GT-350 nel biennio 1965-‘66, ma l’anno successivo la produzione si trasferì nel Michigan, in occasione del restyling effettuato dalla fabbrica; gli esemplari prodotti nel 1967 furono 1.175, nel 1968 salirono a 1.648 per poi scendere a 1.279 nel ’69 e a solamente 315 nel 1970; per un totale di 7.359. Nel 1967 alla GT-350 si affiancò la GT-500, spinta da un 8V big-blok di 428 pollici cubi (7 litri) la cui potenza massima denunciata era di 355 Cv (ma nella versione 500 KR del ’68 raggiunse i 400 Cv); di quest’ultimo modello si produssero fino al 1970 7.009 esemplari, che contribuirono a valorizzare sul mercato l’immagine della Mustang come vettura da battere su strada e in pista. Una volta esaurita la funzione delle Shelby come strumenti promozionali per l’intera serie Mustang, fu lo stesso Jacocca a imporre nel 1970 la fine di quella entusiasmante quanto breve avventura. La Shelby Mustang GT-350, che nel 1966 veniva venduta a 4.428 dollari (cioè circa 2.000 dollari in più rispetto al modello base prodotto dalla Ford), è oggi molto apprezzata dai collezionisti e costituisce, nell’ambito della famiglia Ford, una storia a sé stante.