Avrete sicuramente fatto caso che non si parla più della Fiat 500 dal 2007, da quando cioè la nostra beniamina (di tutti gli italiani), sostenendo il lancio della sua indovinatissima erede, ha assolto l’ultimo dei tanti compiti che gli sono stati assegnati nei suoi primi cinquantacinque anni di vita. Solo il primo non le riuscì a meraviglia, quello di prima auto per i tanti scooteristi che sciamavano per le strade d’Italia intenti a ricostruire dopo i disastri della guerra. Non si lasciarono affascinare da questa vetturetta con due soli sedili, rimandando l’acquisto a quando avrebbero potuto permettersi la Fiat 600: vera automobile con quattro posti e un motorino col suono di quello della 1100 e non con quello della motoretta del vicino di cortile. La Fiat, alle prese con una dei suoi rari insuccessi nel campo delle utilitarie, corre ai ripari abbassando il prezzo della versione base e offrendo al vecchio prezzo una versione più rifinita, dotata almeno di cristalli discendenti e di spartano divanetto posteriore. Ai primi clienti della Nuova 500 è perfino rimborsato quanto pagato in più.
La situazione commerciale, da questo momento, migliora un po’ ma la 500 comincia a eccellere in questo campo soltanto quando le migliorate condizioni economiche degli italiani iniziano a consentire alle famiglie l’acquisto della seconda auto; per la moglie o per i figli neopatentati, per l’uso cittadino o per quello rurale dove, qualora non si optasse per la più costosa Giardiniera, spesso si toglieva il sedile del passeggero per ricavare un po’ di spazio ove caricare le più svariate mercanzie. In ogni frangente la macchinina se la cava alla grande dimostrando un’affidabilità sempre oltre le più rosee aspettative; chi non ricorda di qualcuno che ha affrontato viaggi improbabili alla sua guida? O addirittura non ne è stato protagonista in prima persona? Dalla serie F in poi, quando si irrobustirono i semiassi, non c’è più nul-la che possa fermarla: puntine e candele di scorta e via! Il confine è la fantasia. Noi abbiamo notizia di un Milano - Favignana su una 500 L con tre ragazzi a bordo e l’occorrente per tre settimane di vacanza; tappone non stop, cambio guida ogni due-tre ore e gas sempre a tavoletta! Oggi, per chi ha i capelli grigi, questa macchinetta è proprio il simbolo della gioventù ed è impossibile pensarla senza commuoversi.
A molti verrà in mente la “L” della mamma: generalmente blu o bianca, a volte senape, la sera era concessa in prestito per andarci in giro con gli amici, a tetto aperto nella bella stagione, o con la ragazza, occasione in cui gli schienali ribaltabili dei sedili anteriori si rivelavano impagabili. L’obbiettivo che la 500 aveva in gran parte fallito a inizio carriera, quello di primo mezzo di trasporto supereconomico, lo centra alla fine: la “R”, nata negli anni bui della prima crisi petrolifera, è la scelta di tanti minimalisti “obbligati”, per i quali anche la Fiat 126 era troppo. Cominciavano ad esserci i primi “single” per vocazione e anche quando si avevano figli era generalmente in numero minore rispetto a quindici anni prima; ecco quindi che anche un “cinquino” poteva bastare. Cessata che fu la produzione, la 500 trascorse pochi anni da normale auto usata restando sempre ai vertici della commerciabilità per poi passare nel novero degli oggetti amatoriali; abbiamo detto “oggetti”, invece che automobili, non per mancanza di considerazione, ma al contrario perché la 500 è sempre stata, per una parte neanche tanto piccola dei suoi estimatori, un qualcosa su cui scatenare la propria creatività: un po’ come accade con la Mini in Inghilterra, con il Maggiolino in Germania e con la 2 CV in Francia.
Nei raduni dedicati a queste auto, sempre affollatissimi e multicolori, si incontrano esemplari trasformati nelle maniere più impensate che hanno un mercato vivace quanto e più di quelli conservati (ammesso che ve ne siano ancora) o restaurati secondo la corretta filologia, conferma inequivocabile di quanto abbiamo testé affermato.