01 August 2014

Epoca, la Fiat 131

Gli anni '70 non cominciano bene per la Fiat: contestazioni dentro e fuori la fabbrica, scioperi selvaggi e un clima reso incerto dalle vicissitudini politiche...

Introduzione


Gli anni '70 non cominciano bene per la Fiat: contestazioni dentro e fuori la fabbrica, scioperi selvaggi e un clima reso incerto dalle vicissitudini politiche fanno presagire un futuro a tinte fosche. Intanto, anche a causa dei lunghi tempi d’attesa necessari per avere una Fiat, sul nostro mercato crescono le vetture straniere. In più, nell’autunno-inverno ’73-’74, a seguito della guerra arabo-israeliana, arriva anche la crisi energetica che sembra fatta apposta per giustificare le misure “anti-auto” portate avanti dalla politica. Invece di sostenere l’industria dell’auto nazionale (come nello stesso periodo fanno i francesi e i tedeschi) il fisco italiano sembra mettere in atto misure votate a ostacolare quella che, invece di essere considerata una ricchezza per il Paese, viene “spremuta”.Ma il lavoro, malgrado tutto, continua. L’obiettivo della Fiat è quello di trovare una nuova vettura media che sostituisca la valida, ma datata, 124.

Il progetto


Dunque, la gestazione della Fiat 131 Mirafiori (così si chiamerà il nuovo modello), avviene cercando di bilanciare esigenze opposte. Da un lato deve persuadere i nostalgici della brillantezza dei motori bialbero della 124 Special T 1400 e 1600. Dall’altro lato deve adattarsi al ruolo di vettura economica, robusta, di facile manutenzione ma dall’immagine “ricca” e confortevole. E’ la classica coperta corta che non si sa bene da che parte tirare. Invece è chiarissimo che un errore di progettazione sarebbe fatale. Il progetto - avviato prima della crisi energetica - è completato quando la crisi è conclamata e ha costretto a dei cambiamenti “in corsa” come, per esempio, l’ utilizzo dei pacifici motori monoalbero ad aste e bilancieri anziché i brillanti bialbero di derivazione 124 e 132 previsti all’inizio. Ciò significa perdere la sportività che ha caratterizzato la produzione Fiat degli ultimi dieci anni (e che tante soddisfazioni dava nelle competizioni), per privilegiare un diverso approccio all’automobile, più legato al comfort, alla semplicità di manutenzione e al risparmio. Non che la Mirafiori sia asfittica; ma per avere un po’ di brio, specialmente dalla 1300, bisogna tenere “su di giri” il motore con conseguenze negative sul consumo. La 1600 invece, forte di 10 CV in più, si comporta meglio, pur non essendo nemmeno lei un fulmine di guerra. Il telaio da parte sua ha ottime doti di tenuta di strada supportata da un assetto sincero che rende la 131 una vettura stabile e sicura anche sui fondi stradali più insidiosi. Forse la scelta di proseguire lungo questa direzione più economica e parsimoniosa, anziché prestazionale, viene suggerita anche dai limiti di velocità su autostrade e strade statali per fare risparmiare carburante agli italiani. Così i progettisti decidono che per il 1.300 cc bastano 65 CV e che 75 CV sono più che sufficienti anche per la 1.600 cc. Questa scelta genera il rimpianto di qualche CV. Non tanto per la versione da 1,3 litri, quanto per la 1,6. I suoi 75 CV, infatti, le fanno compiere un cospicuo passo indietro nei confronti dell’agile e scattante 124 Special T 1600 (che ne aveva 96) e della stessa berlina di rappresentanza 132-1600, il cui bialbero ne erogava ben 98. La mossa della Fiat, che con questa scelta motoristica dà corpo a una 1600 “alla tedesca” (vale a dire “tranquilla”, da famiglia), si spiega forse nella volontà di non creare una concorrente alla 132. Il rischio di scontentare i clienti più sportivi e affezionati è reale. Per questo si fa di tutto per rendere appetibile la nuova auto grazie a materiali ed accessori di alto livello. La stessa pubblicità punta proprio sugli aspetti di durata e di economia: “Tra dieci anni la cambierete con un’altra 131” recita uno slogan che non andò molto lontano dalla realtà perché la 131, nel 1983 - vale a dire dopo nove anni di produzione - lascerà il posto alla Regata.

Classica ed elegante


Presentata nel settembre del 1974, la 131 è disponibile in due differenti allestimenti - Normale e Special - due caratterizzazioni estetiche e due cilindrate, sia a due che a quattro porte. Completa la gamma la versione familiare, anch’essa disponibile come 1300- 1600. E’ notevole anche la disponibilità di accessori. Accanto ai consueti (vernice metallizzata, appoggiatesta regolabili in altezza e inclinazione, cristalli atermici e quant’ altro), la 1600 Special ne sfoggia altri che, di solito, hanno le vetture di classe superiore, quali il cambio automatico a tre rapporti, il differenziale autobloccante e l’aria condizionata, oltre alla possibilità, per le Special, di montare i paraurti ad assorbimento d’urto. Con la 131 la Fiat mira non solo al mercato nazionale, ma anche a quello di lingua tedesca e del nord Europa. Lo dimostra la possibilità di poter ordinare la vettura con il tettuccio ricoperto di vinile: una finitura diffusa soprattutto in Scandinavia e in Gran Bretagna. Manca, invece, una 131 sportiva: un errore di valutazione cui la Fiat rimedierà in seguito. La sua elegante linea a tre volumi asseconda il gusto del periodo, riprendendo il motivo del rialzo della coda all’altezza del montante posteriore già introdotto con la 132. La fiancata, bassa e slanciata, è sottolineata da un profilo (assente sulla Normale) che ne marca il cambio di curvatura. La calandra della Special ha i doppi fari circolari mentre sulla Normale sono singoli e rettangolari, avvolti da una cornice cromata. Cinque profili cromati raccordano i fari, sullo sfondo di una griglia di colore nero al centro della quale sta il marchio Fiat a rombi. La griglia della Normale invece ha sei profili più sottili. Un’altra differenza è la cornice metallica inserita lungo la guarnizione del parabrezza e del lunotto, mancante sulla Normale.

Fatta per durare


“Fatta per durare”, afferma un altro slogan pubblicitario dell’epoca, riferendosi ai trattamenti antiruggine all’avanguardia cui la 131 era sottoposta. Sono visibili nelle parti basse della carrozzeria che sono rivestite con un protettivo di colore nero opaco. La protezione non è però solo una questione di trattamenti, ma è frutto anche di un diverso approccio progettuale nella giunzione delle lamiere e nella risoluzione degli scatolati, pensati per evitare il ristagno dell’acqua di condensa e ricoperti all’interno con iniezioni d’olio ceroso. Un altro accorgimento utile è quello dei parafanghi imbullonati per consentirne una rapida sostituzione in caso di danneggiamento. Le novità più evidenti sono soprattutto nell’abitacolo, accogliente e confortevole in misura mai raggiunta prima dalla Fiat in una vettura di questa categoria. Sedendosi al volante si vede subito la differenza tra le versioni Special e Normale. Nella Special il cruscotto presenta tre elementi (una volta tanto di forma quadrata) che ospitano (partendo da sinistra) il tachimetro, l’orologio e, nel terzo, l’indicatore del livello carburante con il termometro dell’acqua. Molto belle anche le lancette, di un inedito colore verde su sfondo nero. Le spie, numerose e dalla grafica unificata, sono disposte alla base di ciascuno dei tre quadranti. A lato della strumentazione ci sono le levette per la climatizzazione, con i colori rosso e blu che si illuminano all’accensione delle luci di posizione, come del resto anche gli ideogrammi della strumentazione: una soluzio ne di rilievo, perché l’illuminazione non è ottenuta con normali lampadine, ma mediante fibre ottiche. Un capace cassetto completa la plancia dal lato passeggero.

Dopo la crisi il bialbero


Superato lo choc energetico la Fiat capisce che il suo pessimismo nel valutare le ricadute di quella crisi le ha fatto perdere nei confronti della concorrenza buona parte del vantaggio in termini di prestazioni che era stato il punto forte delle sue berline negli anni precedenti. La verità è che la 131 sarebbe stata perfetta se solo avesse montato subito il motore a doppio albero a camme in testa. Invece arriverà solo nel 1977 con la seconda serie e, a quel punto, si porrà al vertice del segmento impensierendo anche le concorrenti straniere. La nuova motorizzazione è sottolineata da un robusto restyling con la nascita della 131 Supermirafiori nelle versioni 1300 TC e 1600 TC, dove TC significa “twin-cam”, vale a dire il sospirato e potente motore bialbero che le dona subito un inconfondibile stile “executive” che ann prima aveva fatto la fortuna della 125 Special. Con 96 CV e 170 km/orari di velocità massima la nuova 131 1600 TC si propone con rinnovate chance alla clientela sportiva ma di classe, che sceglie la Supermirafiori anche per lo stile degli interni.

L’ abitacolo infatti, rinnovato nelle forme e nei materiali, è così ben riuscito da far guadagnare ai suoi ideatori, Rodolfo Bonetto e Giancarlo Iliprandi, il premio “Compasso d’Oro” nel 1979. Le precedenti versioni monoalbero, anch’esse riviste, restano in listino con le sigle L e CL, portando a quindici le versioni della rinnovata 131, le cui “familiari” prendevano il nome di “Panorama”. La più gettonata tra le bialbero fu la 1300, che con 78 CV garantiva prestazioni in linea con la precedente 1600 monoalbero. Verrebbe da dire “ovviamente” più venduta, perché il mercato nazionale in quegli anni premia il modello di cilindrata inferiore per ragioni fiscali (bollo più economico, tassa “una-tantum” inferiore), assicura- tivo (bassa cilindrata uguale basso premio) e anche per il pedaggio autostradale che lievitava con l’ aumento della cilindrata. Che poi, in vetture di questo tipo, il motore di maggior potenza e cubatura risultasse, nell’uso normale, più sobrio era sì vero, ma era un argomento tutto da dimostrare al momento dell’acquisto.

Così, dopo qualche tentennamento, si finiva con l’ordinare la “milletre”, convinti di risparmiare chissà quanta benzina rispetto alla “millesei”. Anche la 1600 TC, comunque, ha un buon riscontro di vendite, a dimostrazione che i clienti, malgrado i mutamenti del mercato, desiderano ritrovare le vecchie doti di grinta e il piacere di guida che in passato avevano portato le medie torinesi a sfiorare il vertice della categoria, allora saldamente in mano all’Alfa Romeo. Forse, l’unico particolare discutibile nella nuova Supermirafiori è lo strano volante monorazza in stile Citroën che risulta scomodo in manovra e viene ben presto sostituito. Resta il fatto che la sua razza, in morbido materiale antiurto, testimonia l’attenzione crescente verso la sicurezza passiva.

Otto motori


I motori montati sulla 131, nelle diverse versioni a benzina, erano otto. I primi due, di 1.297 e 1.585 cc di cilindrata che equipaggiavano la 131 Mirafiori e Mirafiori Special, erano dei classici aste e bilancieri con asse a camme laterale. Entrambi derivavano dal quattro cilindri di 1.438 cc montato sulla 124 Special e su altri modelli del recente passato: il 1300 con una riduzione dell’alesaggio da 80 a 76 mm, il 1600 con un aumento da 80 a 84 mm. La novità principale di questi motori risiede nell’ adozione della cinghia dentata alloggiata su una puleggia in plastica, in sostituzione della catena di distribuzione. Successivamente all’introduzione dei limiti di velocità differenziati per fasce di cilindrata, la cubatura del modello base lievitò di 4 cc arrivando così a 1.301 cc.

La modifica fu effettuata per rientrare nella fascia più alta, con limite di 110 km/h sulle statali e di 140 in autostrada invece di 100 e 130 rispettivamente. Con il 1301 la puleggia della cinghia di distribuzione ritorna a essere in metallo. In quest’unità, a differenza della precedente di 1.297 cc, si abbandona la soluzione del ventilatore di raffreddamento mosso direttamente dall’albero motore a favore di un elettroventilatore analogo a quello impiegato nella 1600. Nella 131 Supermirafiori, i motori (un 1.301 cc per 78 CV e un 1.585 da 96 CV) conservano il monoblocco dei precedenti, ma hanno la testata a doppio albero a camme in testa.

Erano comuni, sia pur con diverse regolazioni e potenze, ad altri modelli del gruppo torinese. Un allargamento dell’alesaggio, da 76,1 a 78 mm,portò nella terza serie la cilindrata del monoalbero di 1.3 litri da 1.301 a 1.367 cc: una modifica che migliorava l’erogazione di coppia motrice e consentiva di ricavare 70 CV-DIN, vale a dire cinque più di prima. Parallelamente aumentava, a parità di cilindrata, la potenza del 1600 monoalbero che guadagnava dieci CV (da 75 a 85). La modifica più importante era però la nuova distribuzione ad albero in testa che sostituiva, in entrambi i propulsori, la precedente con albero laterale ad aste e bilancieri. I motori bialbero restavano in sostanza invariati, salvo l’aumento di cilindrata a 1.367 cc del 1300 (che passava però da 78 a 77 CV), un piccolo incremento di potenza per il 1600 (da 96 a 97 CV) e l’arrivo del 1.995 cc a carburatori da 113 CV-DIN di derivazione 132, che motorizzava la versione top: la 131 Supermirafiori 2000 TC. L’ultimo a essere adottato, in ordine di tempo, fu il 2 litri sovralimentato con compressore volumetrico: un’interessante unità da 135 CV-DIN, la cui peculiarità era la notevole e costante erogazione di coppia motrice fin dai più bassi regimi di rotazione.

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