29 September 2014

Epoca, Mercedes-Benz W 111 / W 112 Coupè e Cabriolet

Qualità costruttiva e souplesse di marcia sono le prerogative principali, insieme alla signorilità dello stile, di queste auto da intenditori e alternative alle Rolls-Royce. Di conseguenza, hanno un costo notevole ...

INTRO

Se nel settimo secolo avanti Cristo, vicino alla spiaggia di Sibari nella Magna Grecia, avessero costruito un’automobile, sarebbe stata questa. Stiano tranquilli i lettori più affezionati: non abbiamo dimenticato l’esistenza di certe vetture inglesi con statuetta sul cofano; a loro sempre andrà la nostra incondizionata ammirazione. Nel contempo, tuttavia, è impossibile negare che, anche in quei paraggi, è difficile trovare delle poltrone come quelle che troneggiano nell’abitacolo della magnifica cabriolet qui fotografata; consegnate ai proprietari quale ciliegia su una torta fatta di finiture impeccabili e affidabilità generale leggendaria.

La serie W 111 della Mercedes Benz nasce nel 1959 come 220, 220S e 220SE (se alimentata ad iniezione) ed è un modello fondamentale nella storia dell’automobile perché porta al debutto la scocca di sicurezza a deformazione programmata con cellula di sicurezza: il sistema che, continuamente ottimizzato, è in uso ancora oggi. Rispetto alle precedenti sei cilindri della serie W180 - la cosiddetta “Ponton” - l’ancora validissima meccanica con motori a sei cilindri in linea monoalbero e sospensioni indipendenti sulle quattro ruote è pressoché immutata mentre nuova è l’estetica della carrozzeria, opera dello stilista francese Paul Bracq, caratterizzata da linee molto più squadrate, dai fari anteriori a sviluppo verticale e dalle codine posteriori che le varranno il nomignolo “heckflosse” (in tedesco, letteralmente: “pinne posteriori”). Inutili omaggi alla moda del tempo, queste appendici avranno l’avvedutezza di scomparire nelle versioni Coupé e Cabriolet del 1961 ponendo l’eleganza di queste versioni al di sopra di qualsiasi critica e poco propensa a invecchiare. Nello stesso anno compare la berlina W112, identica alla W111 ma con il motore tre litri della 300 “Adenauer” da 160 Cv e con le sospensioni pneumatiche: si chiama 300 SE o 300 SEL (se con il passo allungato) ed avrà subito anche lei le versioni a due porte chiusa e aperta (naturalmente a passo corto).

MOTORE

Chiarito il motivo della doppia denominazione del modello raccontiamone l’evoluzione: il motore “base” è il sei cilindri in linea 2,2 litri da 120 Cv che risulta un po’ in difficoltà a muovere cotanta macchina, soprattutto nella versione aperta che pesa 70 kg in più rispetto alla già corpulenta Coupé (1450 kg). Molto meglio andiamo con la 300 da 160 Cv, che però è gravata da una serie impressionante di profili cromati; tutte le versioni di questa famiglia hanno già di base cromature piuttosto estese per sottolinearne il lusso in maniera evidente ma in tutte le altre la dose di tali profili appare azzeccata. Con quest’ultima invece, nell’intento di differenziarla dalla molto meno costosa 220, si esagera aggiungendo un profilo a metà fiancata che, combinato con il rivestimento dei parafanghi, è un po’ pacchiano.

EMPIREO
Altro modo per collocare la 300 su un altro piano è la presenza di serie del servosterzo (prerogativa condivisa solo dalla V8 che nascerà, come vedremo, otto anni dopo) e l’esclusiva delle tinte metallizzate perlomeno fino al 1965. In ogni modo è sufficiente, come accennato all’inizio, sporgersi a guardare l’abitacolo di una di queste vetture per capire che siamo nell’empireo dell’automobile: poltrone in pelle, tappeti persiani (pardòn: in moquette spessa un dito) e cruscotto in legno massiccio fugano ogni dubbio. Il “binocolo” della strumentazione è una vera e propria scultura in legno; un po’ di “kitch” però lo hanno voluto mettere anche qui: il volante e il pomello del cambio, volendo, sono forniti in colore bianco. Ma ciò che colpisce è la evidente e sopraffina qualità costruttiva, quella su cui la Mercedes Benz sta ancora vivendo di rendita.

Ogni particolare sembra fatto per durare per sempre: straordinaria la capote delle cabriolet in tessuto a triplo strato con lunotto in plastica, per evitare di appesantirla eccessivamente, ma con plafoniera all’interno; stranamente, mai fu possibile azionarla in maniera automatica e questo ci pare l’unico vero, inspiegabile, difetto nella progettazione di questa automobile. Nell’ottobre del 1965 la versione di accesso delle due vetture adotta il nuovo motore 2.5 tipo M 129 da 150 Cv che vivacizza anche la “piccola” ora chiamata 250 SE (la 300 SE, nel frattempo, ha guadagnato la soglia dei 170 Cv); durano poco anche perché questo M 129 è uno dei pochissimi passi falsi compiuti in campo motoristico dalla Daimler Benz risultando, nonostante i sette supporti di banco contro i precedenti quattro, meno longevo del solito. Le 250 si riconoscono per i cerchi ruota da 14” con copriruota simili a quelli della 230 SL con anello cromato a parte che lascia intravvedere il cerchio.

OTTO CILINDRI
Sia la 250 sia la 300 sono sostituite, alla fine del 1967, dalle versioni 280: nuovi copriruota integrali in un sol pezzo e la possibilità, dall’Agosto 1970, di montare i cerchi in lega la contraddistinguono a prima vista mentre all’interno la pelle prende il posto del legno nella sede degli strumenti principali e gli appoggiatesta ai sedili anteriori diventano di serie; leggermente diverso anche il volante disponibile da questo momento solo in nero. Motorizzate con il nuovo M 130, sul quale è ristabilita la proverbiale robustezza dei motori con la stella a tre punte, i Cv sono ora 160, validissimi ma sufficienti solo per un paio d’anni a tenere il passo dei desideri della clientela sul piano prestazionale.

Dall’estate del 1969 viene in aiuto il nuovo otto cilindri 3.5 M 116 da 200 Cv che riesce a proiettare questi vascelli oltre i 200 km/h, possibilità che è meglio tenere come teorica visti i perduranti problemi di tenuta di strada dell’auto: certamente molti miglioramenti sono stati fatti anche in questo settore durante la vita del modello ma, visto che le prestazioni aumentano via via in contemporanea, il saldo rimane invariato. La protagonista di questo servizio è una di queste ultime caratterizzata dalla nuova calandra abbassata che, vista per la prima volta sulle otto cilindri al loro debutto, da quel momento sarà presente anche sulle 280 a sei cilindri; dotata di tutti gli accessori più esclusivi compreso un condizionatore d’aria in grado di rinfrescare un bilocale, oggi, sul mercato amatoriale, è quotata molto più di una contemporanea e simile Rolls-Royce Corniche: un dato che, per quanto influenzato dalla rarità, ci pare dica molte cose.

La parabola di queste auto magnifiche si conclude nel 1971 con il testimone passato alla serie SLC; degna macchina, ma non in grado di replicare il “glamour” di queste inimitabili Mercedes, ultime testimoni della dolce vita: il Principe Giuliano Maria Niccolani Burgos (personaggio di un memorabile episodio del film “La congiuntura” interpretato da Vittorio Gassman che, con l’inganno, viene indotto a diventare contrabbandiere) mai e poi mai sarebbe andato in giro con una SLC. Tanto più che non è mai stato possibile toglierle la capote.

PERCHE' COMPRARLA

PERCHÉ COMPRARLE
Riteniamo che, chi si sente seriamente attratto da una di queste vetture, non possa esimersi, avendone le possibilità, dall’acquistarne un esemplare; tra l’altro, se ci limitiamo a una Coupé, tale operazione può essere alla portata anche di tasche abbastanza normali. Sono oggetti che parlano agli appassionati con uno stile di vita fatto di signorilità, assenza di fretta, gusto delle cose ben fatte. Automobili che trovano pochi riscontri: è un po’ come parlare delle Lancia dello stesso periodo storico: il pubblico, per molti versi, ha le stesse caratteristiche tranne l’amore per la Stella a tre punte più che per la bandiera blu.

Visto però che cabriolet a quattro posti paragonabili a queste Mercedes la Lancia non le ha prodotte, la coazione all’acquisto è in gran parte causata dall’assenza di alternative tranne la già citata Rolls-Royce che però, incredibilmente, nel confronto perde in quanto ad esclusività. Le versioni coupé, prive di montante centrale, offrono la possibilità di viaggiare quasi come su una cabrio aprendo tutti i cristalli: quando si vuole o si è costretti a viaggiare a bassissima velocità è un’esperienza molto piacevole. Non sono macchine facili da ripristinare perfettamente, a parte i costi stratosferici, ma una volta riusciti nell’impresa si possono affrontare anche lunghi viaggi nel massimo comfort ed affidabilità: tra l’altro tutte sono equipaggiabili di aria condizionata qualora non lo fossero dalla nascita; unica stranezza il rapporto al ponte decisamente corto che, provocando disagio alle nostre orecchie abituate ai bassi regimi di crociera delle auto attuali, induce a un passo inferiore a quello alla portata di questi motori.

La possibilità di partecipare a qualsiasi evento essendo sempre tra i più eleganti della compagnia fa da contorno alla gioia del possesso. È importante, a tal fine, sapere che i pezzi di ricambio sono tutti disponibili presso Mercedes Benz Classic (la branca della Casa madre che si occupa della salvaguardia della tradizione) oppure preso valenti specialisti indipendenti: quindi non si corre il rischio di rimanere con l’auto ferma per mesi: tutt’al più vi sarà la necessità di trovare una Banca disposta ad accendervi un mutuo.

PERCHÉ NON COMPRARLE
Vi è la necessità di viaggiare con queste auto solo se sono in condizioni perfette perché, come succede spesso con le Mercedes, esemplari con interni laceri, sospensioni “scariche”, tracce di ruggine, cromature non perfette, oltre a stringere il cuore, fanno fare all’auto un pochino la figura del “cassone” e, a chi le guida, non proprio quella dell’amatore: quindi, attenti! I costi di ripristino, come detto, sono estremamente impegnativi: ricambi venduti come l’oro e meccanica piuttosto complessa sono un mix potenzialmente indigesto per tutti; anche se, occorre dirlo, se si procede con oculatezza, è difficile arrivare a spendere più del valore della macchina sul mercato. In caso di rivendita, le spese fatte vengono riconosciute. Non compratele pensando alla potenza dei motori (a parte la 220) pensando di guidarle sportivamente e non sfruttatele mai al massimo del loro potenziale; sono macchine da godere in “souplesse”, non sono fatte per essere “pilotate” ma per veleggiare. Attenzione soprattutto sul bagnato: se si spinge può accadere di trovarsi con il retrotreno intento a sorpassarvi e, a quel punto, normalmente i giochi sono fatti!

QUALE SCEGLIERE

Abbiamo solo una versione da sconsigliare: la 300 e non tanto per l’eccesso di cromo quanto per la presenza delle sospensioni pneumatiche che aggiungono indesiderata complessità aggiuntiva ad una meccanica già molto sofisticata. Anche le 220 (da preferire con il cambio manuale), pur se obiettivamente piuttosto lente, non sono da scartare perché, per l’uso d’elezione di queste vetture, l’agilità è sufficiente; è però meglio senz’altro una 250 che, se recentemente restaurata, con le percorrenze che normalmente si totalizzano con le auto d’epoca, potrebbe palesare problemi di durata del motore solo quando vostro figlio sarà in età da pensione.

La numero uno, a nostro parere, è la 280 che ha già prestazioni di tutto rispetto (160 CV), meccanica a prova di bomba e un’attitudine maggiore delle progenitrici a combinarsi con il cambio automatico, dotazione molto confacente a queste auto. La 280 3.5 ad otto cilindri del servizio, con tutto il rispetto per questa che indubbiamente è la punta di diamante dell’intera famiglia, ci sembra faccia pagare all’appassionato, con la sua maggiore quotazione, 40 Cv aggiuntivi che, in questo quadro, non appaiono poi così importanti; inoltre un V8 rimane comunque più esigente di un sei in linea in termini di manutenzione; certamente, per concludere, chi vuole sempre e comunque il top, è questa che deve cercare. Scegliere la versione chiusa o aperta può essere questione di budget, e qui c’è poco da argomentare, ma anche no perché non a tutti interessa viaggiare a cielo aperto pagando il prezzo che ciò comporta; e non ci riferiamo al maggior investimento necessario ma alle maggiori cure che un tetto in tela esige e l’enorme difficoltà di conservarlo stabilmente impenetrabile all’aria (la tenuta all’acqua è invece assoluta).

COSA GUARDARE
La parte meccanica è molto robusta mentre la protezione anticorrosione è quella degli anni ‘60 del secolo scorso quindi cominciate con l’escludere che la ruggine abbia lavorato troppo: cominciate dalla sede dei fari per continuare ad investigare sotto la spessa coltre cromata applicata ai sottoporta, compresi i punti di attacco del cric; sollevate i tappetini dell’abitacolo e del bagagliaio per vedere se infiltrazioni d’acqua hanno fatto danni. Molto importante l’integrità delle parti cromate, soprattutto i paraurti che hanno prezzi esilaranti (se li deve comprare qualcun altro).

La meccanica è anche abbastanza facile da riparare dato che tutte le sue parti sono condivise con le berline e quindi, dato il grande numero di esemplari in giro, ottenibili anche di rotazione o usate; unica eccezione è la pompa di alimentazione che, per eventuali riparazioni, deve essere affidata soltanto a mani esperte pena gravi malfunzionamenti. Le distribuzione non è mai stata silenziosissima su questi motori quindi preoccupatevi solo in caso di rumori veramente forti mentre è importante verificare l’assenza di emulsione sotto il tappo di immissione dell’olio a testimonianza di una guarnizione della testa da sostituire. Questi motori non dovrebbero perdere olio quindi investigate bene l’origine se ne trovate: alcune di esse potrebbero avere origini costose da riparare; le vetture hanno il manometro olio in plancia: verificate che a freddo la lancetta stia in corrispondenza del massimo sempre mentre a caldo è consentito che se ne discosti ma soltanto al regime di minimo.

A carico della trasmissione e dell’impianto elettrico non vi sono particolari problemi da segnalare mentre non si può dire lo stesso per le sospensioni e lo sterzo. Non è raro imbattersi in vetture con scatole dello sterzo stanche che presentano molto gioco e non consentono un pronto ritorno del volante e assetti improbabili con musi che guardano a terra; in ambedue i casi le riparazioni non sono costosissime ma urgenti perché altrimenti impediscono di godere della propria auto.

Dove le dolenti note sono frequentissime è negli interni perché quasi nessuno appare in grado di ripristinare la corretta tappezzeria; anche interni in pelle nuovi, molto spesso presentano grana e schemi delle cuciture o dei forellini di aerazione totalmente sbagliati: se vi interessa l’originalità e le conseguenti certificazioni siete in alto mare anche se il lavoro appare splendente. Fortunatamente non si hanno notizie di false convertibili fatte oggi su vecchie coupé; ad ogni buon conto vi diamo i numeri di telaio che le contraddistinguono: 220 e 250 (Coupé 111.021; Cabrio 111.023); 300 (Coupé 112.021; Cabrio 112.023); 280 (Coupé 111.024; Cabrio 111.025); 280 3.5 (Coupé 111.026; Cabrio 111.027).

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