18 December 2014

Epoca, la Ferrari 250 GT Berlinetta Competizione

Dossier “TdF”. Le vicende delle GT di Maranello chiamate “Tour de France” sono degne di una spy-story. Un modello che ufficialmente non esiste; un soprannome dovuto alle vittorie e assegnato anche ad auto nate prima di quelle vittorie; un telaio che cambia numero...

INTRO

Quell’appellativo non ufficiale, ma usato con insistenza da una folta schiera d’appassionati e di cultori della Casa di Maranello, derivava, come per altre mitiche Ferrari (250 “Mille Miglia”, 250 “Le Mans”, 365 GTB4 “Daytona”), dal mondo delle corse: “TdF”, ovvero Tour de France, era l’estenuante gara francese lunga una settimana, per ben 4.800 km, che la 250 GT Berlinetta Competizione si aggiudicò nel 1956 (poi una Ferrari 250, in varie versioni compresa la GTO, la rivinse ininterrottamente fino al 1964, ndr).

Il merito di questo soprannome così affascinante, in seguito divenuto sigla di riconoscimento del modello, fu di Alfonso de Portago, noto pilota spagnolo, che aveva acquistato, nel 1955, uno dei primi prototipi di questa berlinetta (ne furono realizzati ben sette), col telaio # 0415 GT, e che poi, sulla # 0557 GT, acquistata nel 1956, vinse, insieme a Edmund Nelson, la competizione francese disputata dal 17 al 23 settembre di quell’anno.

Le Mans La Ferrari 250 Berlinetta Competizione, poi presentata al Salone di Ginevra del 1956 (telaio # 0425 GT), aveva un aspetto piuttosto simile a quello della 250 Boano, dalla quale derivava, ma l’ampio montante del tetto dietro ai finestrini era caratterizzato da ben quattordici feritoie di sfogo dell’aria dall’abitacolo, che distinguevano in modo inequivocabile quest’avvenente Ferrari.

Questo particolare, già visto su un altro prototipo (# 0393 GT) esposto a Parigi nel 1955, sarebbe poi divenuto la caratteristica più tipica di tutte le nove “TdF” della seconda serie. Prima di queste due vetture di Parigi e Ginevra, la 250 Berlinetta fu allestita, come detto, in altri cinque prototipi (di cui due acquistati da De Portago), che si potrebbero definire delle pre-serie, e che ripresero, retroattivamente, il nome Tour de France.

GENESI

GENESI
La genesi della 250 GT berlinetta fu motivata dal fatto che, dopo il gravissimo incidente di Le Mans, nel 1955, in cui la Mercedes di Pierre Levegh si schiantò in mezzo al pubblico, uccidendo 84 spettatori, la CSAI istituì una nuova categoria: la Classe Gran Turismo 3 litri. Questo cambiamento del regolamento spinse Ferrari a costruire una nuova e più competitiva vettura da schierare sulla scena delle competizioni internazionali. La “Tour de France” fu dotata di sospensioni anteriori indipendenti, con due triangoli sovrapposti e molle elicoidali, al posto delle balestre semiellittiche della 250 MM; al posteriore, invece, era montato un assale rigido con balestre semiellittiche longitudinali e ammortizzatori Houdaille.

Passo lungo Il telaio (tipo 508) a struttura tubolare, con longheroni a sezione elissoidale, di questa nuova berlinetta, fu notevolmente rinforzato, allungando poi il passo fino a 2600 mm, al posto dei 2400 mm del precedente modello. Il motore 12 cilindri a V di 60° di 2953 cc, con teste e basamento in in alluminio, era derivato da quello della 250 S da competizione, e, sulle prime “TdF”, era Tipo 112, a corsa corta, progettato da Gioachino Colombo, che fu poi aggiornato a Tipo 128 (con candele all’interno della V delle teste) che equipaggiava le successive versioni della “TdF”, nelle evoluzioni Tipo 128 B, C e D.

CAMBIO
Tutte le versioni della “TdF” furono equipaggiate con un cambio a 4 marce. Per quanto riguarda le varianti di modello della “TdF”, sono noti almeno cinque step evolutivi (lasciando fuori i prototipi), a partire da quelle sette vetture che potremmo definire prima serie “a posteriori”, tutte prodotte nel 1956, che assunsero il suffisso “TdF” qualche tempo dopo la loro costruzione. Queste berlinette erano le più somiglianti alla 250 MM (anche se più slanciate di questa), e non avevano le alette di sfogo dell’aria dietro l’abitacolo di cui erano dotate tutte le serie successive. Erano senz’altro le vetture con le linee più morbide e arrotondate di tutta la serie “TdF”, e furono caratterizzate da un’originale copertura in plexiglas dei fari, da una calandra molto ovalizzata, dalle feritorie di sfogo in alluminio sulle fiancate anteriori (poi tipiche di tutte le successive “TdF”) e da una coda tonda, con fanalini circolari (o in qualche caso verticali) che s’inserivano armonicamente in quelle linee dolci.

Tutte le vetture di questa prima serie montavano il 12 cilindri tipo 112, ed esprimevano una potenza di 220 CV a 6800 giri, per una velocità di 240 km/h. Nella “specie Tour de France”, poi, va menzionata un’eccezione, che spesso addirittura non viene considerata in questa categoria: si tratta delle cinque berlinette Zagato. Queste 250 GT “Z”, furono costruite in tempi diversi (l’esemplare delle nostre foto è l’ultimo prodotto, nel 1959 con telaio # 1367). Due di esse, infatti, furono prodotte insieme alle “prime serie” (nel 1956), altre due nel 1957 e la vettura del nostro servizio nel 1959. Niente gobbe Questa 250 GT “TdF” Zagato fu costruita su ordinazione di Vladimiro Galluzzi, un imprenditore edile milanese appassionato di belle automobili, che fu anche il primo cliente, nel 1956, a ordinare a Elio Zagato, suo compagno di scuderia, una vettura su un telaio Ferrari 250 GT Competizione, da impiegare nelle gare (la # 0515 GT). Questa prima Ferrari Zagato che Galluzzi si fece costruire nel 1956, e che avrebbe poi generato la piccola serie di vetture di cui fa parte la 250 GT # 1367, era ben diversa dall’ultima.

La bella # 1367 GT in livrea bianca è l’unica delle cinque a essere stata disegnata personalmente da Elio Zagato, la più raffinata ed elegante della serie anche se, forse, la meno aggressiva. Questa splendida berlinetta non gareggiò mai, come fecero invece le altre quattro, anche perché fu l’ultima a nascere e l’evoluzione del telaio 508 della 250 GT Competizione era ormai giunta alla fine. Tra le altre specifiche, poi, questa 250 GT “TdF” Zagato (come tutte le “Tour de France” prodotte) montava freni a tamburo, mentre i freni a disco stavano diventando uno standard per tutte le vetture da gara. In compenso, la 250 GT “TdF” Zagato # 1367 GT, è certamente la più caratteristica delle cinque berlinette prodotte. La sua carrozzeria in alluminio porta i segni stilistici tipici dell’atelier milanese: le particolari carenature in perspex dei fari, la sagoma un po’ squadrata dell’arco dei parafanghi, la forma originale della seconda luce laterale, i sottili paraurti ricavati da tubi cilindrici di piccolo diametro, all’insegna della leggerezza e della sobrietà. Stranamente, però, non porta il motivo più classico, la firma più riconoscibile dello stile Zagato: le maliziose gobbe sul tetto.

Dopo una lunghissima permanenza negli Stati Uniti, la #1367 GT è ritornata nella sua terra natale, nei primi anni Ottanta, ed è stata poi curata con amore ed esperta passione da un collezionista veneto. Feritoie La prima vettura della seconda serie della “TdF” (# 0585 GT), fu prodotta nel novembre del 1956, e, pur mantenendo nel frontale le formetipiche delle precedenti berlinette, aveva linee piuttosto diverse, anche per il montante del tetto allungato, con le “famose” 14 feritoie, che davano alla coda nuovo slancio, sempre in un trionfo di forme morbide e arrotondate, ma con un accenno di “pinne” verticali nella zona dei fanalini posteriori. Questa versione, che fu prodotta in 9 esemplari dal novembre del 1956 al luglio del 1957, montava il 12 cilindri Tipo 128 B, che aveva una potenza di 230 CV a 7.000 giri.

ZAGATO

Le berlinette 250 GT Competizione prodotte dall’agosto del 1957, “Tour de France” della terza serie, avevano un fantastico muso affusolato con le carenature aerodinamiche in plexiglas dei fari: la loro linea era di sconvolgente bellezza. La coda, meno arrotondata delle precedenti versioni, aveva delle marcate pinne dove erano inseriti i fanalini verticali posteriori. Sul montante del tetto, queste vetture della 3ª serie, avevano in genere tre feritoie (l’esemplare del nostro servizio, # 0793, ne ha solo una, per scelta del suo proprietario che così la ordinò a Maranello –). Per quanto riguarda l’estetica, si può dire che l’aspetto di queste berlinette avesse qualcosa in comune con le venture Sport 250 Testa Rossa. La loro carrozzeria, come per tutte le “TdF” fino ad allora prodotte, era tutta in alluminio, realizzata dalla Scaglietti di Modena su disegno di Pininfarina (che realizzò in proprio soltanto nove dei 76 esemplari costruiti). Gli esemplari della “terza serie” montavano l’evoluzione C del motore Tipo 128, che garantiva una potenza di 240 Cv a 7.000 giri per una velocità di 250 km/h.

Le vetture prodotte nel 1958, poi, avevano delle superfici cromate di contorno alle carenature dei fari e montavano il nuovo motore (tipo 128 D), che erogava una ventina di CV in più (260 a 7500 giri) rispetto a quello della precedente versione, e consentiva alla “TdF” di raggiungere una velocità prossima ai 260 Km/h. Si narra che questo tipo di motore, o perlomeno un Tipo 128 con egual potenza, era già stato montato in precedenza su una 250 GT “TdF” di un cliente molto speciale: il pilota Olivier Gendebien, che, tra l’altro, vinse nel 1957, 1958 e 1959 la corsa da cui aveva poi preso il nome la sua stessa vettura.

ESTETICA
Un cambiamento estetico rilevante, che portò all’introduzione della quarta e ultima serie della Tour de France, fu conseguenza delle nuove norme del codice della strada, che vietavano l’uso di superfici trasparenti davanti ai fari. Nel 1959 queste imposizioni costrinsero a cambiare i connotati e l’aerodinamica del muso della berlinetta eliminando le carenature in plexiglas: con i fari verticali, più avanzati, incassati nei parafanghi, la “TdF” aveva certamente un’aria meno slanciata e aggressiva. E comunque, alcuni esemplari di questa serie furono ugualmente dotati di fari carenati (per esempio alcuni ordinate all’estero).

Questa versione montava sempre il motore 128 D da 260 CV. Tutte le 250 GT Competizione, nate su un telaio a passo lungo (2600 mm), erano certamente vetture espressamente prodotta per correre forte e vincere, quindi erano a tutti gli effetti auto “stradali” da gara. Gli allestimenti interni, perciò, furono sempre di foggia sportiva, con orologi dal perimetro cromato, ben visibili sulla plancia dietro il volante Nardi a tre razze con corona in legno, sedili in pelle molto avvolgenti e la tipica trapuntatura di pelle nera a rombi cuciti, sul tunnel e sul vano dietro ai sedili. La serie di importanti vittorie e affermazioni che la Tour de France può enumerare nel suo palmares sportivo, fanno di quest’auto uno dei mostri sacri nella storia delle competizioni.

INTERIM
Dopo le 76 berlinette “TdF” (l’ultima fu la 1401 GT), e prima dell’uscita di produzione del telaio Tipo 508C e del motore Tipo 128 D, la 250 GT Competizione fu costruita (in sette esemplari), in un ultimo allestimento, sperimentale. Questa berlinetta, che non aveva esteticamente più niente a che fare con le precedenti “TdF”, era in realtà la prefigurazione, su telaio lungo, della cosiddetta SWB, erede dei successi della Tour de France. La 250 Interim, questa la denominazione per la vettura di connessione fra passato e futuro, montò su due dei sette esemplari quattro freni a disco: evoluzione ormai irrinunciabile dei tamburi che avevano equipaggiato fino ad allora tutte le 250 GT Competizione. Particolari erano, come si può notare dalle immagini dell’esemplare del nostro servizio (quello del Museo Maranello Rosso), i cristalli laterali caratterizzati da una doppia luce, con lunetta dietro al cristallo mobile. Il motore montato su questi prototipi sperimentali, era l’evoluzione più potente del tipo 128 della “TdF”, e si avvicinava ai 280 CV che sarebbero stati la potenza della ventura Ferrari. La cosa più sensazionale fu che quest’aggressivo “prototipo della SWB”, riuscì a trionfare nuovamente al Tour de France! Quale migliore “canto del cigno” avrebbe potuto salutare una delle berlinette più vittoriose nella storia delle GT del Cavallino?

CINQUE SONO DI ZAGATO
Splendida creatura d’alluminio, con il telaio lungo, l’accento francese e il vestito di un grande sarto: della serie Ferrari 250 GT Berlinetta Competizione cinque telai sono stati carrozzati e allestiti dalla Zagato (quattro molto simili tra loro e uno piuttosto diverso, quello del nostro servizio), sul telaio passo lungo (2600 mm), con il V12 tipo 128 da 240 CV per la prima, il 128 “B” per le successive tre, e il 128 “D” per l’ultima.

Sono considerate per elezione tra le 76 “Tour de France”, benché stilisticamente avulse dalle quattro serie canoniche. Queste cinque meravigliose Ferrari sono tutte, prima o poi, andate via dall’Italia, per lo più in America: l’unica che ha sentito nostalgia ed è tornata è la # 1367 GT, l’esemplare bianco del nostro servizio (nelle foto). Delle cinque GT “TdF” Zagato, due furono acquistate da Vladimiro Galluzzi (la # 0515 nel 1956 e la # 1367 GT nel 1959), due da Camillo Luglio (la # 0537, intestata alla moglie nel 1956, e la # 0665 GT, nel 1957) e una da Vittorio de Michelis (la # 0689 nel 1956). Tutte queste splendide berlinette, salvo l’ultima, furono utilizzate nelle competizioni dai loro proprietari gentleman-driver.

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