05 February 2015

Design , intervista a Bruno Sacco

L’appuntamento è a Böblingen, poco prima di Stoccarda. “Allora, cosa l’ha spinta a venire a trovarmi fin qui?” Rispondere “Semplicemente per incontrarla” sarebbe troppo facile. Bruno Sacco, uno dei più famosi designer a livello mondiale, per 24 anni (1975-1999) responsabile dello stile della Daimler-Benz....

GLI INIZI

L’appuntamento è a Böblingen, poco prima di Stoccarda. “Allora, cosa l’ha spinta a venire a trovarmi fin qui?” Rispondere “Semplicemente per incontrarla” sarebbe troppo facile. Bruno Sacco è uno dei più famosi designer a livello mondiale, per 24 anni (1975-1999) responsabile dello stile della Daimler-Benz . Nel 2006 è stato ammesso nella prestigiosa Automotive Hall of Fame in Dearborn, Michigan, USA e ha da poco compiuto 80 anni.

Come vede la Mercedes oggi, a dieci e più anni dalla sua uscita?
“Beh, le cose sono molto cambiate. A parte la SL, quando sono entrato c’erano due sole linee di modello. Oggi ce ne sono 17 …” Nato a Udine nel 1933 da Ottavio, ufficiale degli alpini, e Margherita, di origini austriache, è affascinato dai treni: “All’età di sei anni mio padre mi regalò un bellissimo trenino Märklin”. In seguito, cercherà i cataloghi di quella marca “per la perfezione delle riproduzioni e per la generale cura con cui erano stampati”. Ecco il primo segnale che aiuta a comprendere il perché di una scelta. Nel dopoguerra ottiene con poco entusiasmo il diploma di geometra, ma improvvisamente, in uno dei tanti viaggi al seguito del padre, arriva il colpo di fulmine: a Torino “vidi per la prima volta la Studebaker”. 

Ma cos’aveva quella macchina di così particolare?
“Era totalmente diversa da tutte le altre”. E qualche mese più tardi, proprio a Tarvisio, rivide la stessa macchina praticamente sotto casa. Fu il colpo di grazia, l’automobile divenne il primo interesse. Soprattutto futuro: nel 1952 la famiglia si trasferisce a Torino e Bruno, dopo aver frequentato un rapido corso necessario all’acquisizione della maturità scientifica, si iscrive al Politecnico. Gli anni della ricostruzione passati nella capitale dell’industria automobilistica italiana sono estremamente stimolanti, ma si moltiplicano i segnali che lo porteranno a una deferente ammirazione per tutto ciò che è tedesco, automobile in primis, e più specificamente Mercedes. E gli avvenimenti sportivi dei primi anni ‘50 sono un’ottima cassa di risonanza: Le Mans e Carrera Panamericana del ‘52, i due Mondiali di Fangio e la Mille Miglia (1954 e 1955). Ci si mette perfino il calcio, con il campionato del mondo vinto dalla Repubblica Federale di Germania nel 1954! Il tarlo è insediato e Bruno lo asseconderà, benché alla decisione definitiva giunga soltanto dopo due esperienze determinanti. La prima nel 1955, quando, grazie a uno stage offerto dal Politecnico, è ospitato per un breve periodo alla Ghia. Là incontra Luigi Segre e conosce un giovanissimo ingegner Sartorelli che gli svela i primi rudimenti del mestiere.

Che cosa realizzò in Ghia?
“Nulla! Fu solo un utilissimo periodo formativo”. La seconda esperienza risale al 1957.

CARROZZERIA FARINA
Abbandonata l’università perché “mordeva il freno”, Bruno Sacco contatta la Carrozzeria Farina, collaborando per pochi mesi come figurinista (“questa era la denominazione ufficiale del mestiere”, ci dice sorridendo). Qui l’esperienza è simile a quella avuta alla Ghia, ma l’intensità e la qualità del lavoro, nonché il contatto diretto col figlio del titolare, gli consentono di affermare che “Sergio Pininfarina mi ha fatto capire l’importanza del ruolo dello stilista, che deve immettere nelle proprie creazioni, oltre al nuovo, il senso di una propria espressività”.

Questo è l’ultimo passaggio prima della decisione finale, presa nella piena convinzione (“e nella mia immensa presunzione”, aggiunge Sacco) di poter contribuire all’evoluzione dello stile della più importante fabbrica di automobili tedesca: la Daimler-Benz. “A parte la 300 SL, una vettura fuori dai canoni della Casa, e completamente a sé stante, le berline dell’epoca erano piuttosto monotone”.

 

PRIMI PROGETTI

Tramite il console tedesco a Torino, riesce ad avere un appuntamento al Salone dell’Automobile con l’ingegner Karl Wilfert, responsabile della carrozzeria: nel gennaio del 1958 Bruno Sacco è assunto alla Daimler-Benz nel reparto diretto da Wilfert, raggiungendo così la prima parte del suo obiettivo. L’impatto con l’azienda tedesca è ben saldo nella memoria: “Dopo la visita ai vari reparti, ecco che mi si conduce di fronte a un tecnigrafo di sei metri per due, dove mi viene detto di eseguire una Masskonzeption, il mio primo progetto con ingombri. Sul foglio bianco era disegnata solo la linea di terra, mentre le varie misure erano state date a voce”.

L’hanno subito messa alla prova? “Sì, subito nell’acqua bollente!” E quindi? “Beh, si tira una riga orizzontale corrispondente alla Zero Linie (quella che passa attraverso i mozzi delle ruote, n.d.r.), si tracciano le altezze dei passeggeri, i sedili, il vo lante, il motore … Dopo tutto ciò, finalmente la carrozzeria”. Di quale prototipo si trattava? “Era la 600”.

La decisione finale è presa dal direttore del Centro Stile, Friedrich Geiger, che sceglie fra i lavori dei due stilisti allora alle sue dipendenze, Bruno Sacco e Paul Bracq, anche se quest’ultimo monopolizza con il suo tratto la prima metà degli anni ‘60. Dopo sei anni (1963-1968) passati al Settore Sicurezza con Bela Barenyi, Sacco torna al Reparto Carrozzeria affrontando il prototipo con motore Wankel.

Frutto della collaborazione fra diversi reparti produttivi, la “C 111” è per Sacco un’esperienza determinante per comprendere la metodologia di lavoro in un progetto integrato. Nonostante sia l’espressione della tecnologia più avanzata di cui la Daimler-Benz dispone, Sacco ricorda che “ancor prima di arrivare al secondo prototipo (C 111-II, 4 rotori - 1970, ndr), la Casa aveva già deciso di non proseguire nello sviluppo”. La “C 111” è quindi abbandonata, sebbene tra il 1976 ed il 1977 sia ripresa (con motore Diesel) allo scopo di ricerca aerodinamica per le auto di serie. SEC Dopo essergli stata riconosciuta la qualifica interna di “Oberingenieur” (progettista capo), nel 1975 Bruno Sacco succede a Friedrich Geiger a capo dello Stile Mercedes. L’ultimo obbiettivo è raggiunto: ora si tratta di modernizzare quelle “berline piuttosto monotone”.

La serie “S” (W 116) del 1972 sta per concludere il suo ciclo produttivo, e per Sacco è l’inizio di un rinnovamento il cui vero precedente è la berlina di Paul Bracq del 1965. Si passa così da un corpo vettura dalla bassa linea di cintura e dai montanti sottili, sempre col severo fronta- le a fari verticali (W 108), a un altro che risulta alleggerito nel fianco grazie all’impercettibile cuneo che dal frontale sale nei successivi 5 metri fino al bagagliaio, originando una berlina snella ma autorevole e dal retrogusto italiano. Sarà un grande successo, protrattosi per ben 12 anni (1979-1991), confermato dall’elegantissima “SEC” a due porte che risulterà la capostipite delle coupé Mercedes di grandi dimensioni e abitabilità (4 comodi posti) tutt’oggi a listino.

GLI ANNI 90

“Non è stato facile -sottolinea Sacco- far digerire al Comitato Direttivo questo concetto. In realtà, la proposta della due-porte con la maschera della berlina partiva favorita. Ma alla fine ha prevalso il modello che tutti conosciamo”. Sacco minimizza una scelta epocale nel design Mercedes: l’imposizione del frontale “SL” a tutti i coupé derivati dalle berline della serie “S”, caratteristica poi estesa ad altri modelli della Casa.

Vettura di notevole successo, nonostante la fascia di mercato cui si rivolge, la “SEC” (W 126 C) resta la creazione preferita di Bruno Sacco, che ci confida: “Si è venduta molto bene in Italia, e soprattutto a Milano. Difatti, quella che ho acquistato di recente l’ho trovata proprio a Milano”. Hall of Fame Definitivamente eliminata la vecchia sensazione di “monotonia delle berline” grazie alla “190” (W201 - 1982) e alla “200” (W124 - 1984), rimane da affrontare un’ultima prova: la sportiva di lusso.

LA SL...
Che in Daimler-Benz corrisponde a una sigla quasi eterea, SL, e comporta di sostituire il modello di maggior successo, nato nel 1971 come “350 SL” (R107). E non solo: si tratta di sviluppare un concetto che è stato dapprima simbolo di superiorità nelle corse (300 SL, 1954-57 e 1957-63), poi di eleganza e stile (230/250/280 SL, 1963 - 1971), infine sic et simpliciter di roadster di lusso tedesca (da 280 a 560 SL, 1971 - 1989). Insomma, roba da far tremare i polsi.

Per nulla intimorito da tali quarti di nobiltà, Sacco semplicemente li mette da parte e presenta un progetto senza compromessi. “Zero linie”, passo, ingombri esterni… un cofano motore lungo e bassissimo, di pochi centimetri sopra il passaruota, una forte inclinazione del parabrezza, l’ampio sportello, il corto vano bagagli. Un disegno deciso ed elegante, forte e classico, nel quale è esaltato l’incontro tra innovazione stilistica e tradizione sportiva. Pare naturale quindi che la prima versione a comparire sia con la massima cilindrata disponibile: ecco la “500 SL”.

 

GLI ANNI 90
Gli anni ‘90 vedono la gamma Mercedes rinnovarsi rapidamente: si ampliano le serie esistenti (“CLK”, “SLK”) e ne nascono di nuove (“ML, “CLS”, “Classe A”). Tutto ciò segue alla creazione del nuovo Centro Stile di Sindelfingen, progettato da Renzo Piano con Bruno Sacco che partecipa alla definizione della struttura interna dei vari reparti. Grazie a Sacco nascono anche i Centri di design avanzato della Daimler- Benz in California, Giappone e Italia, veri laboratori di idee espresse da decine e decine di collaboratori.

Infine, nel 1999, la quiescenza dopo 41 anni di collaborazione esclusiva con Stoccarda. Oltre a vari riconoscimenti ottenuti in carriera, nel 2006 Bruno Sacco è stato iscritto nella Automotive Hall of Fame di Dearborn, nel Michigan, e nel 2007 in quella di Ginevra. Solo dieci italiani ne fanno parte, tra i quali Sergio Pininfarina e Giorgetto Giugiaro. Nel 2002 l’Università degli Studi di Udine, sua città natale, gli ha conferito la laurea honoris causa in Ingegneria. “Una bella sorpresa -commenta Sacco- che mi ha fatto molto onore”.

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