Il primo studio di progetto di quella che sarà poi la Lotus Europa è datato 1963, con i disegni dell’allora direttore della Lotus Engineering, Ron Hickman, nati come proposta per un’auto da competizione per la Ford. Poi, ad aggiudicarsi quella commessa fu la Lola, anche perché Colin Chapman voleva che l’automobile si chiamasse solo Lotus, senza l’aggiunta di Ford. Il patron Lotus decise di usare le linee di Hickman, che con un Cd di soli 0.29 avevano un coefficiente di resistenza all’avanzamento (drag) eccellente per l’epoca, come base per la nuova GT di serie che Lotus voleva lanciare con il nome di Europa. Una GT che voleva essere economica. La prima versione però lo era fin troppo: aveva i finestrini laterali fissi, i sedili non regolabili e un impianto di riscaldamento misero; le vendite della type 46, come fu chiamata la prima serie, non furono perciò un successo. Sotto il profilo tecnico, invece, la 46 vantava soluzioni piuttosto interessanti, proprio perché ispirate alle competizioni.
TELAIO
Il telaio riprendeva la filosofia progettuale della Lotus Elan, con il trave centrale in acciaio scatolato che oltre alla scocca sostiene motore e sospensioni. Inoltre, la nuova Lotus montava il motore in posizione centrale, novità assoluta all’epoca per una vettura stradale. Allo scopo fu preso il blocco motore-cambio derivato dalla Renault 16 TL, girato di 180° rispetto alla vettura francese. Il quattro cilindri francese di 1.470 cc, pur se ancora a valvole parallele e dunque senza la raffinatezza dell’elaborazione presente sull’Alpine, era una scelta eccellente e coerente con la filosofia di Chapman votata alla leggerezza, dato che era tutto in alluminio, e nella versione modificata per la Lotus Europa stradale garantiva una potenza di 82 Cv che, grazie al peso contenuto in 680 kg, spingeva la GT inglese a una velocità massima di 180 km/h. C’erano poi sospensioni anteriori a doppi triangoli di derivazione Triumph Spitfire, così come la scatola guida, mentre al posteriore erano composte da trapezi inferiori con lunghi puntoni longitudinali tipo monoposto, così come i bellissimi, e delicati, portamozzi in fusione. Per le gare Chapman preferì poi investire sulla Lotus 47, nata nel frattempo, che tuttavia ebbe anch’essa una breve carriera perché il genio inglese alla fine degli anni ’60 decise di dedicarsi soprattutto alle Sport e alle monoposto lasciando il settore delle GT.
Quindi, lo sviluppo della 46 restò in mano ai piloti privati e probabilmente il suo vero potenziale restò inespresso. Tuttavia, questa “figlioccia” di Chapman troverà modo di prendersi una parziale rivincita partecipando a diverse competizioni, tra cui spicca la Targa Florio del 1968 con Helmut Marko, guadagnandosi così il pieno diritto di partecipare oggi alle gare per auto storiche. Fai-da-te La Lotus Europa del nostro servizio, nata nel 1970 e immatricolata 3 anni dopo, viene acquistata nel 2000 da Valerio Leone, attratto dalle caratteristiche tecniche della vettura che, sulla carta, si preannunciavano interessanti per un utilizzo sportivo. “Pur sapendo che probabilmente non avrei mai potuto contare su una vettura competitiva nei confronti dell’Alpine -ammette Leone-, volevo capire il suo reale potenziale, anche alla luce del peso minimo in fiche di soli 613 kg, che offre un certo vantaggio rispetto alla rivale francese. Inoltre, va sottolineato che i costi, sia di acquisto sia di preparazione, sono ben inferiori”.
Anche perché l’appassionato di Casorate Sempione (VA) ha deciso di effettuare di persona il restauro, peraltro completo perché la vettura si trovava in condizioni misere al momento dell’acquisto, diluendolo negli anni. Il tutto dopo aver frequentato un corso di meccanica motoristica presso la scuola professionale Alfa Romeo per colmare le proprie lacune in materia meccanica. “Proprio i professori mi hanno dato una grossa mano per calcolare con le formule matematiche le corrette lunghezze dei collettori di aspirazione, per i quali ho fatto realizzare un’apposita fusione”. D’altronde, visto che le velleità corsaiole della Europa furono soffocate sul nascere, anche in Inghilterra era difficile trovare evoluzioni. Tanto che la gabbia di sicurezza è stata studiata e realizzata appositamente dall’ingegner Ermolli (noto Costruttore di auto da corsa varesino, ndr), il quale “ha fatto una struttura eccezionale, che si integra perfettamente nella carrozzeria”, precisa Leone.
Nel frattempo la scocca in fibra era stata separata dal telaio, poi sabbiato per verificarne le condizioni, e ricondizionata. La preparazione del motore è stata eseguita secondo le specifiche del Gr. 4, con equilibrature delle masse alterne, sostituzione dei pistoni con altri più racing, lavorazione della camera di scoppio e sostituzione delle valvole con altre di diametro maggiore, anche se di poco dato il limitato spazio disponibile, lucidatura dei condotti, albero a camme più spinto, impianto di scarico quattro in uno e carburatori doppio corpo Weber da 40 mm. Un lavoro che ha portato la potenza a circa 130 Cv, lontano dalla Alpine che però può vantare un motore assai più evoluto. Sono stati revisionati anche l’impianto frenante e le sospensioni, con ammortizzatori regolabili in altezza, soprattutto al posteriore dove un punto debole veniva dai semiassi che forzavano sul differenziale creando problemi sia agli ingranaggi sia ai cuscinetti. Questo problema è stato risolto grazie ad un sistema “dual link”, in origine studiato da un appassionato americano, tal Jerry Blaine, che negli anni ’60 correva con la Lotus Europa, e poi ripreso dalla Banks Engineering, che con il puntone maggiorato limita anche la fragilità dei portamozzi in fusione.
Per il resto, il cambio pur avendo quattro rapporti ha una buona spaziatura e con il rapporto finale 9/32 consente alla Lotus Europa di superare i 200 km/h. Il tocco finale ha riguardato la verniciatura, che riprende la colorazione ufficiale dell’epoca. Il restauro è stato ultimato l’anno scorso e l’unica uscita, come “rodaggio”, è stata la gara in salita a Orvieto, che ha evidenziato qualche problemino di… gioventù. Ora la messa a punto prosegue con l’intento di intensificare l’attività in pista.