26 November 2014

Design, non solo retrò

Anche il fenomeno retrò si evolve e le concept più recenti dipingono sì l’auto come un oggetto da sogno, ma un sogno tecnologico. I modelli più interessanti e innovativi....

INTRO

Ci sono più modi di valutare l’attuale stato dell’arte del car design. Da una parte si vede l’arrivo di una vera tempesta di novità tecnologiche in grado di cambiare a fondo sostanza ed aspetto dei mezzi di trasporto; dall’altra rimane una visibile difficoltà nel trovare il linguaggio estetico giusto, nuovo ed emozionante per vestire tali evoluzioni tecniche. Il recente Mondial a Parigi ci restituisce proprio questo quadro, un’istantanea in cui si percepisce entusiasmo, l’ingrediente più importante, ma anche tanti ripensamenti a livello di stile e il solito effetto scia di alcuni trend che finiscono per uniformare troppi modelli di marchi diversi. In questo scenario si può restare ammaliati da linee perfette ma un po’ conservative, così come essere disturbati da alcuni eccessi difficili da giustificare.

MIATA
Nel primo filone citiamo volentieri la riuscita MX-5, che cambia ma non troppo. Come sempre. Il modello da sostituire era perfetto, prima dell’ultimo restyling, grazie ai volumi geometrici regolari ma morbidi e soprattutto per merito dell’assoluta coerenza fra forma generale e dettagli. Oggi il nuovo corso stilistico esplorato con la Shinari si fa spazio sotto le candide lamiere della precedente generazione e inizia a innovare da dentro, dando tutti gli spigoli e le tensioni che mancavano per un aspetto decisamente più dinamico. Perde i bei parafanghi applicati, in favore di un trattamento della fiancata più banale, da muscle car che si addice meno al carattere sobrio da gentleman driver che l’ha sempre contraddistinta. Quello che acquista è un ritorno ad un look di sapore anni settanta, questa volta con l’intervento stilistico più vistoso, sul posteriore.

 

Ora il volume di coda ha uno spoiler ottenuto con un incavo orizzontale in cui sono inseriti i gruppi ottici; una soluzione certamente più sporca di prima, ma molto gratificante e ben disegnata, forse non originalissima pensando ad Alfa Romeo, Bmw e altre. Come sulla Jaguar C-X16, sono abbinate due figure: il cerchio per evocare le sportive italiane e una pinna esterna sottile, un’aggiunta che cavalca i trend attuali futuristici che prediligono uno sguardo freddo e minaccioso.

Lo stesso tipo di spoiler caratterizza la vista posteriore dell’Audi TT Sportback, un ottimo esercizio di stile in cui si combina la purezza del modello originale con i nuovi stilemi geometrici e ricchi di dettagli obliqui della direzione di Wolfgang Egger. Questa coupé quattro porte si fa notare per la pulizia complessiva che pochi marchi avrebbero scelto o saputo ottenere per una vettura sportiva. In un’epoca di eccessi ben venga una scelta come questa. La coerenza tra vista frontale e posteriore è alta, ad eccezione della scelta un po’ Saab di inserire il logo dei quattro anelli sopra la sottile bacchetta centrale dei gruppi ottici, in una zona che appare compressa e probabilmente a rischio di stancare in breve tempo.

 

L’altra piccola critica che si può fare a questa elegante sportiva è l’aspetto un po’ massiccio del paraurti, sensazione enfatizzata proprio dallo sviluppo orizzontale a tutta larghezza dei fari. Peccato, perché Audi fa parte di quei marchi che hanno colto per prime le potenzialità di una linea di cintura più bassa, chiara ispirazione alle belle automobili del ventennio cinquanta-settanta. In ogni caso l’originalità del posteriore assicura alla Sportback di essere sufficientemente diversa ed esclusiva della concorrente casalinga A3 Sedan. Il tema di uno stile aggraziato là dove non te lo aspetti si ritrova in casa Mercedes.

 

 

COERENZA
La AMG GT, sia chiaro, ha muscoli e prese d’aria al loro posto, ma la carrozzeria è morbidissima e sinuosa, forse la più vicina all’icona SL Gullwing. Rispetto alla SLS, ad esempio, la GT ha gli stessi tratti somatici: fari grandi e verticali, una bocca arrotondata e un trattamento generale organico, fino al taglio del finestrino laterale a pinna che raccorda il volume di coda sfuggente e visivamente silenzioso. Anche qui troviamo una grande coerenza fra le varie viste, come ad esempio nel profilo degli spoiler inferiori che scendono alle estremità per dare enfasi rispettivamente alle prese d’aria dei freni e ai terminali di scarico. I fari sottili posteriori sono una scelta intelligente anche se potrebbe sembrare poco innovativa. Non solo si evitano inutili barocchismi, ma si valorizza meglio la vista principale dell’auto che è, e deve rimanere, quella anteriore: una lezione di car design che è sempre stata parte integrante del successo dello stile italiano e che rientra nella mentalità mediterranea di sapersi fermare prima degli eccessi. 

LAMBORGHINI

Va letto in quest’ottica il lento e progressivo allontanamento di Lamborghini dallo stile stealth che le ha attirato non poche critiche e che comunque iniziava a mostrare i suoi limiti espressivi. Raggiunto il punto di non ritorno con la Concept Egoista, occorreva evidentemente dare un segnale positivo di un ritorno a forme disegnate e meno aggressive. La Asterion va esattamente in questa direzione, con chiaro riferimento alla Miura, senza esserne un remake. L’espressione è la stessa: proprio come per l’operazione AMG GT/SL, si è partiti dallo sguardo. Debitamente incattivita secondo i trend del momento, la Asterion ha fari più aperti ed espressivi rispetto a tutta la produzione recente del marchio, ma soprattutto con un profilo non più spigoloso.

FIANCATA
Lo sbalzo anteriore è più pronunciato, anche per il parabrezza più verticale rispetto, ad esempio, la Huracàn e in generale la carrozzeria non è un cuneo monolitico proiettato in avanti, quanto piuttosto un veloce moto scafo con la prua leggermente sollevata che viene spinto con potenza dai motori fuoribordo. Larghezza, altezza e prese d’aria laterali concorrono infatti a sbilanciare fortemente il volume posteriore rispetto all’anteriore basso e sottile. La fiancata è la parte più debole della concept, mentre la vista posteriore regala un pacchetto ben confezionato di elementi del marchio e riferimenti espliciti agli anni settanta. Bellissimi i gruppi ottici smaterializzati e sospesi sull’apertura centrale, perfezionamento dell’idea vista sulla poco convincente Veneno; squisitamente vintage anche i terminali di scarico esagonali, l’elaborato lunotto a celle e gli interni a contrasto, simili a quelli della Huracàn, ma ingentiliti e con i vari elementi meglio amalgamati, come ad esempio le bocchette d’aerazione incastonate nel solco trasversale, anziché annegate nella scocca superiore.

TECNOLOGIA

Finchè ci sono elementi del passato a cui ancorarsi, sembra che il car design abbia ancora molto per sorprendere e fare sognare; il discorso cambia quando entriamo nel territorio dell’innovazione. Le nuove tecnologie meritano un linguaggio stilistico capace di suggerirne tutti i vantaggi pratici e possibilmente renderle accattivanti. Negli anni recenti si è visto qualcosa legato alle fuel cell, con richiami alle forme esagonali di ipotetiche celle di accumulo di energia, o l’uso del bianco e del blu, rispettivamente a rappresentare la purezza di un veicolo zero emission e la corrente elettrica. Nel campo degli abbellimenti e degli effetti luminosi si continua a vedere qualcosa di nuovo e interessante, mentre dal punto di vista delle forme vere e proprie, le idee scarseggiano.

Lo dimostrano due concept con propulsione ibrida esposte a Parigi: la Toyota C-HR e la Peugeot Quartz. Quest’ultima, in particolare, lascia un po' perplessi nel quadro di rilancio stilistico del marchio che sforna ormai con regolarità idee originali (come la shark skin della Exalt) e risultatici estetici notevoli, tra cui la stessa Exalt, la Onyx, la SR1, ecc. Questa nuova Suv è caratterizzata da proporzioni quasi esagerate e da un trattamento delle superfici eccessivamente sfaccettato. I volumi non si amalgamano al meglio tra loro, le superfici piatte, specialmente al posteriore, restituiscono una sensazione di fragilità e di spessori sottili, sicuramente l’effetto opposto che si desiderava dare con quella fiancata altissima e la vetratura ridotta. Si conferma buona l’idea di enfatizzare le prese d’aria colorandone le pareti interne con tinte forti a contrasto rispetto alla carrozzeria. L’avevamo già vista sulla Kia Provo del 2013 e sulla citata Lamborghini Egoista. E’ una soluzione grafica, ma è interessante perché suggerisce la presenza di un’energia interna racchiusa da un guscio tecnologico; un concetto più profondo di quanto sembri, che fa leva su aspetti psicologici potenti. 

TOYOTA
La Toyota C-HR non si spinge in considerazioni profonde, ma interpreta il tema della piccola Suv eco friendly, divertente e tecnologica. Per riuscirci si ispira alla Nissan Juke alzando al massimo linea di cintura e gruppi ottici. Il frontale e la vista posteriore sono fortemente caratterizzati da superfici piane geometriche che trasmettono solidità e un aspetto vagamente robotico, dal momento che tutta la carrozzeria sembra scomposta in parti semovibili. Le aperture sono sovradimensionate, sgraziate e troppo diverse fra loro: geometriche quelle anteriori, morbide e sinuose quelle posteriori, a cui però si abbinano i gruppi ottici a lama ricurva separati dalla carrozzeria, un virtuosismo! La Eolab di Renault ha un posteriore simile, ma con l’obbiettivo di riempire una coda massiccia e tronca tipica dei modelli ad alta efficienza aerodinamica, tema centrale del progetto. Stilisticamente diversa dalle possibili concorrenti giapponesi, Prius e Insight, la Eolab rispetta il linguaggio organico del marchio francese. Se il frontale risulta un po’ incerto, specialmente per il disegno vago dei fari, è la vista laterale quella più riuscita. La nervatura parte dal parafango anteriore e fugge verso il posteriore insieme al tetto molto spiovente e al basso montante, dando la sensazione che la vettura sia più grande del reale. 

RENAULT

Restando in tema di concretezza, Renault ha svelato a Parigi anche la sua ammiraglia Espace che cambia come non aveva mai fatto in passato. Più slanciata e ammiccante, questa nuova versione rinnega in parte sia il DNA del modello che quello del marchio. Questo corso è arrivato come reazione alla crisi creativa iniziata nel periodo 2005-2007 con la Twingo 2 e Clio 3. Prima di allora, Patrick Le Quément era riuscito a salvaguardare l’originalità Renault, ricordando che questa risiede soprattutto nel dare un’impostazione architettonica alle vetture, anziché rifarsi ai classici stereotipi legati all’automobile, come dinamismo, proporzioni sportiveggianti, o aspetto aggressivo.

Purtroppo tutto questo è stato in parte sacrificato sull’altare del fatturato, uniformandosi a detti valori con un design opportuno. Le speranze di originalità sono da riporre tutte in Citroën, che non teme di disorientare il pubblico con continui cambi di immagine proposti nelle sue concept. Al Mondial porta la Divine DS, un nome che esprime tutta la fiducia riposta nel suo marchio d’élite. Il volto è quello della concept Numero 9 del 2012 e del modello di serie 5LS, mentre tutto il resto è creatività. I gruppi ottici posteriori nascono da una lama di metallo sulla fiancata, un po’ come sul cofano motore della DS5 e disegnano due aperture profonde in cui sono appesi i fari.

Questa è la vista più importante della Divine perché al di là dell’eccessiva larghezza, che la appesantisce non poco, ci sono elementi più coerenti con la tradizione del marchio. Finalmente ritornano gli spigoli, le cuspidi e i richiami al double chevron. Se si pensa ai modelli storici più significativi, ricorre la presenza di punte e profili sottili, dettagli ricercati e tutti quegli stilemi utili a restituire un’immagine femminile, raffinata, snob a volte, ma mai massiccia. Gli interni sono un trionfo di questo concetto, con i rivestimenti trapuntati e preziosi, una contaminazione con il mondo dell’alta moda. In fin dei conti l’essenza dello stile francese dovrebbe essere anche questa, con l’auspicio che tutti i marchi proseguano nella ricerca di un’immagine mai uniformata a una globalità che, al contrario, ha fame di emozioni.

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