La “Gamme L” Il progetto della nuova “Gamme L”, che soltanto pochi mesi prima del lancio commerciale verrà rinominato in “Gamme M” per evitare sgradite assonanze con la parola francese “gamelle” (la ciotola per il rancio dei soldati), era già stato avviato nella prima metà degli anni Sessanta, con l’obiettivo di trovare un’erede per la gloriosa ID / DS. Questa, nata a metà degli anni ‘50, restava innovativa e possedeva caratteristiche insuperate anche dopo un decennio, ma il problema della sostituzione si poneva vista l’evoluzione del mercato, nell’alto di gamma. Le idee non erano però ben chiare, e dovevano di volta in volta adattarsi alle diverse situazioni industriali che caratterizzavano la Casa.
LA GS
In più, il progetto avrebbe subito dei rallentamenti; per il lancio della GS, che sebbene fosse stata commercializzata prima, fu in realtà concepita dopo la “Gamme L”, e per i complessi e costosi studi sul motore rotativo, che nelle intenzioni iniziali dei tecnici avrebbe dovuto trovare posto nel cofano della nuova vettura. Addirittura, il progetto aveva dovuto tener conto anche del motore boxer di origine Fiat, poi montato sulla Lancia Gamma, che prima dell’interruzione dell’accordo tra la Casa italiana e la Citroën era destinato a trovare posto sotto il cofano dell’erede della ID / DS. Tutto questo in una situazione economica non certo florida, con le vendite non così entusiasmanti come i vertici della società avrebbero voluto e una campagna di acquisizioni che, dal 1965 al 1968, aveva allargato il perimetro di attività della Casa ma aumentato i costi.
In tutto questo crogiolo di idee, il nuovo modello venne comunque ad assumere via via diverse configurazioni: la carrozzeria affusolata, influenzata anche dagli studi coevi di Pininfarina, l’innovazione sui comandi di bordo, le dimensioni inferiori alla DS per far spazio a una sorta di SM a quattro porte. All’interno del progetto confluivano quindi tante idee e tante soluzioni utilizzate o sperimentate dalla Casa in quel periodo. La CX si può quindi considerare una sorta di “manifesto” finale e riassuntivo di tutta la storia Citroën, che proprio nell’anno di lancio della sua ammiraglia vedrà concludersi la sua storia di costruttore indipendente con la cessione del 38,2% delle azioni alla Peugeot, avvenuta il 1 giugno 1974, che in un paio d’anni l’avrebbe portata a detenere la maggioranza assoluta delle azioni Citroën.
COMANDI INTEGRATI
All’epoca della presentazione la vettura era davvero moderna e futuristica: non solo per lo stile esterno, completamente diverso da tutte le avversarie e simile solo a quello della “sorella” minore GS, ma anche per l’ergonomia dei comandi e l’elevato confort favorito anche dal particolare telaio isolato dalla carrozzeria. L’influenza di altri studi di Pininfarina del 1967 era chiara, ma la vettura appariva comunque originale e innovativa.
Di profilo spiccavano il parabrezza molto inclinato, la linea di cintura filante senza interruzioni, il cofano anteriore morbido e la coda tronca. Raffinati erano molti particolari: le maniglie delle porte, eleganti e funzionali, l’andamento della lamiera del cofano nella zona dei fari, che ricorda vagamente la stessa DS, le ruote posteriori carenate, i paraurti cromati che chiudevano visivamente le sezioni anteriori e posteriori. Non da meno era l’interno: la plancia ergonomica, il pannello della porta molto sagomato, con integrati numerosi accessori, la particolare soluzione del velluto incollato sulla plastica della plancia. E il posto di guida, con la strumentazione a tamburi rotanti racchiusa nella particolare “lunule”, ai lati della quale si trovavano inediti “satelliti” che consentivano di comandare numerose funzioni senza staccare le mani dal volante. Che, ovviamente, era di tipo monorazza. In realtà, l’interno avrebbe dovuto essere ancora più avveniristico.
Oltre al quadro a mezzaluna con strumentazione rotante e ai due satelliti laterali, il volante, sui primi prototipi, era una sorta di “cloche” aeronautica. Molto simile agli attuali volanti di F1, era caratterizzato da una demoltiplicazione direttissima, con meno di mezzo giro per una sterzata completa, e addirittura dai comandi integrati di acceleratore e freno. Tirando verso di sé, si comandava il gas, spingendolo in avanti, i freni. Inutile dire che i collaudatori, percorsi pochi chilometri con questi mezzi, bocciarono senza mezze misure tali soluzioni, paventando una strage di automobilisti inconsapevoli...