A fine anni ’60 la BMW si è lasciata alla spalle la crisi in cui era sprofondata nel dopoguerra; dapprima rimasta a galla con l’Isetta, ha risalito la china con la piccola 700 firmata da Giovanni Michelotti, che disegnerà tutti i modelli del decennio successivo dando un forte imprinting al marchio bavarese; infine, con le coupé 1602-2002 arriva il tanto sofferto riscatto e i vertici della Casa possono guardare al futuro con ottimismo, gettando le basi di un programma molto ambizioso: diventare l’alternativa alla Mercedes-Benz. Sembra un sogno da pazzi visionari, per un’azienda che soltanto dieci anni prima ha sbarcato il lunario montando motori motociclistici su un ovetto a tre ruote scartato dagli “Italienisch”, ma a Monaco ci credono. E, tanto per chiarire che fanno sul serio, nel 1970 ingaggiano come responsabile del centro stile nientemeno che Paul Bracq, il designer francese autore di due ammiratissime Mercedes: la SL “Pagoda” e la 600, la limousine più in voga tra capi di stato, jet-set e potenti in genere. Bracq rimarrà in quel di München solo quattro anni, prima di andarsene in Peugeot, ma il periodo trascorso in Baviera si rivelerà assai fecondo dal momento che il francese firmerà tutta la nuova gamma che arriverà senza grosse modifiche fino agli anni ‘80: si comincia nel 1972 con il lancio della serie 5 “E12”, cui seguiranno le serie 3, 6 e 7. E a questo punto, in quel di Stoccarda, qualcuno inizierà ad avere più di un mal di testa…
C’è molta Italia nell’aspetto di queste BMW e di tante altre auto germaniche: innanzitutto, Bracq non rinnega alcuni particolari introdotti da Michelotti, quali il frontale “a bocca di squalo” caratterizzato da muso appuntito, mascherina leggermente inclinata all’indietro con doppio rene centrale e quattro fari circolari di ugual diametro come sulla ammiraglia E3; inoltre, anche Nuccio Bertone aveva proposto alcuni prototipi su base Bmw (tra cui la “Garmisch” del 1970) nei quali si intravvede qualche anticipazione di quello che sarà il nuovo corso; e pare che proprio Bertone, sebbene in veste non ufficiale, fosse una sorta di consulente dei vertici della Casa ai quali dispensava preziosi suggerimenti. Ovviamente Bracq ci mette del suo e riesce a miscelare sapientemente il solido aspetto teutonico con soluzioni all’italiana; e per chi ancora nutrisse dubbi circa questo argomento, ricordiamo che nel frattempo il centro stile della Mercedes è stato affidato a un certo Bruno Sacco e che la Volkswagen, in forte crisi d’identità, vivrà un esaltante rilancio soltanto grazie alle felici intuizioni di Giugiaro…
Benché nel 1970 la “2002” sia ancora sulla cresta dell’onda di qua e di là dell’Oceano, i bavaresi non dormono sugli allori e iniziano a pensare alla sua sostituta, la E21, che ovviamente dovrà essere migliore: l’incremento dell’abitabilità posteriore è uno degli obiettivi da perseguire, così come una maggiore facilità di guida sul bagnato; inoltre la sicurezza, che in Europa è un argomento ancora poco considerato, negli USA è un “must” imprescindibile, per cui, oltre ad avere i paraurti ad assorbimento, la nuova scocca dovrà essere più rigida. Come già detto, nel 1974 Paul Bracq ritorna all’ombra della torre Eiffel e il suo posto viene preso da Claus Luthe, che in via ufficiale figurerà come il creatore della vettura al momento del lancio. Nel febbraio del 1975 avviene una presentazione “a porte chiuse” alla quale sono invitati i concessionari tedeschi, per sondarne le reazioni; il modello viene poi mostrato alla stampa a luglio, mentre il grande pubblico dovrà aspettare ancora un paio di mesi quando al salone di Francoforte potrà finalmente toccare con mano quella che comunemente sarà chiamata la “serie 3”.