16 December 2015

BMW 3200 S, la Balena Bianca

Abbondante nelle forme ma bella da guidare, la grossa berlina anni ’50 di Monaco non ebbe grande diffusione. Non per mancanza di qualità, che invece aveva in abbondanza. Ma per le difficoltà economiche e politiche della Casa, che nel dopoguerra non riuscì a costruirla in numeri adeguati...

FORME

La BMW 3200 S telaio # 73740 sembra una balena bianca fra le snelle Ferrari, Maserati e Mercedes della collezione Mutschlechner. Ci spiega perché si trova lì Paul Niederkofler, genero di Erberto Mutschlechner: “La vettura apparteneva allo scultore Josef Plankensteiner, socio dell’Oldtimer Club Pusteria. Mio suocero l’ha acquistata dagli eredi, spinto dal ricordo dell’amico e dal desiderio che la 3200 S rimanesse nel club di cui io sono presidente. Le scelte con il cuore non sono meditate. Perciò, quando abbiamo portato la macchina a Campo Tures in Val Aurina dal nostro carrozziere di fiducia Franz Weissteiner, abbiamo verificato che la tinta Stahlblau-metatlise non era quella d’origine, così come la tappezzeria di pelle bianca. Franz è un grande appassionato di auto d’epoca, è lui che ha restaurato le nostre Ferrari, gli abbiamo quindi affidato la BMW offrendoci di aiutarlo a cercare i ricambi.

Non abbiamo incontrato difficoltà con i pezzi meccanici, ma certi particolari della carrozzeria sembravano introvabili. Abbiamo quindi comprato una seconda macchina per recuperare i pezzi mancanti. Forse la precauzione è stata eccessiva perché alla fine abbiamo trovato tutto grazie anche ad alcuni amici in Germania. Il risultato del restauro totale è notevole, anche dalle foto si vede che la nostra 3200 S è tornata come quando uscì dalla fabbrica nel 1963. Guidarla è un piacere: è veloce, comoda e silenziosa. Nonostante le dimensioni, è anche agile. È molto adatta ai lunghi viaggi, ma anche quando l’abbiamo impiegata per i matrimoni degli amici ha fatto un’ottima figura. L’unico neo è lo sterzo duro in manovra, forse perché siamo troppo viziati dal servosterzo delle auto moderne”.

La 3200 S del 1963 è il punto d’arrivo delle grandi berline BMW note con il nomignolo “Barockengel” (in italiano “angelo barocco”). Con il motore V8 di 3168 cc evoluto dalla berlina 502, sviluppa 160 CV e tocca 190 km/h. In movimento si annuncia con un sibilo che gli automobilisti dell’epoca rispettavano come un segno di teutonica efficienza, al pari del fischio in picchiata dei bombardieri Ju 87 “Stuka”. In realtà, quella nota acuta e insistente dipende da un dettaglio aerodinamicamente imperfetto della carrozzeria.

FORME
A parte i fanali posteriori tondi e la maniglia del baule più grande, le forme della 3200 S sono quelle della BMW 3,2 Super prodotta dal 1957 al 1961. La meccanica invece differisce per la scatola del cambio solidale col motore (prima era separata e collegata da un corto semialbero), per i freni a disco con servofreno di serie (prima erano optional) eper la potenza elevata da 140 a 160 Cv, con il rapporto di compressione più alto e due carburatori Solex 36 PAITA. Nella gamma del 1963 la 3200 S era affiancata dal modello 2600 L con il motore di 2580 cc e 110 Cv. Prima del 1962 la gamma era più articolata e comprendeva anche la 2600 con 100 Cv e la 3200 L con 140 Cv. Andando a ritroso nel tempo la gamma era più o meno la stessa, ma con nomi, livelli di potenza e finiture un po’ diversi.

Sembra quasi che la BMW si sia divertita a creare un rompicapo per gli appassionati, sparando a raffica una girandola di sigle per definire in pratica gli stessi modelli. Prima del 1957 la 2,6 Liter si chiamava 502-2,6 Liter, mentre la 3,2 Liter e la 3,2 Liter Super si chiamavano rispettivamente 502-3,2 Liter e 502-3,2 Liter con 120 Cv l’una e 140 l’altra. Come non bastasse, dal 1955 al 1961 è esistito anche il modello 501 Acthzylinder (chiamato anche 501/8) che montava nel corpo vettura semplificato della 501 il motore V8 depotenziato a 95 Cv. Infine, il modello originario delle berline V8 presentato nel 1954 si chiamava solo 502 e montava il motore di 2580 cc con 100 Cv. L’esatta descrizione delle potenze e delle finiture è nella parte della rivista che riporta le caratteristiche tecniche e le tappe dell’evoluzione. Qui si descrivono le forme della carrozzeria rimaste in pratica immutate e la genesi dei modelli.

BAUR

All’origine di tutto c’è la 501 con il motore a sei cilindri della vecchia BMW 326 aggiornato e con la carrozzeria tracciata da Peter Szymanowski in continuità stilistica con le BMW che egli stesso aveva disegnato prima della guerra. Evidentemente il designer non volle o non seppe cogliere i cambiamenti portati dalla linea “ponton” e, pur creando uno stile dinamico e personale, diede al modello un aspetto che già allora era vagamente rètro. I direttori della Casa approvarono il lavoro perché il dilagare delle mode americane e il progressivo affermarsi del design italiano li spinsero a conservare un’identità estetica distinta e personale. Per questo bocciarono il progetto alternativo commissionato a Pinin Farina. Il principale elemento dell’identità della 501 è la calandra con il doppio rene posata su un cofano a prua marcatamente arrotondato. Partendo dalla calandra, Szymanowski sviluppò uno stile morbido e avvolgente, che il pubblico soprannominò “Barockengel”.

In effetti, i parafanghi sinuosi e visivamente separati dal corpo centrale sembrano ali. Il volume dei parafanghi, che è imponente nel frontale, degrada sui fianchi con movimento a onda fino a raccordarsi con i parafanghi posteriori. Qui risale al culmine della rotondità della ruota, quindi ridiscende allungandosi per avvolgere l’intera parte bassa della coda e fare da supporto alla conchiglia del coperchio del bagagliaio. Il padiglione si posa sulla linea di cintura segnata da uno scalino morbido e curvo come tutti gli elementi della carrozzeria. Fanno eccezione alla rotondità solo le cornici dei finestrini tagliate dritte per dare più luminosità all’abitacolo e ottimizzarne la ventilazione. Sotto quest’ultimo aspetto le berline “Angelo barocco” erano all’avanguardia perché i progettisti BMW avevano capito prima degli altri che il comfort climatico dipende dal volume d’aria che circola nell’abitacolo, quindi avevano previsto due grandi condotti d’aria per il sistema di ventilazione/riscaldamento. La cospicua sezione iniziale di quei condotti corrisponde all’area delle griglie orizzontali che si vedono anche nella 3200 S accanto alla calandra. Nessun’altra auto dell’epoca aveva qualcosa di simile con la stessa funzione. Le grandi berline BMW erano in anticipo anche sulla sicurezza, come dimostrano l’originale scatola dello sterzo con ingranaggi conici per evitare la risalita del piantone dello sterzo in caso d’urto e il serbatoio del carburante dietro il sedile posteriore in posizione protetta.

BAUR
Le linee morbide e sinuose della 501
piacquero subito, ma dalla presentazione al Salone di Francoforte nel marzo 1951 la clientela dovette attendere fino al dicembre 1952 per la consegna del primo esemplare. Infatti, la Casa non era in grado di costruire le scocche. Gli unici impianti ancora efficienti dopo la guerra erano a Eisenach nella zona occupata dai sovietici. Qui la Autovelo nel 1946 aveva ripreso a costruire la BMW 326 anteguerra con una nuova calandra e un nuovo nome: 340. Il primo ostacolo da rimuovere era dunque l’indebito uso del marchio BMW. Ciò avvenne l’11 ottobre 1949, quando la Autovelo mutò il logo in EMW (Eisenacher Motoren Werke) e smaltò di rosso i due spicchi blu del marchio originale. A Ovest, per riprendere la produzione automobilistica, la BMW AG aveva bisogno di denaro. Sperava di ottenerne a sufficienza dal rimborso dei danni di guerra, dalla produzione motociclistica già autorizzata dagli Alleati e dagli impianti di Allach affittati agli americani.

PAGAMENTI
Questi però sul più bello sospesero i pagamenti con il pretesto che la BMW era stata un’impresa del Reich. Ci volle tempo per mostrare il contrario, e intanto la Casa di Monaco segnò il passo. Alla fine riuscì a mettere in produzione la 501 accordandosi con la carrozzeria Baur per la fornitura delle scocche. Ciò comportò un prezzo di vendita elevato, che tuttavia non impedì il successo. La clientela accettò i lunghi tempi d’attesa, chiese solo più potenza. A questo la Casa aveva già pensato perché contemporaneamente alla 501 aveva avviato il progetto di un motore V8. I tecnici per le camere di scoppio presero spunto dal motore della Oldsmobile Rocket, che allora era il più moderno degli 8V americani. Per il resto seguirono la loro via e approdarono a un piccolo capolavoro d’ingegneria composto di belle fusioni in alluminio dalla testa alla coppa dell’olio. La cilindrata iniziale era di 2580 cc e la potenza di 100 Cv con un carburatore doppio corpo Solex 30 PAAJ e il rapporto di compressione 7:1.

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