Quello che allora sembrava un rottame inutilizzabile fu in seguito recuperato e la macchina fu ricostruita, fino a ritrovare l’antico splendore documentato dalle nostre immagini.
La storia ci viene raccontata dallo stesso proprietario: Giorgio Montecchi di Reggio Emilia.
Quando arrivò in Italia la sua M1C?
La vettura fu portata in Italia nel novembre del 1989 da Luciano Capelli, che la acquistò dal venezuelano Alvin Acevedo per conto di un collezionista. Il restauro di una vettura da competizione non è cosa semplice, tanto più se ha subito un incendio. I lavori procedettero quindi a rilento poiché fu necessario trovare o ricostruire molte
parti che erano state irrimediabilmente rovinate, come i cerchi ruota, la scatola del cambio, la strumentazione, i sedili e altro.
Quando entra in suo possesso?
Passano dieci anni: nel 1999 acquisto la M1C dall’amico collezionista e decido di completare il restauro. Mi avvalgo, allo scopo, della collaborazione del restauratore-preparatore Gianni Reggiani di Nonantola, in provincia di Modena, persona di grande esperienza che ha curato il restauro di molte macchine importanti. Il lavoro termina nel luglio del 2003.
Deve essere stata una grande soddisfazione veder riportata all’antico splendore un’auto del genere?
Certamente sì! Ne vado fiero e devo dire che è una splendida vettura con la quale ho partecipato ad alcune corse in salita, quali la Bologna-Raticosa e la Bologna-San Luca, e a diverse rievocazioni di gare di velocità in salita che all’epoca godevano di grande prestigio, come la Castell’Arquato-Vernasca, il circuito stradale del Mugello,
la Neviano degli Arduini e altre. Ho inoltre partecipato alla Coppa Intereuropa del 2005 e alla gara dell’Orwell Supersport Cup vincendo la mia classe.
Che impressioni dà pilotare una vettura potente e dalla coppia motrice elevatissima come questa?
È una macchina relativamente facile da controllare, malgrado la grande potenza e l’esuberante coppia del motore, di ben 57 kgm. Dico “relativamente” perché, oggi come allora, solo un pilota professionista può condurla al limite. Con le gomme lisce, il problema del pattinamento delle ruote motrici alle alte velocità è stato risolto, ma alla fine degli anni Sessanta, con le gomme scolpite e le mescole di allora, dalla terza alla quarta marcia le ruote patinavano. In una macchina che di marce ne ha quattro! Comunque è una macchina
equilibrata e sincera sia nel lento sia nel veloce. A testimonianza della bontà del progetto e della costruzione. Ciò spiega il grande successo commerciale della McLaren, che in quel periodo era appena nata come Costruttore.
Qualche nota relativa al motore?
Il V8 di 6 litri, pur essendo superquadro, ha una corsa di ben 92 mm. E questo pone dei limiti al regime massimo raggiungibile. I 7000 giri sono alla portata, e anche più, ma a quei regimi la velocità media dei pistoni è elevatissima. Per non incorrere in rotture ho perciò montato un limitatore tarato a 6500 giri.