30 November 2015

Ginetta G3, reparto sviluppo

Abbiamo trovato in Italia uno dei pochissimi esemplari di questo modello poco fortunato per le prestazioni fiacche del motore . La storia è interessantissima....

Pagina 1

Sarebbe quasi impossibile sapere dell’esistenza di questo modello Ginetta se non si avesse occasione di consultare il libro “Ginetta - The inside story: 31 Year of British specialist car manufacturer” scritto da Bob Walklett, uno dei quattro fratelli fondatori della Casa. Che una monografia su un marchio sia scritta da un suo fondatore è un caso più unico che raro nel panorama della letteratura automobilistica, ed è il miglior modo per tramandare una conoscenza di primissima mano delle vicende di questa Casa inglese ben nota e apprezzata da tutti gli appassionati di auto sportive.

Scopriamo così che la G3 è un modello nato dall’idea dei fratelli Bob, Ivor, Trevers e Douglas Walklett di costruire un’auto più fruibile rispetto alla primigenia G2, che era una specie di Lotus Seven, ma più brutta, venduta in scatola di montaggio e destinata principalmente a chi voleva gareggiare spendendo poco. Lo scopo del nuovo modello era invece quello di entrare nel mercato della Austin Healey Sprite, uscita nel 1958 e divenuta subito un successo su entrambe le sponde dell’Atlantico: una piccola roadster, in sostanza, dotata di quel minimo di comfort e finiture che potessero accontentare una clientela non agonistica. Il risultato fu, appunto, la G3 che appariva destinata a buon successo commerciale ma che, racconta Walklett, «fu da noi presto abbandonata a se stessa a favore della nuova G4 del 1961»; la G4 avrebbe incarnato con molta più efficacia il desiderio dei quattro fratelli di costruire un’auto vincente nelle corse ma usabile su strada.

VETRORESINA
Ma torniamo alla fine degli anni ‘50 e alla G3, concepita dietro pressante necessità di affiancare un altro prodotto alla G2, che si vende sempre meno in un periodo nel quale, invece, le concorrenti dirette Falcon e Ashley godono di invidiabile successo commerciale e hanno una caratteristica in comune: la carrozzeria in vetroresina. In quel periodo il costo di questo materiale diminuiva di giorno in giorno e quindi i Walklett decisero che la nuova Ginetta avrebbe abbandonato i pannelli i alluminio della G2 a favore del “fiberglass”. Detto, fatto: in poco tempo viene pronta una scocca concepita attorno a un telaio di una Ford Prefect della serie E93A, m.y. 1953. A questo punto però un piccolo “dramma” si consuma in seno alla famiglia. Bob si rivolge ai fratelli: «Non possiamo chiamare Ginetta un’auto il cui telaio non è opera nostra» e così, tutti d’accordo, decidono di battezzare questo primo ibrido in vetroresina “Fairlite” (un acronimo che significa, più o meno, “bella e leggera”).

I primi collaudi sono molto negativi, “spaventosi” per usare le parole di Bob Walklett: la macchina va ben peggio della G2 e si capisce subito che accoppiare banalmente una scocca in vetroresina a un telaio esistente non è la strada da percorrere. Si progetta, quindi, un telaio ad hoc in tubi quadri, con cui la Fairlite può degnamente chiamarsi Ginetta e diventare la G3: vettura che, sempre a detta di Bob Walklett, «si guidava molto bene» e rese tutti soddisfatti nonostante buona parte della meccanica (motore, cambio, freni, sterzo, serbatoio carburante e sospensioni posteriori) fosse quella dell’umile Ford Anglia modello 100E.

Un modello del 1953 derivato, attraverso poco più che un restyling, dall’E494A, nato nel 1949. La Ginetta provvedeva solamente a modificare le sospensioni anteriori e produrre un radiatore specifico che si adattasse perfettamente al telaio. In ogni caso, un insieme veramente troppo vecchio, con particolare riferimento al motore: un asmatico 1172 cc quattro cilindri a valvole laterali capace, soltanto dopo un’accuratissima messa a punto, di sviluppare una quarantina di CV: è lui il maggiore responsabile del fatto che di kit completi (unico modo in cui era possibile acquistare la G3) ne furono venduti solo cinque o sei, mentre un altra cinquantina di scocche fu smaltita pian piano a clienti che le allestirono con le più svariate meccaniche.

TARGA

Un destino che non ha risparmiato la protagonista del servizio che, però, ha una particolarità importante: come inequivocabilmente testimoniato dalla targa 361 ERT, che campeggia sull’esemplare fotografato nel libro di cui abbiamo parlato in apertura e che l’attuale proprietario gelosamente custodisce, è la vettura che i fratelli Walklett conservarono in famiglia per i propri spostamenti quotidiani e per sperimentare, nel frattempo, fino a quali potenze il telaio avrebbe reagito positivamente e quali modifiche avrebbero potuto invece rendersi necessarie; pare quindi che gran parte di quelle presenti su questa macchina rispetto alla configurazione “standard” (se così si può definire una vettura di questo tipo) siano state apportate proprio in Casa.

È quanto emerge da un importante carteggio intercorso tra il proprietario italiano e il conservatore del registro Ginetta, Trevor Pyman, che, coinvolto per alcuni consigli sulla gestione del restauro, diventa presto un amico prezioso come le notizie che è in grado di elargire. Un secondo colpo di fortuna, dopo che è emerso con chiarezza che la 361 ERT è l’unica Ginetta G3 di cui si abbiano foto dell’epoca: poche, piccole e in bianco e nero ma, insomma, meglio di niente anche perché almeno risulta evidente che la macchina era di colore chiaro e aveva ruote alte e strette. Notizie importanti visto che, all’atto del ritrovamento nel piazzale antistante una carrozzeria nel bolognese, la “nostra” G3 era di colore blu scuro e le ruote da 13” denunciavano chiaramente il passato sportivo (le originali erano da 15”), in modo da consentire il montaggio di gomme molto più larghe senza sfondare i parafanghi (a quel tempo gli pneumatici “super ribassati” non esistevano). Acquistata nel 2001 sull’onda della simpatia che questa vetturetta gli ispira al primo sguardo, nel 2005 il proprietario inizia il restauro e la corrispondenza con il Registro; passo dopo passo emergono tutte le particolarità di questo esemplare e la sua sostanziale sanità, visto che il motore canta benissimo e gli interventi di restauro sul telaio si limitano alla sostituzione prudenziale di alcuni tubi arrugginiti.

Cross Flow
Enorme importanza rivestirà poi, vista la particolarità dell’esemplare, la ricerca storica: attraverso il numero di telaio G30050 si evince la data di costruzione del 01/05/1960; grazie a ricerche di Pyman si appura poi una permanenza in mano dei Walklett di almeno due anni, ma probabilmente di più, prima di un periodo di oblio durato fino ai primi anni ‘70 quando la ritroviamo nelle mani di tale John Morris che ne fa uso quotidiano, oltre a usarla per qualche garetta in salita; il colore, in questo periodo, è già il blu scuro. Nel 1979 emigra in Canada, dove disputa molte gare amatoriali, e la si ritrova in una foto dove si evidenziano le ruote larghe e un grande roll-bar. Ripassa poi dalla Gran Bretagna, per arrivare in Italia nel 1989, acquistata da un commerciante d’auto da collezione di Roma. Importante notizia desunta dalla bolla doganale: in questo momento l’auto monta già il motore Ford 1,3 litri “Cross Flow” a valvole in testa alimentato da due carburatori Dell’Orto DHLA 40.

Da quel momento vaga, nelle condizioni in cui si trova, da un posto all’altro senza mai trovare, fino al 2001, chi si prenda cura di lei. Come abbiamo detto il restauro inizia quattro anni dopo e subito si scoprono le differenze rispetto allo “standard” cui abbiamo accennato: la scatola dello sterzo, da vite e rullo, è diventata a cremagliera; i freni anteriori sono a disco; le sospensioni anteriori sono di derivazione Triumph TR 3 e le sospensioni posteriori, pur rimanendo a ponte rigido, vedono la balestra trasversale di derivazione Anglia sostituita da molle elicoidali. La qualità di questi interventi fa dire a Pyman che gli sembra molto probabile che, tranne la sostituzione del motore che è più da attribuire al periodo canadese (il Ford “Cross Flow” nasce nel 1967), siano stati eseguiti direttamente dalla Casa o, quantomeno, da chi conosceva molto bene sia il da farsi sia i metodi di lavoro consueti nell’officina di Woodbridge (Suffolk).

YELLOW

Nella ricostruzione, guidati sia dalle conoscenze di Pyman che dalla profonda cultura automobilistica del proprietario, si è rivelato necessario fare alcune scelte in autonomia, vista la pressoché totale assenza di documentazione fotografica: fortunatamente per il colore si è potuto rispettare l’originalità, trovando il “Primerose Yellow”, tinta abbastanza comune sulle vetture sportive inglesi dell’epoca, sotto il blu scuro. All’interno ci si è dovuti arrangiare, ma sempre mantenendo una coerenza temporale e filosofica: i due buchi vuoti degli strumenti sono stati riempiti con componenti Triumph; la brutta e consunta finta pelle nera delle corse è stata sostituita con pelle verde; il bel volante artigianale con le razze a 120° è stato trovato in rete e correttamente montato con razza verticale all’insù, come si conviene quando in mezzo ai due strumenti principali non sono presenti dei secondari; il pianale nudo è stato rivestito in moquette; un’autoradio Blaupunkt dell’epoca, questa sì forse storicamente non del tutto pertinente, fa compagnia al proprietario quando gli va di passeggiare anziché sentir cantare tutti i 110 CV (circa) del motore, ben trattabile per quanto preparato per le gare e che, in virtù della leggerezza, regala prestazioni a dir poco brillanti; infine, le cinture di sicurezza sono quelle usate dai paracadutisti della Royal Air Force. Un’operazione necessaria per il recupero dell’immagine originaria dell’auto è stata quella del ripristino delle ruote da 15”, adottando quelle della MG A “Twin Cam”: Pyman l’ha definita «a very good decision». Un giudizio da inquadrare in quello complessivo sul restauro che esce dalla carta, su cui è stata stampata la sua mail dell’agosto 2006, quasi come un grido d’approvazione: «The car looks fantastic, what a wonderful restoration!» Pensiamo che la traduzione non sia necessaria.

SCHEDA TECNICA

GINETTA G3 (STANDARD, 1959)

Motore Ford tipo 100E Quattro cilindri in linea anteriore Alesaggio 63,5 mm Corsa 92,5 mm Cilindrata 1.172 cc Rapporto di compressione 8,5:1 Potenza massima 40 CV a 5.000 giri Coppia massima 7,3 kgm a 2.500 giri Distribuzione ad un albero a camme nel basamento, valvole laterali Alimentazione ad un carburatore monocorpo Raffreddamento ad acqua Impianto elettrico a 12 Volt

Trasmissione Trazione posteriore Frizione monodisco a secco Cambio Ford a quattro rapporti con IV in presa diretta Rapporto al ponte 4,7:1

Pneumatici 6.00 x15 cerchi in acciaio 4.00 x15

Corpo vettura Telaio tubolare Carrozzeria roadster due posti Sospensioni anteriori indipendenti, quadrilateri molle elicoidali Sospensioni posteriori a ponte rigido, puntoni longitudinali, balestra trasversale, barra Panhard Freni idraulici a tamburo Sterzo a vite e settore

Dimensioni (in mm) e peso Passo 2.286 Carreggiata anteriore 1.143 Carreggiata posteriore 1.143 Lunghezza 3.810 Larghezza 1.397 Peso a vuoto 635 kg

Prestazioni Velocità massima 153 km/h Consumo medio carburante 8,5 litri/100 km Accelerazione 0-80 km/h 10,1 sec Accelerazione 0-400 m 19,5 sec

Le ultime news video

© RIPRODUZIONE RISERVATA