Tecnica: Monitoraggio Pneumatici
Introduzione
La pressione e le condizioni di temperatura dei pneumatici sono fattori
centrali per la sicurezza: per quanto le stime di Enti e Costruttori non
concordino pienamente sui numeri, in tutti i rapporti si evidenzia come
la scarsa manutenzione o la bassa pressione dei pneumatici (sottogonfiaggio)
intervengano come causa o concausa negli incidenti stradali in percentuali
comprese fra il 3 e il 15% del totale.
Senza contare che la non corretta pressione dei pneumatici è anche responsabile
di un minor rendimento di trasmissione, quindi dell’aumento dei consumi.
Premesse
Il problema del sottogonfiaggio è molto sentito negli Stati Uniti, dove
la cultura della manutenzione è storicamente scarsa, e così dal 1° Settembre
2007 tutte le automobili nuove commercializzate devono avere di serie un
dispositivo in grado di riconoscere almeno una riduzione di pressione del
25%, segnalandola al conducente con una apposita spia. Se questo valore
può sembrare eccessivamente tollerante, basta fare una semplice prova:
porre un’automobile in piano e portare uno dei pneumatici ad una pressione
inferiore a quella nominale di 1 bar (-50%!) e chiedete a qualcuno qual
è la ruota sgonfia: non è facile riuscire ad individuarla ad occhio…
Un altro aspetto importante delle coperture è l’invecchiamento e deterioramento,
operato contemporaneamente dall’usura, dai cicli di riscaldamento e
raffreddamento
che avvengono ad ogni uso e sosta così come dalla presenza di particolari
sostanze nell’aria di gonfiaggio. La normale aria erogata da un
compressore
contiene infatti tracce di lubrificante oltre che ossigeno e vapore d’acqua,
indispensabili questi ultimi per la nostra respirazione ma non particolarmente
graditi alle gomme con cui sono realizzate le coperture.
Per indagare alcuni di questi aspetti abbiamo portato in pista una
vettura e cercato di misurare l’andamento delle pressioni all’interno
dei suoi pneumatici. Abbiamo equipaggiato una normale Peugeot 307 CC,
dotata di un set di cerchi standard nella misura di 7,5x16”, con pneumatici
invernali Goodyear Ultragrip7 205/55R16 e di un set ruote più sportive
con cerchi OZ 35th Anniversary nelle misure 8x18” con coperture Goodyear
Excellence 225/40 R18. Ogni set ruote era equipaggiato con un
kit
di misuratori di temperatura e pressione aftermarket fornito da
SafetyDynamic.
Per queste ultime abbiamo inoltre effettuato le stesse prove anche
utilizzando
la miscela di gas inerti secchi Secur Pneus di Rivoira oltre alla normale
aria di gonfiaggio.
Riscaldamento
Durante il riscaldamento del pneumatico avvengono diversi fenomeni: il
sistema cerchio - pneumatico - aria si scalda sia per effetto del
rotolamento
della gomma che per altri motivi. Quando il pneumatico rotola sull’asfalto,
la sua deformazione ciclica sviluppa calore a causa dell’isteresi delle
gomme che ne compongono la struttura: tale riscaldamento ne innalza
la temperatura, portandola gradualmente a quella di esercizio.
Contemporaneamente,
parte del calore generato si trasferisce all’aria ed al cerchio tanto
per convezione (scambio di calore con l’aria interna) quanto per conduzione
(scambio di calore per contatto diretto col cerchio). In condizioni di
bassa temperatura esterna il cerchio funziona da radiatore, sottraendo
il calore che si genera durante tutte le condizioni di utilizzo. Con clima
caldo, invece, l’elevata temperatura sia dell’aria esterna che di motore
e freni comportano una cessione di calore al pneumatico.
Il ‘sistema ruota’, quindi, sarà in equilibrio quando il calore che si
genera nel rotolamento ed eventualmente quello raccolto da motore e freni
è uguale a quello che si dissipa per effetto del raffreddamento dei cerchi
in materiale metallico, e in minima parte anche della gomma per effetto
della convezione. Va da sé che le condizioni di equilibrio
termico
saranno differenti al variare delle condizioni climatiche: in inverno
con temperature esterne rigide la gomma lavorerà con minore carico termico,
in estate al contrario ci si porterà a livelli più alti.
Un aspetto poco sottolineato relativamente al raggiungimento della temperatura
di esercizio è il suo effetto sulla pressione. L’aria (o la miscela di
gas) con cui è gonfiato il pneumatico si dilata rispetto alle condizioni
di gonfiaggio per effetto del riscaldamento durante l’uso; se invece
tra il gonfiaggio e le condizioni di impiego c’è un brusco cambio di temperatura
(neve, ghiaccio), si avrà un calo di pressione anche durante la fase operativa.
Come quelli estivi, privi di marcatura, i pneumatici specifici per clima
con neve – marcati M+S ad indicare Mud and Snow, cioè fango e neve –
ovviamente danno il meglio in condizioni climatiche ben precise. Nonostante
non esistano limiti legali imposti dal codice della strada per l’impiego
al caldo di gomme invernali o viceversa al freddo di gomme non specifiche,
il suggerimento è sempre quello di impiegare le coperture più adatte ad
ogni condizione climatica.
La Prova
Per effettuare tutte le prove in condizioni uniformi e ripetibili abbiamo
utilizzato esclusivamente l’anello di 80 m di diametro presente presso
il circuito di Balocco (VC). La prova consiste nel partire con un treno
di pneumatici freddi ed a pressione base (circa 30° di temperatura ambiente
e 2,4 bar) e girare in tondo a velocità costante di 50 km/h sempre nella
stessa direzione e senza pause, rilevando ogni minuto le temperature e
le pressioni indicate dal TPMS. Con questa prova abbiamo eliminato
quanto più possibile, rispetto ad un percorso guidato (handling), la variabilità
nelle condizioni di riscaldamento dovuta a cambiamento delle condizioni
di grip dell’asfalto, al diverso feeling del pilota al variare della copertura
ed il non trascurabile effetto della mutevolezza della concentrazione alla
guida, dovuta a stanchezza o altri fattori.
Il risultato è stato interessante: dopo 15 minuti di prova su asfalto asciutto
in una giornata estiva i pneumatici invernali delle ruote all’esterno
curva hanno mostrato preoccupanti segni di usura, tanto nei bordi quanto
soprattutto per le lamelle, i sottili intagli responsabili del grip
nelle condizioni di scarsa aderenza (ghiaccio, fondo bagnato). Certo un
segnale per chi tende a ritardare il cambio stagionale. Da notare inoltre
che le gomme invernali ‘ad alta isteresi’, a causa delle peculiari mescole
e carcasse che adottano hanno un comportamento al riscaldamento molto
differente.
In particolare per la ruota posteriore esterna alla curva, sebbene più
scarica dell’anteriore, a causa dello squat della sospensione unito alle
spinte laterali dovute alla percorrenza continua di curva abbiamo registrato
un riscaldamento ed un aumento di pressione più rapido dell’anteriore,
e comunque più rapido della sua omologa in versione estiva.
Il responso finale è interessante: fino all’entrata in vigore anche per
l’Europa dell’obbligatorietà in primo equipaggiamento di questi dispositivi,
la soluzione del kit aftermarket è utile per chi tiene alla sicurezza.
Abbiamo provato sia la versione base (venduta a 289 euro), che fornisce
a rotazione temperatura e pressione di un pneumatico alla volta,
che il modello RC di derivazione racing (349 euro), più rapido nel segnalare
variazioni sia di pressione che di temperatura e anche più intuitivo.
Gli unici punti a sfavore riscontrati riguardano la manutenzione e la facilità
di riprogrammazione, del resto condivisi dai sistemi di primo
equipaggiamento.
In caso di sostituzione delle coperture, infatti, può accadere che gli
operatori non prestino cura alla presenza del sensore e lo danneggino durante
lo stallonamento o lo smontaggio del pneumatico. La riprogrammazione della
centralina è invece necessaria sia quando si danneggia e sostituisce un
cerchio o un sensore sia, comunque, in caso di rotazione dei
pneumatici:
il sistema va informato che le ruote si trovano a lavorare con nuove antenne
o, comunque, in diversa posizione.
Riassunto della prova
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Non solo aria
Grazie al sistema TPMS di Safety Dynamic (www.safetydynamic.it) abbiamo
potuto allestire un test tanto conoscitivo delle reali condizioni di impiego
dei pneumatici quanto chiarificante per quanto riguarda le informazioni
relative all’effetto del Secur Pneus, una miscela di gas secchi ed inerti
(basata cioè su azoto e priva di ossigeno e vapor acqueo). I pneumatici
hanno nella gomma un componente costruttivo fondamentale: ma la gomma per
effetto dell’invecchiamento si screpola in superficie, aumentando la sua
permeabilità ai gas. Nella normale aria di gonfiaggio è presente ossigeno
responsabile dell’ossidazione dei composti presenti nelle gomme, e che
quindi accelera sia l’invecchiamento che la perdita di pressione.
La molecola dell’ossigeno, rispetto a quelle dei gas secchi o di altri
composti, è infatti più piccola e può quindi fuoriuscire più facilmente
per normale permeabilità della copertura rispetto ad altri composti. Il
vapore acqueo ha invece una dilatazione termica (quindi un contributo alla
variazione di pressione) differente dagli altri gas. Va notato poi che
la percentuale di vapore acqueo nell’aria di gonfiaggio non è costante,
ma varia a seconda delle condizioni climatiche. Il vantaggio dell’uso
del Secur Pneus rispetto alla normale aria è, quindi, la costanza di prestazioni
indipendentemente dalla stagione di gonfiaggio oltre che il contrasto all’
invecchiamento
delle coperture. Nel caso raro ma non trascurabile di urto o grande foratura
a caldo della gomma, la copertura non può esplodere per combustione dell’
ossigeno
con i componenti della gomma sull’area del taglio, proprio per la totale
assenza di ossigeno dalla miscela dei gas di gonfiaggio.
I risultati della nostra prova possono ben rappresentare la guida quotidiana.
In queste condizioni non abbiamo rilevato apprezzabili differenze nelle
curve di riscaldamento e di crescita della pressione né con le coperture
invernali né con le estive, indipendentemente dal tipo di gonfiaggio (aria
o Secur Pneus). La temperatura della mescola del battistrada, sul
pneumatico
più stressato (anteriore destro) in tutti i casi si è mantenuta tra i 64
ed i 68°C alla fine della prova. Da notare però che questo stress termico
e di carico costante ha causato una usura appena percettibile sulle coperture
estive, mentre il forte deterioramento per le coperture invernali influenza
pesantemente la sicurezza di guida.
Koni FSD
Per la prova, la 307CC utilizzata montava gli ammortizzatori FSD della
Koni. La strada scelta dall’azienda tedesca per coniugare maggiore
controllo idraulico per la guida normale a uno smorzamento comunque
soddisfacente
in condizioni difficili (sconnesso, pavé) si concentra nella valvola mobile
dell’ammortizzatore, il pistone. Il pistone principale è dotato di
un piattello contrastato da una molla, che si apre in caso di spinta da
parte di fluidi ‘. Esiste un ulteriore bypass calibrato, chiuso
da un sistema a spillo contrastato a sua volta da una ulteriore molla,
e che si apre per i fluidi ‘veloci’.
La velocità dei fluidi in una sospensione è direttamente legata alla frequenza
di azionamento della stessa. Il trasferimento di carico in frenata o
in curva rappresenta un movi-mento lento, con frequenza di movimentazione
della ruota di 1÷3 Hertz. Un passaggio su una buca o su una serie, come
asfalto sconnesso o pavé, scuote la sospensione per piccoli movimenti ma
a velocità elevata, con frequenza dell’ordine dei 10 Hz. Le sospensioni
che integrano differenti dispositivi per fare fronte a spinte dinamiche
a frequenze diverse sono dunque più efficaci rispetto a soluzioni più
tradizionali.
Questa tecnologia è una applicazione stradale di ciò che veniva utilizzato
nelle competizioni ormai diversi anno fa: si tratta di una soluzione
ancora interessante, sebbene oggi lo stato dell’arte sia costituito dai
sistemi le cui valvole (fisse o mobili) prevedono piramidi di lamelle,
o dispositivi aggiuntivi con molle di contrasto oltre che registri di
laminazione
con spillo conico dedicati al controllo dei fluidi lenti.