Fiore di Alfa
GLI ALBORI...
È il 15 aprile del 1923. Alle 7 del mattino parte la 14ª Targa Florio. La squadra Alfa Romeo sbarca in forze sull’isola con quattro RL affidate a Ugo Sivocci, Antonio Ascari, Giuseppe Campari e Giulio Masetti. Sivocci ha personalizzato il muso della sua RL numero 13 con due vistosi quadrifogli, che spiccano su fondi romboidali di colore bianco. Il pilota campano vince dopo aver disputato una gara perfetta: 432 km (4 giri da 108 km ciascuno sul “medio” delle Madonie) alla media di 59,040 km/h, velocità strabiliante per l’epoca considerando le insidie e le asperità del percorso. Sono passati oltre 90 anni da quella vittoria e in quasi un secolo quel Quadrifoglio beneaugurante è diventato il simbolo delle Alfa Romeo da corsa e sportive. Con la sola variazione del fondo bianco, divenuto un triangolo dopo la morte di Sivocci, l’8 settembre del 1923 a Monza. Pare infatti che i quattro vertici del rombo stessero a indicare i quattro piloti che componevano la squadra.
Il Quadrifoglio campeggia poi sul rosso scuro della P2 di Brilli Peri che nel 1925, sempre a Monza, vince il primo di cinque Campionati del Mondo di corse automobilistiche vinti dalla Casa del Portello. Alla fine degli anni Venti è sempre il Quadrifoglio a distinguere in corsa le Alfa Romeo “ufficiali” da quelle della Scuderia Ferrari, che aveva come emblema il cavallino rampante. Nel 1950 e nel 1951, Giuseppe “Nino” Farina e Juan Manuel Fangio portano le Alfa Romeo 158 e 159, le celebri “Alfetta”, al successo nei primi due Campionati Mondiali di Formula 1. Negli anni Sessanta, poi, il Quadrifoglio caratterizza la versione “pronta corse” della Giulia, la TI Super, per poi affiancarsi al triangolo azzurro dell’Autodelta nei decenni successivi: dalla GTA alla 33 fino ai due Campionati Mondiali Marche della 33 TT 12 (1975) e della 33 SC 12 (1977).
Rossa, lunga come un siluro che poggia su quattro esili ruote a raggi. Il poderoso tubo di scarico che spunta dal cofano e corre di fianco al pilota per arrivare fino alla parte posteriore. Il serbatoio cilindrico bene in vista alle spalle dell’angusto abitacolo e un grande volante nero che spunta dal cupolino aerodinamico. Così si presenta l’Alfa Romeo RL tipo Targa Florio custodita al Museo Alfa Romeo di Arese. Ambasciatrice d’eccezione del mitico Quadrifoglio Alfa. È l’esemplare che vinse la Targa Florio del 1923 con Sivocci al volante e il “debuttante” Quadrifoglio sul cofano motore. Motore e telaio sono quelli originali (entrambi marchiati con i numeri di serie TF 7145), mentre alcune parti della carrozzeria sono state ricostruite sui disegni originali Alfa Romeo. Dei 2.671 esemplari prodotti tra il 1922 e il 1927 del tipo RL (la sigla sta a significare Romeo serie L) pare ne siano rimaste solamente poche decine sparse un po’ in tutto il mondo. Delle particolari versioni “Targa Florio” -come quella del Museo- se ne costruirono soltanto 11: 6 nel 1923 (tre con motore da 2.994 cc e tre con il 3.154 cc) e 5 nel 1924 (tre da 2.994 cc e due da 3.620 cc). Sempre ad Arese sono conservate altre quattro RL: una “Targa Florio” del 1924, due Super Sport (1925 e 1926) e una Super Sport tipo Mille Miglia del 1927. L’origine di questo modello risale al 1920.
In quel periodo l’A.L.F.A. (Anonima Lombarda Fabbrica Automobili, dal 1915 sotto il controllo dell’ingegner Nicola Romeo) riprende a produrre automobili dopo la pausa bellica. Ci sono i modelli 15/20 HP, 20/30 HP, ES Sport 20/30 HP. Direttore tecnico è il piacentino Giuseppe Merosi, assunto in A.L.F.A. nel 1910 dopo le prime esperienze in Fiat e alla Bianchi. È lui che in quel 1920 inizia a pro-gettare una nuova vettura da competizione seguendo i regolamenti sportivi che sarebbero entrati in vigore nel 1921 fissando la cilindrata delle vetture GP in 3 litri. È il progetto della RL, poi declinato nelle varianti turismo e sport. La presentazione ufficiale della RL avviene a Milano nell’ottobre 1921.
SCUDERIA
La RL è la macchina con cui il Biscione avvia l’attività sportiva che lo renderà famoso in tutto il mondo. Nicola Romeo crede nelle corse ed è in questi anni che l’azienda getta le basi per una vera squadra. Dal 1923 al 1927 le RL (Sport e Super Sport) ottengono ottimi risultati, sfiorando anche la vittoria nella prima edizione della Mille Miglia, dove le RLSS di Brilli Peri-Presenti e Marinoni- Ramponi si ritirano mentre sono in testa a metà gara. Resta scolpita nella storia la vittoria di Sivocci alla Targa Florio del ‘23. Nello stesso anno Antonio Ascari vince il circuito di Cremona, Masetti quello del Mugello, Enzo Ferrari il 1° Circuito del Savio, a Ravenna; nell’occasione, i genitori di Francesco Baracca gli concedono l’uso del cavallino rampante su fondo giallo. Le vetture da corsa utilizzate nel 1923 assumono la denominazione di “Targa Florio” e per il 1924 subiscono alcune piccole modifiche, come i radiatori a punta e le due ruote di scorta alloggiate dietro al serbatoio. Si approntano anche due esemplari con cilindrata 3.620, con i quali Masetti e Ascari sfiorano il successo alla “Targa” del 1924, e Ferrari vince la Coppa Acerbo a Pescara (vittoria bissata nel 1925 da Guido Ginaldi).
TARGA FLORIO
Alla Targa Florio del 1923 sono iscritte 17 auto, che dovranno percorrere quattro volte il circuito che tocca Floriopoli, Cerda, Caltavuturo, Polizzi, Collesano e Campofelice. Sono previste sei classi di cilindrata: 1.100 cc, 1.500, 2.000, 3.000, 4.500 e oltre 4.500. Ciascuna auto deve trasportare due persone affiancate per un peso minimo complessivo di 120 kg. Sono almeno dieci i piloti che possono vincere. L’Alfa Romeo schiera le RL di Sivocci, Ascari, Campari e Masetti -ai quali si aggiunge Enzo Ferrari con una ES-; l’austriaca Steyr ha tre Tipo 11 affidate a Hermann Reutzler, Ferdinando Minoia e Gastone Brilli Peri; ci sono la Peugeot, con la 174 S di Andrè Boillot, la torinese Diatto con le 20S di Alfieri Maserati e Martino Modò e, nella classe fino a 1.500 cc, le Bugatti 22 di Ettore Lenti e Domenico Antonelli e le Fiat 501 di Emilio Milio, Antonio Pucci e Giuseppe De Seta. Nel primo giro comandano le Steyr, con Brilli Peri e Reutzler davanti a Campari e Maserati, poi Sivocci e Boillot, ma Brilli Peri si ritira al giro dopo lasciando il comando a Maserati tallonato da Reutzler.
Ascari è terzo, dopo una fenomenale rimonta dall’ottavo posto dov’era finito per una foratura. Campari, Ferrari e Boillot sono fuori. Al terzo passaggio manca all’appello Reutzler, fermato dalla rottura dell’assale posteriore, Sivocci è il nuovo leader perché nel frattempo anche Maserati ha avuto problemi, ma Minoia e Ascari non mollano la presa. Quest’ultimo attacca all’ultimo giro, ma un problema tecnico ne rallenta l’andatura poco prima del traguardo; è autore comunque del giro veloce in 1h41’10”, a 63,986 km/h di media. Sivocci vince così (in foto) con il tempo di gara di 7h18’00”2 e l’Alfa Romeo si aggiudica per la prima volta la Targa Florio, davanti ad Ascari (staccato di soli 2’52”) e Minoia (a 14’40”). I successi del Biscione in Sicilia si ripeteranno nel 1930-34 (Varzi), 1931-32 (Nuvolari), 1933-35 (Brivio), 1950 (Bornigia), 1971 (Vaccarella/Hezemans) e 1975 (Vaccarella/Merzario).
ENZO FERRARI
Per parlare del Quadrifoglio non si può prescindere dalla figura del suo “inventore”, il pilota Ugo Sivocci, nato ad Aversa (CE) il 29 agosto del 1885, primo di otto figli messi al mondo da Maria Clerice, moglie del musicista Giuseppe. Insieme al fratello Alfredo, ben presto Ugo Sivocci si dà al ciclismo, per poi passare alle automobili già all’inizio del ‘900 trasferendosi a Milano. La sua prima corsa risale al 1906, quando disputa la Torino-Colle del Sestriere al volante di una OTAV (Officine Turkheimer Automobili e Velocipedi). Nel 1911 passa alla milanese De Vecchi, con la quale partecipa alle Targa Florio del 1913 e 1914.
Alla fine della prima guerra mondiale la De Vecchi è rilevata dalla CMN (Costruzioni Meccaniche Nazionali) e anche Sivocci cambia casacca. Nello stesso periodo diventa amico di Enzo Ferrari, che sta sgomitando per trovare il suo posto al sole, ed è proprio Sivocci a offrire l’occasione al collega modenese. Nel 1919 anche Ferrari entra nell’orbita della CMN come collaudatore e debutta alla Parma-Poggio di Berceto. È grazie a queste esperienze che Ferrari trova l’entratura per l’Alfa Romeo e ricambia il favore a Sivocci per completare la prima vera squadra corse del Biscione, di cui facevano già parte Ascari e Campari. Ben presto vengono definiti “i quattro moschettieri del Biscione” (con Masetti).
Dopo la vittoria alla Targa Florio del 1923, Sivocci è incaricato dello sviluppo dell’Alfa Romeo P1 da Gran Premio, ma durante le prove del GP d’Italia, a Monza nel settembre del 1923, muore in un incidente. L’attività agonistica di Sivocci rimane legata ad alcuni simboli scaramantici. Oltre al celebre Quadrifoglio che lo accompagna alla vittoria della Targa Florio, in quella stessa occasione il suo numero di gara è il 13. A Monza, nella fatale uscita di strada, la neonata P1 di Sivocci ha invece il 17. E da quel momento tale numero è bandito dalle gare automobilistiche italiane.