27 August 2014

Nascar Euro Series, te la do io l' America

La categoria automobilistica sportiva più amata in USA raccoglie consensi anche in Europa. In apparenza le vetture sono simili alle “sorelle” americane, mentre nella sostanza sono piuttosto differenti Ne abbiamo provata una e ...

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SETTAGGIO

Il motore è il classico V8 Chevrolet di 5,7 litri, con limitatore del regime spostato a 6.000 giri/min invece dei 7.500 che potrebbe raggiungere, per una potenza massima che si aggira sui 400 Cv e una coppia di 55 Kgm. La meccanica del motore è praticamente di serie. Le uniche differenze riguardano l’impianto di scarico, di tipo 4-2-1 per bancata, e un’apposita coppa dell’olio per evitare problemi di centrifugazione del lubrificante, mentre il team può intervenire sostituendo le candele e modificando la carburazione. Il motore è stato volutamente calmierato a favore dell’affidabilità, assicurando così la percorrenza di tutti i sei weekend di gara, e alcuni test, prima della revisione. Il cambio è un G-Force a quattro rapporti a innesti frontali e denti dritti, con comando ad H e frizione a triplo disco. Il robusto differenziale Ford è dotato di autobloccante meccanico di tipo “Detroit Locker”, che in “tiro” frena al 100% garantendo un’ottima trazione ma anche “obbligando” il pilota ad effettuare la manovra di punta tacco, con una generosa accelerata, per evitare innesti di bloccaggio dell’asse posteriore nel momento di inserimento del rapporto inferiore.

BILSTEIN
Sempre per limitare i costi e mettere tutti sullo stesso piano anche per quanto riguarda l’assetto ci sono alcuni vincoli: gli ammortizzatori Bilstein (sigillati) hanno l’idraulica interna fissa, così come il carico delle molle, mentre sono regolabili esternamente in estensione e compressione. Le barre antirollio anteriori sono di due carichi differenti, per condizioni da asciutto e bagnato, con l’ulteriore possibilità di scollegarla completamente in caso di pioggia. All’anteriore si può intervenire sui valori di convergenza, incidenza e camber, tramite degli spessori nella zona di attacco del triangolo superiore.

Al posteriore dove c’è un assale rigido con barra antirollio a parallelogramma di Watt, non vi sono regolazioni di camber e convergenza. Quindi, per variare le reazioni del retrotreno si lavora, oltre che sulle altezze, spostando una barra longitudinale su differenti posizioni variando così il punto di leva che si crea sul ponte posteriore, allontanandolo o avvicinandolo al baricentro della vettura.

PNEUMATICI
Nel primo caso si ottiene una vettura più reattiva e scorrevole al posteriore, tipicamente da asfalto asciutto, nel secondo una maggiore trazione, condizione ideale su asfalto bagnato. Infine, per rifinire l’assetto si opera sulle altezze tra asse anteriore e posteriore, per variare la distribuzione dei pesi, e sulle pressioni degli pneumatici. Valori a cui la macchina è molto sensibile, dato che gli pneumatici Michelin da 15” oltre a una mescola piuttosto dura (slick S9B) hanno una spalla molto alta. Peraltro, nella regolazione dell’assetto e della pressione in chiave gara non si possono azzardare soluzioni troppo aggressive, come in qualifica, pena il rischio concreto di mandare in crisi gli pneumatici che sono solo quattro a vettura per l’intero weekend. I freni, soprattutto su alcuni tracciati, rappresentano un punto critico sulle Nascar Whelen Euro Series, perchè i cerchi da 15”, storica dimensione Nascar, non consentono di andare oltre il diametro di 330 mm per i dischi, accoppiati a pinze monoblocco Brembo a quattro pistoncini.

A completare l’impianto, le classiche doppie pompe Racing e il ripartitore di frenata sui due assi. Il “macchinone” ci attende nel box acquattato sui gommoni da 15”. La prima prova da superare è l’accesso nell’abitacolo, dal finestrino! Perchè nelle Nascar non ci sono portiere e la carrozzeria è in un pezzo unico. Manovra difficile? In realtà no: basta superare la linea di cintura con la gamba destra appoggiando il piede sul brancardo, mettersi a cavalcioni della carrozzeria, scavallare anche la gamba sinistra e lasciarsi scivolare nel sedile, agevolati dall’assenza del volante estraibile.

IN PISTA

E una volta dentro si ha davvero l’impressione di far parte della vettura, ancora di più che sulle normali vetture da competizione, probabilmente anche per la gabbia di sicurezza davvero avvolgente e con tubi di dimensioni generose. Eppure, nonostante la rassicurante abbondanza, il traliccio di tubi non è per nulla invasivo consentendo una perfetta visuale. Adattata velocemente la posizione di guida, molto vicina a quella di Ruggero Melgrati, grazie al sedile scorrevole, è il momento fatidico di dare voce al V8 Chevy che risponde pronto sbraitando al minimo tocco di acceleratore.

L’inserimento delle marce richiede una certa decisione ma il cambio è rapido e preciso, sia in salita di rapporto che in scalata, dove è richiesta la manovra di punta tacco con abbondante accelerata per evitare parziali bloccaggi del ponte posteriore, così come la frizione facilmente modulabile e senza strappi consente una partenza agevole. Certamente una marcia in più non avrebbe guastato, soprattutto su tracciati brevi e guidati come quello di Franciacorta dove nei due rampini abbiamo dovuto inserire la prima con delicatezza sia per non dare botte alla trasmissione sia per limitare l’effetto blocco del ponte. Una marcia in più, inoltre, consentirebbe di sfruttare meglio le caratteristiche del V8 “limitato”, piuttosto “vuoto” sotto i 3.500 giri e “tagliato” proprio mentre sta per dare il meglio di sé. Comunque, quando entra in coppia il V8 americano riempe l’abitacolo con un sound fantastico e spinge con vigore, impegnando il pilota nel controllo della vettura nella fase di accelerazione in uscita di curva.

Qui non ci sono controlli elettronici di alcun tipo quindi tutta la gestione è lasciata alla sensibilità del pilota che, dovendo fare i conti anche con pneumatici dalla spalla alta e quindi una notevole deriva, deve “giocare” di acceleratore e volante con continue correzioni per contrastare il sovrasterzo. Anche la fase di staccata esige una certa accortezza, non tanto per la frenata che pur richiedendo un certo sforzo offre perfetto feeling quanto per il passaggio al rapporto inferiore che richiede l’utilizzo della frizione e del punta tacco con accelerata per evitare inneschi di bloccaggio del ponte posteriore. Per contro, l’inserimento dell’anteriore è preciso e, nonostante l’aspetto pachidermico, la Euro Nascar se la cava discretamente anche nei cambi di direzione mostrando una insospettabile agilità. Insomma, si riscopre la guida di una volta che, detto fra noi, dà soddisfazione e divertimento. E, stando a quanto dicono i piloti che ci hanno corso, la gestione diventa delicata soprattutto con le gomme usurate. In definitiva, la Euro Nascar richiede una guida molto fisica, sia per i continui movimenti sia perchè lo sterzo non è leggerissimo e dopo pochi giri l’abitacolo si trasforma in un autentico forno, ma la fatica è ampiamente ripagata dal divertimento.

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