Ma gli specialisti delle batterie non hanno del tutto rinunciato all’idea che una sola batteria basti per un’auto. E se non sembra possibile aumentarne il contenuto energetico, non è detto che non si possa invece accelerare la ricarica. Questa strada passa per l’abuso, come viene chiamata la ricarica in condizioni lontane da quelle ottimali. La batteria è come un recipiente che può essere riempito più in fretta aumentando la “portata” di corrente in ingresso, ovvero sottoponendola a tensioni molto elevate. Questo pone diversi problemi, perché le tensioni elevate sono un costo per essere ottenute e sono pericolose per l’uomo.
Soprattutto, livelli elevati di tensione causano un forte degradamento della batteria stessa, perché inducono fenomeni irreversibili (di solito variazioni nella granulometria dei sali depositati) che ne riducono progressivamente la capacità. Che la strada giusta sia quella di lavorare su questo punto è convinto il taiwanese Donald Wu, capo tecnologo di PHET. La compagnia da lui fondata, citata tra le 200 industrie più innovative di Forbes, realizza (su brevetto canadese Goodenough) le batterie C-LiFe che, stando al dottor Wu, sarebbero “le più sicure del mondo”. Tutte le altre secondo lui o sono insoddisfacenti in termini di ciclaggio, o lo sono in termini di sicurezza. Wu passa la maggior parte del suo tempo a pensare ai veicoli elettrici e alle batterie al litio. “Non basta conoscere l’elettrochimica, c’è una forte componente di meccanica delle polveri, senza contare l’elettronica.”
L’elettronica, e in parte le nanotecnologie, sono al cuore della rivoluzione moderna delle batterie. Il BMS (Battery Management System), che gestisce la carica e scarica, e il VBB (Voltage Balance Board), che mantiene i voltaggi omogenei ed impedisce la sovrac- carica, garantiscono il funzionamento regolare e buona parte dei requisiti di sicurezza. Ma la tecnologia automotive si sta ancora sviluppando. Donald Wu propone il suo DOSBAS, un sistema semplice e affidabile nel quale le celle sono estraibili, sostituibili e protette singolarmente da un fusibile. Ciò aumenta il costo e ruba un po’ di spazio, ma permette di rimpiazzare le singole celle e non l’intera batteria in caso di avaria: una caratteristica che, in previsione dell’utilizzo su strada, non è affatto disprezzabile.
E forse non è un caso se la Tesla, la sportiva su telaio Lotus capace di 365 km di autonomia e di 3,9 secondi nello 0-100, utilizza 6.831 singole celle come quelle impiegate nelle macchine fotografiche digitali. Mentre tutti rincorrono perenni aumenti di capacità e potenza, Wu si preoccupa degli aspetti meno pubblicizzati: la durata di vita, la sicurezza di funzionamento, il costo di produzione. E se la gente si aspetta sempre la scoperta che risolva tutti i problemi, per molti anni ancora si tratterà di stabilire il miglior compromesso tra tutte le esigenze: un compito che può richiedere ben più tempo, esperienza e intuito che non lo sviluppo della tecnologia in sé. “Di solito queste tecnologie diventano molto meno interessanti quando si tratta di uscire dai laboratori e andare per strada”, considera Wu.
La precisione richiesta da queste batterie è tale che basta il processo industriale porti a una cella dal comportamento leggermente diverso rispetto alla cella realizzata in laboratorio perché le cose vadano storte; e passare da batterie per elettronica di consumo a batterie per veicoli elettrici richiede un fattore di scala di 100, che aumenta anche i rischi. “Tutti mi chiedono i grandi formati,” dice Wu, “ma nessuno sa cosa può succedere con una batteria al litio di grande formato. Dove c’è accumulo di energia c’è sempre pericolo: che sia benzina, idrogeno o una batteria, anche se la C-LiFe resta la più sicura. In caso di incidente, brucia solo la cella coinvolta, senza fumo e la temperatura non supera i 300 °C.” Ma la grande scommessa di Wu è un’altra, e riguarda proprio il processo di ricarica.
Sta lavorando a nuove chimiche per la prossima generazione di batterie, che vuole anche non tanto più dense delle attuali, quanto più resistenti all’abuso. “Ho in mente un salto tecnologico completo. Sto parlando di batterie che durano 20 o 50 anni. Di una batteria così robusta è chiaro che posso anche abusare: anche con tensioni di ricarica elevatissime, otterrò ancora una durata normale di 5 o 10 anni e tempi di ricarica ridotti a qualcosa come 5 minuti, che sarebbero del tutto accettabili.” C’è da dire che per trasferire parecchi kWh di energia in 5 minuti servirebbero voltaggi così elevati da essere impraticabili in un contesto domestico: occorrerebbero quindi comunque delle stazioni dedicate.