Non
è un caso che la famiglia delle Alfa Romeo
Giulietta costituisca
un capitolo di particolare importanza e significato nella storia
dell'automobile:
una per l’altra, tutte le rappresentanti del gruppo si distinguevano per
le prestazioni, all’epoca eccezionali in rapporto alla cilindrata di 1300
cc, e in più erano agili, snelle, piene di personalità,
rappresentanti
ideali di un perfetto cocktail di sportività ed eleganza.
Cos&i
grave;,
contrariamente a quanto avveniva allora in Italia per tante altre auto,
nessun cliente o carrozziere sentì il bisogno di cambiare quelle forme:
d’altra parte la Casa milanese, con lungimiranza, si era assicurata fin
dall'inizio la collaborazione dei due maestri dello stile, Nuccio Bertone
e Pinin Farina. Il primo, con la Giulietta Sprint, sarebbe
uscito
definitivamente dalla precedente dimensione artigiana, mentre Pinin Farina
con la Spider avrebbe aggiunto un’altra perla alla sua già
sostanziosa
collana di capolavori. Non
è un caso che la famiglia delle Alfa Romeo
Giulietta costituisca
un capitolo di particolare importanza e significato nella storia
dell'automobile:
una per l’altra, tutte le rappresentanti del gruppo si distinguevano per
le prestazioni, all’epoca eccezionali in rapporto alla cilindrata di 1300
cc, e in più erano agili, snelle, piene di personalità,
rappresentanti
ideali di un perfetto cocktail di sportività ed eleganza.
Cos&i
grave;,
contrariamente a quanto avveniva allora in Italia per tante altre auto,
nessun cliente o carrozziere sentì il bisogno di cambiare quelle forme:
d’altra parte la Casa milanese, con lungimiranza, si era assicurata fin
dall'inizio la collaborazione dei due maestri dello stile, Nuccio Bertone
e Pinin Farina. Il primo, con la Giulietta Sprint, sarebbe
uscito
definitivamente dalla precedente dimensione artigiana, mentre Pinin Farina
con la Spider avrebbe aggiunto un’altra perla alla sua già
sostanziosa
collana di capolavori.
La Sprint Veloce
L
a
Giulietta Sprint, in particolare, si sarebbe rivelata ben presto un’arma
ideale per i gentleman driver dell’epoca, ma
all’inizio
si trovò a pagare il dazio di un rapporto peso/potenza meno adatto alle
corse di quello delle rivali Porsche e perfino delle Fiat 1100
Zagato,
dalle quali fu battuta nella Coppa delle Dolomiti. La
Casa
corse immediatamente ai ripari potenziando il motore e alleggerendo la
carrozzeria in una nuova versione che sarebbe passata alla storia: la
Sprint
Veloce, la cui motorizzazione venne estesa anche alla
Spider.
Un
a
mossa grazie alla quale le Giulietta in catalogo divennero sei: la
Berlina
e la TI carrozzate e fabbricate direttamente dall’Alfa
Romeo,
la Sprint e la Sprint Veloce carrozzate e prodotte da Bertone,
la Spider e la Spider Veloce carrozzate e sfornate dalla Pinin Farina.
Come si vede, una vera e propria famiglia, con una rappresentante per qualsiasi
esigenza.
L
a
Giulietta Sprint, in particolare, si sarebbe rivelata ben presto un’arma
ideale per i gentleman driver dell’epoca, ma
all’inizio
si trovò a pagare il dazio di un rapporto peso/potenza meno adatto alle
corse di quello delle rivali Porsche e perfino delle Fiat 1100
Zagato,
dalle quali fu battuta nella Coppa delle Dolomiti. La
Casa
corse immediatamente ai ripari potenziando il motore e alleggerendo la
carrozzeria in una nuova versione che sarebbe passata alla storia: la
Sprint
Veloce, la cui motorizzazione venne estesa anche alla
Spider.
Un
a
mossa grazie alla quale le Giulietta in catalogo divennero sei: la
Berlina
e la TI carrozzate e fabbricate direttamente dall’Alfa
Romeo,
la Sprint e la Sprint Veloce carrozzate e prodotte da Bertone,
la Spider e la Spider Veloce carrozzate e sfornate dalla Pinin Farina.
Come si vede, una vera e propria famiglia, con una rappresentante per qualsiasi
esigenza.
Zagato
E’
a questo punto che una circostanza del tutto fortuita porta in scena il…
settimo incomodo: fuor di metafora, il seme di quella
che,
più avanti nel tempo, diverrà a tutti gli effetti la settima
Giulietta
della serie. Che cosa accade? Semplice: in un incidente di
corsa,
il gentleman driver milanese Massimo Leto di Priolo danneggia pesantemente
la sua Giulietta Sprint Veloce e, invece di farsela rifare come in origine,
si rivolge al carrozziere Elio Zagato, già ben
conosciuto negli
ambienti sportivi per le sue carrozzerie d’alluminio molto leggere e
profilate,
per avere la propria vettura ricarrozzata in maniera più consona
all’impiego
in gara.
Il
carrozziere interpreta piuttosto liberamente lo stile originale della Giulietta
Sprint ammorbidendo tutti gli spigoli che complicherebbero la formatura
dell’alluminio: alla fine la nuova carrozzeria risulterà
più profilata
dell’originale, oltre che meno pesante. Un lavoro ben riuscito:
quella
Sprint Veloce carrozzata da Zagato debutta a Monza nel settembre 1956,
vincendo clamorosamente la Coppa Intereuropa. L’anno
dopo,
anche altri piloti vogliono una Giulietta Sprint Veloce
Zagato.
Ma, poiché l’Alfa Romeo non fornisce direttamente autotelai privi
di carrozzeria
all’atélier milanese, si trovano costretti a sacrificare le
carrozzerie
originali delle loro Sprint, anche se ancora in perfette condizioni.
L’esempio
dei milanesi viene seguito da altri, anche se, in realtà, non tutti i
piloti
si rivolgono a Zagato: nel 1957 il gentleman-driver modenese Domenico Rabino
affida a Scaglietti la Sprint Veloce che ha quasi distrutta
nel Rally del Sestriere, mentre altri si rivolgono al proprio carrozziere
di fiducia per trasformare in tutto o in parte una SV più o meno
incidentata.
I risultati non sono sempre felici,
ma valgono a rendere variegate e allegre le corse delle Giulietta. Anche
le SV di Zagato si presentano diverse l’una dall’altra:
un
po’ per via di specifiche esigenze dei singoli clienti, un po’
perché
costruite a mano senza attrezzature industriali e figlie di uno sviluppo
stilistico non sempre lineare. In comune hanno le linee già impiegate da
Zagato per le Fiat 8V e altre sportive vincenti, oltre alla superiorità
agonistica sulle Giulietta Sprint Veloce di serie.
E’
a questo punto che una circostanza del tutto fortuita porta in scena il…
settimo incomodo: fuor di metafora, il seme di quella
che,
più avanti nel tempo, diverrà a tutti gli effetti la settima
Giulietta
della serie. Che cosa accade? Semplice: in un incidente di
corsa,
il gentleman driver milanese Massimo Leto di Priolo danneggia pesantemente
la sua Giulietta Sprint Veloce e, invece di farsela rifare come in origine,
si rivolge al carrozziere Elio Zagato, già ben
conosciuto negli
ambienti sportivi per le sue carrozzerie d’alluminio molto leggere e
profilate,
per avere la propria vettura ricarrozzata in maniera più consona
all’impiego
in gara.
Il
carrozziere interpreta piuttosto liberamente lo stile originale della Giulietta
Sprint ammorbidendo tutti gli spigoli che complicherebbero la formatura
dell’alluminio: alla fine la nuova carrozzeria risulterà
più profilata
dell’originale, oltre che meno pesante. Un lavoro ben riuscito:
quella
Sprint Veloce carrozzata da Zagato debutta a Monza nel settembre 1956,
vincendo clamorosamente la Coppa Intereuropa. L’anno
dopo,
anche altri piloti vogliono una Giulietta Sprint Veloce
Zagato.
Ma, poiché l’Alfa Romeo non fornisce direttamente autotelai privi
di carrozzeria
all’atélier milanese, si trovano costretti a sacrificare le
carrozzerie
originali delle loro Sprint, anche se ancora in perfette condizioni.
L’esempio
dei milanesi viene seguito da altri, anche se, in realtà, non tutti i
piloti
si rivolgono a Zagato: nel 1957 il gentleman-driver modenese Domenico Rabino
affida a Scaglietti la Sprint Veloce che ha quasi distrutta
nel Rally del Sestriere, mentre altri si rivolgono al proprio carrozziere
di fiducia per trasformare in tutto o in parte una SV più o meno
incidentata.
I risultati non sono sempre felici,
ma valgono a rendere variegate e allegre le corse delle Giulietta. Anche
le SV di Zagato si presentano diverse l’una dall’altra:
un
po’ per via di specifiche esigenze dei singoli clienti, un po’
perché
costruite a mano senza attrezzature industriali e figlie di uno sviluppo
stilistico non sempre lineare. In comune hanno le linee già impiegate da
Zagato per le Fiat 8V e altre sportive vincenti, oltre alla superiorità
agonistica sulle Giulietta Sprint Veloce di serie.
La Sprint Speciale
L’Alfa
Romeo, tradizionalmente molto interessata ai risultati in gara dei clienti
sportivi, non tarda a intravedere le potenzialità di un’operazione
meglio
coordinata e avvia una serie di trattative con la Carrozzeria milanese
per arrivare alla definizione e alla produzione in piccola serie di
una Sprint Zagato che possa essere riconosciuta come una
Giulietta
a tutti gli effetti e non solo come a una delle tante
“Zagatine”
che si somigliano un po' tutte. Quando però Bertone viene a sapere della
trattativa ne viene molto contrariato e incarica il suo disegnatore capo,
Franco Scaglione, di studiare una carrozzeria in alluminio per l'uso agonistico.
Nasce così la Giulietta Sprint Speciale, che
però si rivela
tremendamente costosa da costruire senza peraltro dimostrarsi
sostanzialmente
superiore alle Sprint Veloce di Zagato.
La
battaglia fra le SS, per la maggior parte preparate dal torinese Virgilio
Conrero, e le SVZ, preparate invece dai Facetti padre e figli di Milano,
è in ogni modo entusiasmante. L’Alfa Romeo comunque non nasconde
la propria
preferenza per le Giulietta da corsa milanesi e, sempre più interessata
a collaborare più strettamente con Zagato, trova infine una soluzione
molto
diplomatica: a Bertone prospetta di modificare la SS in modo da destinarla
a un mercato più vasto e quindi più remunerativo di quello delle
corse.
Il carrozziere accetta, sostituisce con lamiera d’acciaio
l’alluminio
impiegato per i primi esemplari e rende più lussuosi gli allestimenti
interni:
la SS, così modificata e riposizionata sul mercato, diventerà ben
presto
un altro classico sul tema Giulietta.
Sistemate
le cose con Bertone, l’Alfa Romeo riprende le trattative con Zagato e
si accorda per fornirgli in conto lavorazione gli autotelai con passo 2.250
mm che già forniva a Bertone per le SS e per distribuire attraverso la
propria rete commerciale il nuovo modello che si chiamerà Giulietta
Sprint Zagato, abbreviato in SZ. Nell’affrontare il tema della
Giulietta Sprint da fornitore ufficiale, Zagato cerca di ridurne al massimo
il peso realizzando una carrozzeria quanto più possibile corta e
compatta,
in modo da impiegare la minor quantità di metallo. Per quanto riguarda
lo stile, sceglie una moderna interpretazione della linea a uovo che aveva
caratterizzato le Zagato del dopoguerra e tiene conto dell’evoluzione
avvenuta nelle SVZ. Molto gradevole a vedersi, la Giulietta SZ mostra
una personalità esclusiva, che permette di identificarla
immediatamente
come un’Alfa Romeo esattamente come la Casa desiderava. Il primo esemplare
viene completato il 19 dicembre 1959: ha i fari carenati,
per migliorare la penetrazione aerodinamica, e i pulsanti d’apertura delle
porte dotati di semplicissime impugnature ad aletta.
Il modello debutta ufficialmente in
pubblico il 3 marzo 1960 al Salone Internazionale dell’automobile di
Ginevra: le foto ufficiali dell’esemplare bianco usato per
la presentazione mostrano alcune differenze rispetto al primo esemplare
del 1959, come i fari anteriori senza calotte trasparenti (proibite
dall’entrata
in vigore del Nuovo Codice della Strada), i lobi laterali della calandra
con tre invece di due barrette orizzontali, gli archi passaruota anteriori
più arrotondati e le porte con vere e proprie maniglie, anche se piccole.
Data la produzione in piccola serie, questo allestimento generale
conoscerà
comunque diverse eccezioni: in particolare per quanto riguarda i fari,
che per alcuni mercati o per alcuni clienti da corsa mantennero le calotte
di plexiglas.
L’Alfa
Romeo, tradizionalmente molto interessata ai risultati in gara dei clienti
sportivi, non tarda a intravedere le potenzialità di un’operazione
meglio
coordinata e avvia una serie di trattative con la Carrozzeria milanese
per arrivare alla definizione e alla produzione in piccola serie di
una Sprint Zagato che possa essere riconosciuta come una
Giulietta
a tutti gli effetti e non solo come a una delle tante
“Zagatine”
che si somigliano un po' tutte. Quando però Bertone viene a sapere della
trattativa ne viene molto contrariato e incarica il suo disegnatore capo,
Franco Scaglione, di studiare una carrozzeria in alluminio per l'uso agonistico.
Nasce così la Giulietta Sprint Speciale, che
però si rivela
tremendamente costosa da costruire senza peraltro dimostrarsi
sostanzialmente
superiore alle Sprint Veloce di Zagato.
La
battaglia fra le SS, per la maggior parte preparate dal torinese Virgilio
Conrero, e le SVZ, preparate invece dai Facetti padre e figli di Milano,
è in ogni modo entusiasmante. L’Alfa Romeo comunque non nasconde
la propria
preferenza per le Giulietta da corsa milanesi e, sempre più interessata
a collaborare più strettamente con Zagato, trova infine una soluzione
molto
diplomatica: a Bertone prospetta di modificare la SS in modo da destinarla
a un mercato più vasto e quindi più remunerativo di quello delle
corse.
Il carrozziere accetta, sostituisce con lamiera d’acciaio
l’alluminio
impiegato per i primi esemplari e rende più lussuosi gli allestimenti
interni:
la SS, così modificata e riposizionata sul mercato, diventerà ben
presto
un altro classico sul tema Giulietta.
Sistemate
le cose con Bertone, l’Alfa Romeo riprende le trattative con Zagato e
si accorda per fornirgli in conto lavorazione gli autotelai con passo 2.250
mm che già forniva a Bertone per le SS e per distribuire attraverso la
propria rete commerciale il nuovo modello che si chiamerà Giulietta
Sprint Zagato, abbreviato in SZ. Nell’affrontare il tema della
Giulietta Sprint da fornitore ufficiale, Zagato cerca di ridurne al massimo
il peso realizzando una carrozzeria quanto più possibile corta e
compatta,
in modo da impiegare la minor quantità di metallo. Per quanto riguarda
lo stile, sceglie una moderna interpretazione della linea a uovo che aveva
caratterizzato le Zagato del dopoguerra e tiene conto dell’evoluzione
avvenuta nelle SVZ. Molto gradevole a vedersi, la Giulietta SZ mostra
una personalità esclusiva, che permette di identificarla
immediatamente
come un’Alfa Romeo esattamente come la Casa desiderava. Il primo esemplare
viene completato il 19 dicembre 1959: ha i fari carenati,
per migliorare la penetrazione aerodinamica, e i pulsanti d’apertura delle
porte dotati di semplicissime impugnature ad aletta.
Il modello debutta ufficialmente in
pubblico il 3 marzo 1960 al Salone Internazionale dell’automobile di
Ginevra: le foto ufficiali dell’esemplare bianco usato per
la presentazione mostrano alcune differenze rispetto al primo esemplare
del 1959, come i fari anteriori senza calotte trasparenti (proibite
dall’entrata
in vigore del Nuovo Codice della Strada), i lobi laterali della calandra
con tre invece di due barrette orizzontali, gli archi passaruota anteriori
più arrotondati e le porte con vere e proprie maniglie, anche se piccole.
Data la produzione in piccola serie, questo allestimento generale
conoscerà
comunque diverse eccezioni: in particolare per quanto riguarda i fari,
che per alcuni mercati o per alcuni clienti da corsa mantennero le calotte
di plexiglas.
I succesi sportivi
A
distanza di tanti anni, è fuori di dubbio che la Giulietta SZ rispose
pienamente
allo scopo per il quale era stata costruita dominando a lungo le corse
della categoria GT fino a 1300 cc. Fra le evoluzioni proposte
dalla Casa vanno ricordati i freni anteriori a tamburo a tre ceppi; mentre
fra quelli degli elaboratori più capaci non si possono trascurare i nomi
dei Facetti e di Virgilio Conrero. La SZ è stata il cavallo di battaglia
(ma anche il biglietto da visita per l’ammissione a vetture e a categorie
superiori) di molti piloti italiani, come “Kim” (Sergio Pedretti),
Gianpiero
Biscaldi, Giancarlo Sala, Piero Laureati, Gianni Bulgari, Rinaldo Parmigiani,
Ildefonso Torriani, Ignazio Giunti, Nanni Galli, Bruno Deserti e gli stessi
Elio Zagato e Carlo Facetti che, smessi rispettivamente i panni del carrozziere
e del preparatore, indossavano volentieri e vittoriosamente quelli del
pilota. La
Giulietta SZ mise però a segno un autentico successo mondiale vincendo
un po’ dappertutto: in Francia con Jean Rolland, Josè Rosinsky,
Jean Guichet,
Fernad Masoero, Jean Carpentier; in Svizzera con Silvio Moser, Karl Foitek,
Armand Schaffer, Ernst Furtmayr, Edmond Laub; in Germania con Anton Fischaber,
Kurt Ahrens, Fritz Jüttner, Lothar Bender, Horst Estler, Rudolf Wilhelm
Moser; in Belgio con Georges Harris e Georges Hacquin; negli Stati Uniti
con Ralph Troiano, Charlie Kolb, Ros Durant Junior, Paul Richards, Harry
Teodoracopulos e George P. Fog. L’elenco potrebbe anche
essere
più lungo, ma già da qui si capisce come l’Alfa Romeo non
ebbe difficoltà
a vendere oltre 200 esemplari di questa vettura, che era essenzialmente
un’auto da corsa e per di più la più costosa del listino
della Casa. Tuttavia,
nel 1961, proprio quando la Giulietta SZ era nel pieno del suo successo
commerciale e agonistico, accadde un fatto inatteso che arrivò a
mettere
in discussione le sue qualità.
A
distanza di tanti anni, è fuori di dubbio che la Giulietta SZ rispose
pienamente
allo scopo per il quale era stata costruita dominando a lungo le corse
della categoria GT fino a 1300 cc. Fra le evoluzioni proposte
dalla Casa vanno ricordati i freni anteriori a tamburo a tre ceppi; mentre
fra quelli degli elaboratori più capaci non si possono trascurare i nomi
dei Facetti e di Virgilio Conrero. La SZ è stata il cavallo di battaglia
(ma anche il biglietto da visita per l’ammissione a vetture e a categorie
superiori) di molti piloti italiani, come “Kim” (Sergio Pedretti),
Gianpiero
Biscaldi, Giancarlo Sala, Piero Laureati, Gianni Bulgari, Rinaldo Parmigiani,
Ildefonso Torriani, Ignazio Giunti, Nanni Galli, Bruno Deserti e gli stessi
Elio Zagato e Carlo Facetti che, smessi rispettivamente i panni del carrozziere
e del preparatore, indossavano volentieri e vittoriosamente quelli del
pilota. La
Giulietta SZ mise però a segno un autentico successo mondiale vincendo
un po’ dappertutto: in Francia con Jean Rolland, Josè Rosinsky,
Jean Guichet,
Fernad Masoero, Jean Carpentier; in Svizzera con Silvio Moser, Karl Foitek,
Armand Schaffer, Ernst Furtmayr, Edmond Laub; in Germania con Anton Fischaber,
Kurt Ahrens, Fritz Jüttner, Lothar Bender, Horst Estler, Rudolf Wilhelm
Moser; in Belgio con Georges Harris e Georges Hacquin; negli Stati Uniti
con Ralph Troiano, Charlie Kolb, Ros Durant Junior, Paul Richards, Harry
Teodoracopulos e George P. Fog. L’elenco potrebbe anche
essere
più lungo, ma già da qui si capisce come l’Alfa Romeo non
ebbe difficoltà
a vendere oltre 200 esemplari di questa vettura, che era essenzialmente
un’auto da corsa e per di più la più costosa del listino
della Casa. Tuttavia,
nel 1961, proprio quando la Giulietta SZ era nel pieno del suo successo
commerciale e agonistico, accadde un fatto inatteso che arrivò a
mettere
in discussione le sue qualità.
Le SZ “coda tronca”
La vecchia Giulietta Sprint Veloce a
quattro marce targata IM 17369, a suo tempo preparata da Virgilio Conrero
per il pilota Francesco De Leonibus, poi ricarrozzata da Zagato dopo un
incidente e successivamente di nuovo ricarrozzata da Giovanni Michelotti
in una foggia del tutto diversa dopo un altro “imprevisto di
gara”,
segnò la velocità record di 222,22 km/h (mica male per una 1300!)
a Monza,
il 12 marzo 1961, durante la disputa della Coppa Sant’Ambroeus. De
Leonibus
e la sua vettura, in realtà, non vinsero quella gara, ma
quell’exploit
velocistico mai raggiunto da nessuna SZ gettò letteralmente lo scompiglio
nel clan Zagato e fra gli stessi dirigenti dell’Alfa Romeo, accusati di
avere fornito al preparatore torinese chissà quale diavoleria.
La
straordinaria prestazione velocistica di quella Sprint Veloce così
particolare,
che Michelotti aveva ribattezzato Goccia proprio per la sua linea arrotondata
ma anche allungata, fu oggetto di una concitata serie di telefonate fra
l’Alfa Romeo e Zagato, alla quale si aggiunsero quelle di un incredulo
Carlo Abarth (a sua volta cliente della carrozzeria milanese). Alla fine
si chiarì il mistero: contrariamente alle apparenze, la
Giulietta SZ
“di serie” non era poi così particolarmente
aerodinamica.
Le sue forme brevi e raccolte, infatti, opponevano all'aria una resistenza
maggiore di quella che avrebbero opposto forme più allungate e distese:
un elementare principio dell’aerodinamica che oggi non farebbe
neppure
discutere, ma che all’epoca non era ancora del tutto chiaro. Zagato
capì
subito la lezione e, con una reazione prontissima, allungò il muso e la
coda della sua SZ migliorandone istantaneamente le prestazioni
velocistiche.
Non
potendo realizzare una coda allungata oltre misura (come quelle che, di
lì a pochi anni, si sarebbero viste su diverse vetture in gara alla 24
Ore di Le Mans, dalle piccole berlinette Alpine Renault alle più possenti
Alfa Romeo 33 e Porsche 917), la troncò in un punto in cui la perdita di
efficienza era la minima compatibile con il raggiungimento di prestazioni
migliori. Per individuare la misura esatta eseguì una serie di prove di
velocità in autostrada, impiegando i cippi chilometrici come punti di
riferimento
e il designer Ercole Spada come cronometrista a bordo; per armonizzare
l’allungamento di muso e coda, il carrozziere intervenne anche sul corpo
centrale, dando forma a un padiglione diverso dal precedente.
Tornò inoltre alla soluzione dei fari carenati delle prime SZ,
perché decisamente
più favorevole dal punto di vista aerodinamico. Elio Zagato in persona
volle verificare i progressi realizzati con la prima SZ “coda
tronca”
partecipando personalmente al 3° Gran Premio Gran Turismo a Monza, il 28
agosto 1961: vinse, dimostrando già alla prima uscita ufficiale la
validità
della nuova configurazione che si sarebbe riconfermata poi nelle gare
successive,
per poi avere definitiva consacrazione nella Giulia TZ che avrebbe ereditato,
perfezionandola ulteriormente, la linea allungata e tronca delle ultime
SZ.
La principale modifica apportata alla
meccanica delle SZ “coda tronca” è
rappresentata dai freni
a disco Girling, provati a lungo dal Servizio Esperienze dell’Alfa Romeo
sulla SZ # AR10126*00047 prima di essere deliberati. I dischi Girling
equipaggiarono
gli ultimi 30 esemplari, la cui vita agonistica fu però piuttosto breve
sia perché dal 1963 l’Alfa Romeo concentrò i suoi sforzi
sulla Giulia
TZ, sia perché a partire dallo stesso anno le Simca Abarth, veri e propri
prototipi da corsa, iniziarono a dominare nella classe 1300 GT. Per la SZ, nelle sue successive evoluzioni,
era giunto il momento di gettare la spugna. Ma solo per prendersi un
periodo di meritato riposo, prima di ritornare protagonista, e alla grande,
nelle gare per autostoriche come nella hit parade del collezionismo
internazionale.
La vecchia Giulietta Sprint Veloce a
quattro marce targata IM 17369, a suo tempo preparata da Virgilio Conrero
per il pilota Francesco De Leonibus, poi ricarrozzata da Zagato dopo un
incidente e successivamente di nuovo ricarrozzata da Giovanni Michelotti
in una foggia del tutto diversa dopo un altro “imprevisto di
gara”,
segnò la velocità record di 222,22 km/h (mica male per una 1300!)
a Monza,
il 12 marzo 1961, durante la disputa della Coppa Sant’Ambroeus. De
Leonibus
e la sua vettura, in realtà, non vinsero quella gara, ma
quell’exploit
velocistico mai raggiunto da nessuna SZ gettò letteralmente lo scompiglio
nel clan Zagato e fra gli stessi dirigenti dell’Alfa Romeo, accusati di
avere fornito al preparatore torinese chissà quale diavoleria.
La
straordinaria prestazione velocistica di quella Sprint Veloce così
particolare,
che Michelotti aveva ribattezzato Goccia proprio per la sua linea arrotondata
ma anche allungata, fu oggetto di una concitata serie di telefonate fra
l’Alfa Romeo e Zagato, alla quale si aggiunsero quelle di un incredulo
Carlo Abarth (a sua volta cliente della carrozzeria milanese). Alla fine
si chiarì il mistero: contrariamente alle apparenze, la
Giulietta SZ
“di serie” non era poi così particolarmente
aerodinamica.
Le sue forme brevi e raccolte, infatti, opponevano all'aria una resistenza
maggiore di quella che avrebbero opposto forme più allungate e distese:
un elementare principio dell’aerodinamica che oggi non farebbe
neppure
discutere, ma che all’epoca non era ancora del tutto chiaro. Zagato
capì
subito la lezione e, con una reazione prontissima, allungò il muso e la
coda della sua SZ migliorandone istantaneamente le prestazioni
velocistiche.
Non
potendo realizzare una coda allungata oltre misura (come quelle che, di
lì a pochi anni, si sarebbero viste su diverse vetture in gara alla 24
Ore di Le Mans, dalle piccole berlinette Alpine Renault alle più possenti
Alfa Romeo 33 e Porsche 917), la troncò in un punto in cui la perdita di
efficienza era la minima compatibile con il raggiungimento di prestazioni
migliori. Per individuare la misura esatta eseguì una serie di prove di
velocità in autostrada, impiegando i cippi chilometrici come punti di
riferimento
e il designer Ercole Spada come cronometrista a bordo; per armonizzare
l’allungamento di muso e coda, il carrozziere intervenne anche sul corpo
centrale, dando forma a un padiglione diverso dal precedente.
Tornò inoltre alla soluzione dei fari carenati delle prime SZ,
perché decisamente
più favorevole dal punto di vista aerodinamico. Elio Zagato in persona
volle verificare i progressi realizzati con la prima SZ “coda
tronca”
partecipando personalmente al 3° Gran Premio Gran Turismo a Monza, il 28
agosto 1961: vinse, dimostrando già alla prima uscita ufficiale la
validità
della nuova configurazione che si sarebbe riconfermata poi nelle gare
successive,
per poi avere definitiva consacrazione nella Giulia TZ che avrebbe ereditato,
perfezionandola ulteriormente, la linea allungata e tronca delle ultime
SZ.
La principale modifica apportata alla
meccanica delle SZ “coda tronca” è
rappresentata dai freni
a disco Girling, provati a lungo dal Servizio Esperienze dell’Alfa Romeo
sulla SZ # AR10126*00047 prima di essere deliberati. I dischi Girling
equipaggiarono
gli ultimi 30 esemplari, la cui vita agonistica fu però piuttosto breve
sia perché dal 1963 l’Alfa Romeo concentrò i suoi sforzi
sulla Giulia
TZ, sia perché a partire dallo stesso anno le Simca Abarth, veri e propri
prototipi da corsa, iniziarono a dominare nella classe 1300 GT. Per la SZ, nelle sue successive evoluzioni,
era giunto il momento di gettare la spugna. Ma solo per prendersi un
periodo di meritato riposo, prima di ritornare protagonista, e alla grande,
nelle gare per autostoriche come nella hit parade del collezionismo
internazionale.
Numeri di telaio
1957 – Nasce il concetto
SZ: Zagato ricostruisce in alluminio la carrozzeria dell’Alfa Romeo
Giulietta
Sprint Veloce del gentleman driver Massimo Leto di Priolo , rimasta danneggiata
in un incidente. 1958 – Altri piloti fanno
ricarrozzare in alluminio le loro Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce. Il
modello domina nella stagione agonistica 19 dicembre 1959 – La
carrozzeria Zagato completa la prima vera e propria SZ (codice modello
AR 101.26) sul telaio # AR10126*00001. La vettura ha le carenature sui
fari e l’apertura delle porte con pulsanti dotati di piccole alette per
l’impugnatura. 3 Marzo 1960 – L’Afa
Romeo Giulietta SZ debutta al Salone di Ginevra nella sua veste definitiva.
I fari non hanno più le cupolette di plexiglas, l’apertura delle
porte
ha vere e proprie maniglie. Fine 1960 – Si registra
la produzione degli esemplari con i numeri di telaio da AR10126*00002 a
AR10126*00068, saltando però AR10126*00045, AR10126*00046, AR10126*00048,
AR10126*00057, AR10126*00067. La sigla distintiva dei motori (AR00120)
coincide con quella delle Alfa Romeo Giulietta SS, la cui numerazione è
iniziata da AR00120*00001. Dal motore # AR0012*00201 cambiano la testa,
il diametro degli steli delle valvole e i perni di banco (maggiorati),
ma il codice motore AR00120 rimane invariato. Diverse vetture montano
carburatori
Weber 40 DCOE2 al posto dei Weber 40 DCO3. La numerazione dei motori non
rispetta la numerazione progressiva dei telai.
Inizio 1961 – Quasi tutti
i motori sono della serie con testa larga e perni di manovella grossi.
I carburatori Weber 40 DCOE2 sostituiscono i Weber 40 DCO3. In alcuni esemplari
la plancia portastrumenti è in vetroresina invece che in metallo. Vengono
costruiti gli esemplari AR10126*00045, AR10126*00046, AR10126*00047 (che
rimane al Servizio Esperienze dell’Alfa Romeo), AR10126*00057 e da
AR10126*00067
a AR10126*00171 saltando AR10126*00068 e AR10126*00170 (realizzato con
coda tronca). Metà 1961 – Nuova carrozzeria
più lunga, più bassa, più profilata, con i fari carenati e
con la coda
tronca che distingue anche nel nome (“coda tronca”, appunto) il
modello.
La meccanica resta sostanzialmente invariata, ma alcuni esemplari montano
i freni a disco Girling che diventano disponibili anche per la versione
“coda tonda”. Telai da AR10126*00170 a AR10126*00175 (AR10126*00171
viene
realizzato con coda tonda) 1962 - I registri riportano
la produzione degli esemplari da AR10126*00176 a AR10126*00198, saltando
gli esemplari AR10126*00178, AR10126*00179, e AR10126*00178. 1963 – Completato l’esemplare
AR10126*00178.
1957 – Nasce il concetto
SZ: Zagato ricostruisce in alluminio la carrozzeria dell’Alfa Romeo
Giulietta
Sprint Veloce del gentleman driver Massimo Leto di Priolo , rimasta danneggiata
in un incidente. 1958 – Altri piloti fanno
ricarrozzare in alluminio le loro Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce. Il
modello domina nella stagione agonistica 19 dicembre 1959 – La
carrozzeria Zagato completa la prima vera e propria SZ (codice modello
AR 101.26) sul telaio # AR10126*00001. La vettura ha le carenature sui
fari e l’apertura delle porte con pulsanti dotati di piccole alette per
l’impugnatura. 3 Marzo 1960 – L’Afa
Romeo Giulietta SZ debutta al Salone di Ginevra nella sua veste definitiva.
I fari non hanno più le cupolette di plexiglas, l’apertura delle
porte
ha vere e proprie maniglie. Fine 1960 – Si registra
la produzione degli esemplari con i numeri di telaio da AR10126*00002 a
AR10126*00068, saltando però AR10126*00045, AR10126*00046, AR10126*00048,
AR10126*00057, AR10126*00067. La sigla distintiva dei motori (AR00120)
coincide con quella delle Alfa Romeo Giulietta SS, la cui numerazione è
iniziata da AR00120*00001. Dal motore # AR0012*00201 cambiano la testa,
il diametro degli steli delle valvole e i perni di banco (maggiorati),
ma il codice motore AR00120 rimane invariato. Diverse vetture montano
carburatori
Weber 40 DCOE2 al posto dei Weber 40 DCO3. La numerazione dei motori non
rispetta la numerazione progressiva dei telai.
Inizio 1961 – Quasi tutti
i motori sono della serie con testa larga e perni di manovella grossi.
I carburatori Weber 40 DCOE2 sostituiscono i Weber 40 DCO3. In alcuni esemplari
la plancia portastrumenti è in vetroresina invece che in metallo. Vengono
costruiti gli esemplari AR10126*00045, AR10126*00046, AR10126*00047 (che
rimane al Servizio Esperienze dell’Alfa Romeo), AR10126*00057 e da
AR10126*00067
a AR10126*00171 saltando AR10126*00068 e AR10126*00170 (realizzato con
coda tronca). Metà 1961 – Nuova carrozzeria
più lunga, più bassa, più profilata, con i fari carenati e
con la coda
tronca che distingue anche nel nome (“coda tronca”, appunto) il
modello.
La meccanica resta sostanzialmente invariata, ma alcuni esemplari montano
i freni a disco Girling che diventano disponibili anche per la versione
“coda tonda”. Telai da AR10126*00170 a AR10126*00175 (AR10126*00171
viene
realizzato con coda tonda) 1962 - I registri riportano
la produzione degli esemplari da AR10126*00176 a AR10126*00198, saltando
gli esemplari AR10126*00178, AR10126*00179, e AR10126*00178. 1963 – Completato l’esemplare
AR10126*00178.
Scheda tecnica
La scheda tecnica (Giulietta Sprint
Zagato, 1959-1963) Motore Tipo 4
cilindri in linea, anteriore longitudinale Alesaggio e corsa (mm)
74 x75 Distribuzione 2
alberi a camme in testa Valvole 2
per cilindro Alimentazione 2
carburatori orizzontali doppio corpo Weber 40 DCO3 (poi 40 DCOE2) Rapp. di compressione
9,7:1 Accensione bobina
e spinterogeno Potenza max (Cv)
100 (DIN) a 6.500 giri/min. Coppia massima (kgm)
11,5 (Din) a 4.500 giri/min. Impianto elettrico
12 V Dinamo 240
W Batteria 38
Ah
Trasmissione Trazione posteriore Frizione monodisco
a secco Cambio a
5 rapporti + Rm con comando al pavimento Rapporto al ponte
9/41
Autotelaio Tipo integrato
con la scocca Passo (mm) 2.250 Carreggiata ant. (mm)
1.292 Carreggiata post. (mm)
1.270 Sospensioni anteriori
quadrilateri, molle e barra, ammortizzatori idraulici
telescopici Sospensioni post.
triangolo superiore, molle e puntoni, ammortizzatori idraulici
telescopici Ponte posteriore
rigido, scatola centrale in alluminio Sterzo vite
globoidale e rullo Freni idraulici
a 4 tamburi (anteriori a 3 ceppi, poi a disco Girling) Pneumatici 155
x 15” Peso 785/770
kg
Prestazioni Velocità max
coda tonda: 200 Km/h (coda tronca: 220 km/h) Consumo medio 11,5
litri/100 km (norme CUNA)
La scheda tecnica (Giulietta Sprint
Zagato, 1959-1963) Motore Tipo 4
cilindri in linea, anteriore longitudinale Alesaggio e corsa (mm)
74 x75 Distribuzione 2
alberi a camme in testa Valvole 2
per cilindro Alimentazione 2
carburatori orizzontali doppio corpo Weber 40 DCO3 (poi 40 DCOE2) Rapp. di compressione
9,7:1 Accensione bobina
e spinterogeno Potenza max (Cv)
100 (DIN) a 6.500 giri/min. Coppia massima (kgm)
11,5 (Din) a 4.500 giri/min. Impianto elettrico
12 V Dinamo 240
W Batteria 38
Ah
Trasmissione Trazione posteriore Frizione monodisco
a secco Cambio a
5 rapporti + Rm con comando al pavimento Rapporto al ponte
9/41
Autotelaio Tipo integrato
con la scocca Passo (mm) 2.250 Carreggiata ant. (mm)
1.292 Carreggiata post. (mm)
1.270 Sospensioni anteriori
quadrilateri, molle e barra, ammortizzatori idraulici
telescopici Sospensioni post.
triangolo superiore, molle e puntoni, ammortizzatori idraulici
telescopici Ponte posteriore
rigido, scatola centrale in alluminio Sterzo vite
globoidale e rullo Freni idraulici
a 4 tamburi (anteriori a 3 ceppi, poi a disco Girling) Pneumatici 155
x 15” Peso 785/770
kg
Prestazioni Velocità max
coda tonda: 200 Km/h (coda tronca: 220 km/h) Consumo medio 11,5
litri/100 km (norme CUNA)