Nel 1978 la cilindrata aumenta e il boxer raggiunge la soglia del progetto iniziale, vale a dire il litro e mezzo. Con 1490 cc, 85 CV e 170 km/h, le prestazioni assumono un tono che esalta le grandi qualità stradali dell’Alfasud, che non chiedono di meglio per essere espresse compiutamente. La Ti “seconda serie”, distinguibile per la diversa indicazione della cilindrata, brilla anche per elasticità di marcia e si dimostra, a velocità costante, parca nel consumo quanto la versione base di 1,2 litri. Parallelamente la 1.3 viene portata da 1286 a 1351 cc, che significano 79 Cv e una migliore erogazione di coppia ai bassi e medi regimi. La ricaduta utile all’utente è poter correre di più nel rispetto della legge, per la ragione che, superata la soglia di 1300 cc, si entra nella fascia più elevata dei limiti di velocità: 110 km/h su strada statale e 140 in autostrada anziché i precedenti 100 e 130. Nel 1979 c’è un altro aumento di potenza per la 1.3, che arriva a 86 Cv-DIN, cioè al livello prima espresso dalla 1.5. La sorella maggiore non può restare indietro e acquista altri 10 Cv, passando a 95, con una velocità oltre 175 km/h. L’aumento è ottenuto ricorrendo a due carburatori a doppio corpo.
Di tutto questo rincorrersi di cavalleria, fatto per contrastare la concorrenza sempre più agguerrita (si pensi alla VW Golf GTI, alla Renault 5 Alpine e alla Fiat Ritmo 105 TC) si giova la berlina, che aumenta le prestazioni ricavando versioni di punta come la 1.5 Quadrifoglio Oro del 1982 e la 1.3 SC. Nel 1980 l’Alfasud è sottoposta a un restyling che coinvolge l’esterno e l’interno della vettura, esteso, naturalmente, alla “Ti”, che mantiene i doppi fari, ma ha novità di dettaglio per gli indicatori di direzione nel paraurti e lo spoiler posteriore. Nell’abitacolo, simile alla berlina, il tocco di sportività è dato dal volante a razze forate e dalla strumentazione supplementare (manometro olio e termometro acqua) non più al centro della plancia, ma in basso, davanti alla vaschetta portaoggetti sul tunnel. Ottimo, come su tutte le Alfasud, il posto di guida con volante regolabile. Il canto del cigno per la “Ti” data 1982, quando appare la versione più potente e prestante, la Quadrifoglio Verde. Il motore da 105 Cv la spinge a 180 km/h con notevole allungo, tanto che il limitatore interviene a 7300 giri.
Lo stile è simile alla precedente, tranne lo scudetto non più cromato ma colorato di rosso e il montante centrale della portiera, prima in tinta carrozzeria, ora nero. Altri dettagli che distinguono la Quadrifoglio Verde sono: il marchio della Casa al centro del portellone, la filettatura lungo le fiancate (in questo caso rossa), le profilature in plastica scure applicate sotto la filettatura e i nuovi cerchi in lega leggera a fori circolari, disegnati apposta per le gomme ultra-ribassate Michelin TRX. L’interno è analogo alla precedente Ti, salvo la moquette del pavimento che è rossa anziché grigio scuro, il diverso pomello cambio e il colore della selleria.
Ma soprattutto è il comportamento stradale che, grazie agli nuovi pneumatici, fa un ulteriore passo avanti. La Q.V. ha una gommatura in grado di esaltare al meglio le doti dello sterzo, preciso, diretto e leggero. L’assetto è adattato in questo senso, piatto e con grande stabilità in tutte le condizioni: è una vera Alfa Romeo. In più la vettura è facile e sicura da guidare e anche nelle manovre di emergenza non si scompone mai pericolosamente, manifestando solo un lieve sottosterzo quando si spinge al limite. Nei riguardi delle più qualificate rivali le manca solo... un po’ di cilindrata che le permetterebbe di superarle in accelerazione e velocità, anziché essere loro pari. È infatti una “millecinque” che si scontra con le “millesei” (e qualche volta anche “milleotto”) della concorrenza che la stampa specializzata pone a confronto diretto, risultando la “Ti”, tuttavia, costantemente la migliore per comportamento e piacevolezza di guida.