29 January 2016

Sparco, fibra alla torinese

Abbiamo visitato la sede della Sparco dove si producono pezzi in carbonio della nuova Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio da 510 cavalli. Ecco il nostro resoconto...

Sparco, fibra alla torinese

Ogni supercar che si rispetti non può prescindere da un allestimento che preveda vari particolari, strutturali e no, in carbonio. L’Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio, dall’alto dei suoi 510 Cv sarà una supercar a tutti gli effetti, e quindi ecco che la pregiata fibra nera sarà usata per allestire la versione top di gamma. Il bello è che questi dettagli saranno prodotti in Italia, in quella cintura di Torino che ancor oggi, crisi o non crisi, continua a essere ad alto tasso automobilistico (per fortuna, aggiungiamo). La commessa è stata affidata alla Sparco di Volpiano, una ditta molto diversa rispetto a vent’anni fa, quando era nota in tutto il mondo per tute, caschi, scarpe e allestimenti vari per il mondo racing. Oggi continua a essere questo, ma è anche molto di più. Ha circa 750 dipendenti, sedi anche a Los Angeles e San Paolo del Brasile. I suoi stabilimenti di Volpiano e Leini coprono un totale di 22.500 metri quadrati.

Incidenza variabile
Da circa quindici anni è diventata una delle principali produttrici mondiali di parti in fibra di carbonio, che sono lavorate nello stabilimento di Leinì, a due passi dalla sede principale di Volpiano. Una lavorazione ad altissima tecnologia, come si può intuire leggendo le specifiche dei vari particolari realizzati per il primo impianto. Per esempio, il tetto della Giulia Quadrifoglio è laminato in autoclave (anziché stampato come su altre concorrenti) per essere il più possibile leggero. O lo splitter anteriore, realizzato con flessibilità variabile in modo da adattare la propria incidenza alla velocità e dunque al carico aerodinamico: una tecnologia usata fino a pochi anni fa anche in Formula 1. Un altro elemento fornito ad Alfa Romeo dalla ditta torinese sono i sedili (in questo caso in optional; qui le qualità di leggerezza e resistenza, e dunque sicurezza (tra l’altro è uno dei pochi sedili in carbonio con sidebag integrato) della fibra si fondono a ragioni estetiche.

Tracciabilità
Siamo stati a visitare lo stabilimento Sparco di Leinì, dove si svolge il procedimento produttivo della fibra di carbonio, e dove si stanno producendo a pieno ritmo i particolari per la Quadrifoglio. In particolare, ogni giorno le dieci autoclavi sfornano circa 25 tetti. Come detto, il tetto è in laminato, il che significa che si pongono uno sopra l’altro vari “fogli” di carbonio creando una sorta di “millefoglie” che viene poi cotta (il termine è “polimerizzazione”: la fibra e la resina di cui è impregnata si fondono creando una catena molecolare, che è quella che conferisce resistenza al materiale), a una temperatura di 130°C e pressione di 6 bar per cm quadrato (elevata: tanto che la parte superiore dello stampo è l’aria stessa). Interessante il fatto che salita e discesa della temperatura devono essere graduali, se non si vuole danneggiare la fibra: il riscaldamento avviene a 1°C al minuto, mentre il raffreddamento a 1,5°C al minuto, per un totale di tre ore. L’inizio della lavorazione del carbonio, all’opposto, avviene in frigo, dove le “pelli” impregnate di resina speciale devono restare per evitare il degrado a cui andrebbero incontro se rimanessero a temperatura ambiente. Dopodiché si passa al taglio e alla laminazione, procedimento al termine del quale il particolare viene messo sotto vuoto prima di essere infornato.

Fin dall’inizio, ogni particolare ha un foglio e un codice a barre per la tracciabilità (come le vaschette di carne al supermercato) per sapere esattamente il suo percorso in caso di difettosità. La fibra di carbonio, infatti, ha caratteristiche meccaniche di resistenza elevate, ma solo in una direzione; pertanto si deve essere sicuri di cosa è accaduto in caso si presenti un problema, e con questo sistema si possono ripetere le varie fasi per risalire alla causa dell’eventuale problema (rarissimo, peraltro, perché la mano d’opera è specializzata e messa in grado di non subire la ripetitività del lavoro). Non tutto il carbonio è uguale: le “pelli” si pesano, in grammi per metro quadrato. Quelle usate per motivi “cosmetici” (cioè per i pezzi non strutturali, o per la finitura superficiale di questi ultimi) pesa 200 grammi a metro quadro (riferito a una “pelle” di spessore 0,2 mm), il che significa che ne servono cinque per ottenere uno spessore di 1 mm; il costo? 25 euro a “pelle”. L’anima delle parti che hanno compiti strutturali sono fatte di pelli più pesanti, più del doppio. 

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