14 May 2016

Alfa Romeo 147 GTA, carattere da Portello

La sigla mitica di Casa, un ottimo telaio e un motore nel pieno della maturità. La compatta di Pomigliano aveva così prestazioni da supersportiva...

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Quando il marketing non esisteva ancora, molte automobili erano “battezzate” con logiche semplici e comprensibili a tutti: la cilindrata del motore, la sigla di progetto, un nome di fantasia. Parimenti, anche gli allestimenti più sportivi o prestigiosi dovevano la loro sigla allo scopo per cui erano state concepite: così, se si prospettava l’omologazione per competizioni di una gran turismo si poteva siglarla GTO, se la versione era più veloce e sportiva del modello di derivazione la sigla era RS, se si partiva da una roadster sportiva e leggera per un impiego in gara la si denominava SLR e via dicendo.

Se gli acronimi sopra riportati fanno venire i brividi a ferraristi, porschisti e amanti della Mercedes, c’è una sigla che l’appassionato dell’Alfa Romeo porta incisa nel cuore. I bolidi che negli anni Sessanta trionfavano sulle piste di tutto il mondo, inconfondibili per il loro sguardo dimesso schiacciato tra i parafanghi esageratamente allargati e il nobile scudo centrale, sono quelli che forse più di ogni altro hanno contribuito a far risplendere fino a oggi il mito dell’Alfa Romeo: il nome ufficiale della prima versione stradale era Giulia Sprint GTA, ma per tutti era semplicemente “la” GTA.

250 CV

Per recuperare parte di quella sportività e ricostruire un’immagine già piuttosto annebbiata, alla fine degli anni Novanta la Casa (ancora per poco) di Arese decise di installare, sotto il cofano dei suoi due modelli più diffusi, 147 e 156, il potente sei cilindri progettato dall’ing. Busso e portato al debutto dall’Alfa 6 alla fine degli anni settanta. Ovviamente nella sua più prestante evoluzione, con cilindrata spinta al limite dei 3,2 litri (nelle intenzioni avrebbero dovuto essercene altre fino a 3,7 litri, ma purtroppo non videro mai la luce) con iniezione elettronica, testa a quattro valvole per cilindro, per una potenza di 250 CV.

In pratica, il doppio dei motori più diffusi sui modelli standard, seppure la 156 fosse già stata proposta, con scarso riscontro in Italia a causa della gravosa tassazione, con il medesimo motore in versione 2,5 litri da 192 CV. Una sola carrozzeria per la 147, la più sportiva tre porte, e due per la 156, che oltre che in versione berlina poteva essere ordinata con la più pratica carrozzeria Sportwagon con portellone.

La 147 era facilmente riconoscibile dalle versioni normali, e non solo per l’inconfondibile melodia emessa dai suoi terminali di scarico. Assetto abbassato su cerchi da 17” o da 18” di disegno specifico e con canale allargato, paraurti anteriore maggiorato con ampio spoiler e prese d’aria di superficie incrementata, fanali con fondo nero, minigonne laterali e paraurti posteriore avvolgente la rendevano un eccellente sintesi di gusto e sportività, grazie alla linea dai tratti semplici ed eleganti arricchita da una caratterizzazione sportiva sobria e non “urlata”. Non molti, ma di effetto, i colori disponibili per la carrozzeria: rosso Alfa e nero Luxor tra i pastello in alternativa ai metallizzati verde Boreale, blu Cosmo, blu Metallico, azzurro Gabbiano, grigio Sterling, grigio Metallico, nero Metallico e l’iridescente bianco Nuvola. Due possibilità per i rivestimenti interni: in tessuto, nero o bicolore, o in pelle bicolore, con sedili sportivi caratterizzati dai “cannelloni” longitudinali chiaramente ripresi dalle Alfa degli anni ‘60.

GLI INTERNI

La plancia riprendeva invece esattamente quella della vettura di derivazione, con qualche differenza nella grafica, a sfondo nero e con scale differenti, e nei contenuti grazie alla presenza del termometro olio digitale. Anche la posizione di guida, fatti salvi i diversi sedili, riprendeva quella della vettura di origine. Ne replicava quindi anche pregi e difetti, tra i quali una seduta un po’ alta e una visibilità problematica di tre quarti posteriore dovuta ai montanti massicci e al piccolo lunotto. La posizione di guida era però valida, grazie alle ampie possibilità di regolazione di sedili e volante e ai comandi principali di utilizzo intuitivo: tra questi, notevole la pedaliera in alluminio. Buone le finiture, grazie alle plastiche piacevoli al tatto e ai tessuti eleganti e robusti, addirittura lussuose sugli esemplari dotati di interni in pelle.

Abitabilità ottima per quattro nonostante qualche problema di accessibilità dovuto alla carrozzeria disponibile nella sola configurazione a tre porte, e ampio e ben sfruttabile il bagagliaio, addirittura enorme reclinando i sedili posteriori. Insomma, una gran turismo vera per doti motoristiche, ma una vettura anche usabile quotidianamente senza troppe rinunce. Anche le dotazioni assecondavano questa doppia anima: quindi sì a sedili profilati, cerchi in lega di varie misure e allestimento esterno specifico, ma senza rinunciare a climatizzatore automatico, sedile posteriore sdoppiato e impianti radio con prestazioni ben superiori alla media.

TECNICA

Più che l’analisi statica, era però la dinamica di guida la vera novità da valutare. Su un corpo vettura compatto e tutto sommato non troppo pesante, con un assetto indovinato e una maneggevolezza già eccellente nelle versioni base, una sapiente ed esperta messa a punto non poteva che migliorare la situazione. E in effetti la 147 GTA risultava un’efficace e appagante granturismo in pista o sui percorsi più tecnici, grazie alla gran brillantezza del motore ben sostenuta dalla validità di telaio e assetto.

Il motore di questa piccola belva non poteva che essere il nobile V6 “Busso” nel purtroppo ultimo stadio di sviluppo portato sul mercato, con cubatura di 3,2 litri. Omologato Euro 4, vantava soluzioni molto raffinate, come la fasatura studiata per ottenere una robusta erogazione di coppia già dai regimi più bassi nonostante le normative antinquinamento o i condotti di scarico in acciaio lucidato evidenti appena si apriva il cofano motore.

Su strada manteneva le promesse, come si può capire leggendo qualche riga dalla prova pubblicata sul fascicolo del Gennaio 2003 della rivista consorella Automobilismo: “Il sei cilindri di Arese ha una spinta vigorosa e brutale, una risposta prontissima ai comandi dell’acceleratore e una progressione entusiasmante”.

Cambio a sei marce con la doppia possibilità di scelta tra manuale e robotizzato Selespeed e trazione anteriore erano evoluzioni di quanto già disponibile sulle 147 normali, mentre le raffinate sospensioni anteriori a quadrilatero alto delle vetture di serie erano qui evolute con una traversa inferiore di diametro maggiorato, un montante ruota con diversa posizione del fissaggio del tirante guida, la barra stabilizzatrice di maggiore diametro, molle e ammortizzatori specifici e assetto ribassato. Modifiche ripetute in parte anche sul McPherson posteriore, che presentava anch’esso una revisione dei punti di attacco alla scocca, una barra stabilizzatrice di diametro maggiore e una taratura specifica di molle e ammortizzatori. I freni erano a quattro dischi con anteriori autoventilanti, sistema antibloccaggio e, per completare la dotazione di dispositivi di sicurezza elettronici, non mancava di serie il VDC, acronimo di Vehicle Dynamic Control ovvero il sistema di controllo di trazione e stabilità con specifiche di taratura esclusive Alfa Romeo.

PRESTAZIONI

Preciso anche se non molto rapido il cambio, afflitto da una frizione un po’ pesante, e altrettanto positive le doti dello sterzo pur se afflitto da inevitabili reazioni nelle accelerazioni più impegnative. Nella norma erano giudicati i freni, ottimi a livello di spazi di arresto ma caratterizzati da un pedale un po’ troppo morbido nell’uso estremo. Anche l’assetto, ottimo per una trazione anteriore, trovava qualche difficoltà solo per scaricare tutta la potenza a terra soprattutto sui percorsi più tortuosi o in caso di non perfetta aderenza del fondo stradale.

Il nostro Centro Prove restituiva dati che confermavano le sensazioni emerse nella prova su strada: la velocità massima risultava di 245,8 km/h, con un’accelerazione da 0 a 100 km/h in 6,16 secondi e sul km in 25,88 secondi. Ottima anche la ripresa, con 30,66 secondi sul km da 40 km/h in V e 30,82 secondi da 60 km/h in VI. Ottimi gli spazi di frenata, con 37,1 metri per fermarsi da 100 km/h e 62,2 da 130 km/h. Tutto questo anche grazie al motore, che al banco manteneva le promesse: 248,3 CV rilevati a 6.250 giri, con una coppia di 29,4 kgm a 5.130 giri. Elevati ovviamente i consumi: 7,5 km/litro in media, con poco più di 8 in autostrada ma solo 6,3 in città.

Giappone primo mercato

Lanciata sul mercato alla fine del 2002, la GTA rimase a listino fino alla fine del 2004, quando il lancio della seconda serie con frontale modificato illuse gli alfisti sul possibile arrivo di una GTA a trazione integrale. In realtà non ci fu una seconda serie e della 147 GTA furono prodotti poco più di 5.000 esemplari, dei quali un quarto con cambio robotizzato Selespeed.

Di tutte, circa 800 rimasero in Italia. Curioso notare come il Paese più ricettivo per le 147 GTA fu il Giappone, dove furono esportati ben 878 esemplari, più di quelli venduti in Italia. Più breve il viaggio delle 649 vendute in Svizzera, delle 565 arrivate sul mercato tedesco e delle 479 vendute ad automobilisti francesi. Curioso andare a vedere i mercati “esotici”: 17 sono state vendute a Hong Kong, 5 a Dubai, 3 in Australia e ben 57 in Sud Africa, a testimonianza di un attaccamento e una diffusione mondiali per uno dei marchi più famosi e meno valorizzati dell’intero panorama italiano.

Di seguito, il dettaglio della produzione.

Modello/Versione Nome commerciale Esemplari prodotti

190/638 147 3.2 GTA 3p 4.025

190/938 147 3.2 GTA SSP 3p 1.004

Scheda tecnica

Motore

Anteriore trasversale, monoblocco e testa in lega leggera Numero cilindri 6 Disposizione a V di 60° Alesaggio 93 mm Corsa 78 mm Cilindrata 3.179 cc Rapporto di compressione 10,5:1 Potenza 250 CV (184 kW) a 6.200 giri Coppia 30,6 kgm (300 Nm) a 4.800 giri Distribuzione due alberi a camme in testa per bancata comandati da cinghia dentata, punterie idrauliche, quattro valvole per cilindro Alimentazione iniezione-accensione elettronica multipoint Bosch ME 7.3.1 con sensore di detonazione Lubrificazione forzata con radiatore olio Capacità circuito 6,1 litri Raffreddamento ad acqua Capacità circuito 6,9 litri Impianto elettrico 12 Volt Capacità batteria 60 Ah Generatore 140 A

Trasmissione

Trazione anteriore Cambio manuale a sei rapporti Rapporti del cambio 1a 3,5:1; 2a 2,235:1; 3a 1,520:1; 4a 1,156:1; 5a 0,971:1, 6a 0,818:1 Rapporto al ponte: 3,733:1 Frizione monodisco a comando idraulico Pneumatici 225/45 ZR17 Cerchi in lega leggera con fissaggio a cinque colonnine, misura 8J x 17”

Corpo vettura

Telaio scocca portante Carrozzeria due volumi tre porte, cinque posti Sospensioni anteriori a ruote indipendenti, quadrilatero alto con doppio braccio oscillante, molle elicoidali, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice su giunti sferici Sospensioni posteriori a ruote indipendenti con leve trasversali a lunghezza differenziata collegate a traverse in alluminio, aste di reazione, molle elicoidali disassate, ammortizzatori telescopici, barra stabilizzatrice su giunti sferici Ammortizzatori a gas Freni a doppio circuito idraulico, anteriori a disco autoventilanti da 305 mm, posteriori a disco da 276 mm, sistema antibloccaggio Sterzo a pignone e cremagliera con servocomando idraulico Diametro di sterzata 12,1 m Capacità serbatoio carburante 63 litri

Dimensioni (in mm) e peso

Passo 2.546 Carreggiata anteriore 1.516 Carreggiata posteriore 1.504 Lunghezza 4.213 Larghezza 1.764 Altezza 1.412 Volume bagagliaio 280 dm3 Peso in ordine di marcia 1.360 kg

Prestazioni

Velocità massima 250 km/h Accelerazione da 0 a 100 km/h 6,3 sec Accelerazione da 0 a 1.000 m 26,1 sec Consumo (l/100 km) urbano/extraurbano/combinato 18,1/8,6/12,1

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